Ekaitz Garmendia - guitar
Xanti Rodríguez - bass, vocals
Joseba Azkue - guitar
Iván Hernández – drums
1. Vaporized 04:10
2. Deathpidemic 03:17
3. Midnight meat train 06:43
4. Adan’s children 06:24
5. Suicide 04:09
6. Church burning 04:47
7. Death control 04:43
8. Global dictatorship 05:22
9. Mutant from the red hill 05:11
10. Amaierarik ez da 05:42
Need to Suffer
La Spagna notoriamente non è mai stata una Terra nella quale il thrash metal è riuscito ad attecchire. Alcuni timidi tentativi si risolsero con un quasi nulla di fatto per bands degli anni 80, ora di culto. Citiamo a dovere i Fuck Off con gli ottimi album Another Sacrifice (1988) e Hell on Earth (1990) o i Legion, autori di ben tre album a cavallo tra la fine degli Eighties e l’inizio degli anni 90. Questi sporadici episodi, seppur importanti per la scena Iberica, vennero presto “cancellati” dall’ondata di death metal tanto cara ai metallers spagnoli, basti citare l’importanza rivestita dagli Avulsed ancora oggi.
I Legen Beltza, formati nel 1998, tentano ancora oggi di sfondare questa barriera, cercando di rinvigorire il genere. Alla quarta uscita discografica con questo Need to Suffer (pubblicato ed autoprodotto originariamente nel 2010 per poi essere ri-pubblicato e distribuito dalla Punishment 18 Records quest’anno), i Nostri si cimentano in un thrash metal di chiaro stampo Bay Area con alcune influenze leggermente più moderne che non snaturano affatto il tocco più radicato nel passato che posseggono questi musicisti. Una produzione potente e leggermente impastata a cura di Andy Classen fa la sua bella impressione su di un prodotto che mi aggrada ma non riesce a stupire pienamente, complici idee sì buone ma sicuramente non elettrizzanti.
Il disco si apre con con alcuni riffs leggermente votati alla corrente Scandinava del genere, complice anche una produzione, come dicevamo, impastata ed alta in termini di volumi. In Vaporized i tempi sono veloci, in costante cambio tra up-tempo e veloci frustate di doppia cassa. Mid-tempo rocciosi introducono alcune fasi soliste più melodiche, mentre il singer Xanti (anche bassista) sfodera una prova convincente, soprattutto per versatilità. Di qui a seguire saranno riscontrabili chiare influenze di Exodus o Testament anche se la proposta risulta essere comunque abbastanza convincente. Dopo una traccia più tirata come Deathpidemic, tocca alle maggiormente strutturate Midnight Meat Train e Adan’s Children dare il loro contribuito nel creare un’atmosfera più oscura attraverso alcuni riusciti mid-tempo uniti ad arpeggi e linee soliste melodiche. Da notare anche alcune tendenze al power metal di alcune partiture vocali.
Proseguendo l’ascolto al disco possiamo notare che la formula rimane invariata, riscontrando ancora una volta che la velocità di esecuzione ben si amalgama ad episodi meno impulsivi nei quali alcuni elementi più accessibili fanno la loro comparsa, anche se a lungo andare la formula non esalta più di tanto. Le idee sono quelle che sono ed è difficile per il gruppo reggere cinquanta minuti di disco quando anche solo dieci in meno sarebbero stati un bene. Tra gli episodi migliori possiamo citare la fase solista delle sei corde in Church Burning, tra le varie ripartenze in velocità, il crescendo di violenza e riffs in Death Control e poco altro. A chiudere il disco troviamo la strumentale Amaierarik ez da, un collage senza voce di tutto quello che il gruppo aveva detto in precedenza.
Insomma, i Legen Bletza hanno la potenza e la tecnica per andare avanti anche se si devono sforzare per trovare alcune soluzioni più vincenti ed evitare che tutto il lavoro che si compie per un album venga classificato come mero mestiere. Purtroppo per ora è ancora così la faccenda, tuttavia spero che in un futuro non lontano potranno regalarci soddisfazioni maggiori.