- Tobias Sidegard - voce, basso
- Sebastian Ramstedt - chitarra
- Johan Bergeback - chitarra ritmica
- Joakim Sterner - batteria
1. The Slaughter of Baby Jesus
2. Blinded by Light, Enlightened by Darkness
3. I Strike with Wrath
4. Age of Chaos
5. Bloodshed Eyes
6. The Crossing
7. Eternal Winter
8. Death Immaculate
9. Sitra Ahra
10. Serpents (Beneath the Forest of the Dead)
11. Black Hate
12. Hrimthursum
Hrimthursum
I Necrophobic ci hanno abituati ormai a lavori di buona qualità, che possono anche risultare entusiasmanti in ambito underground. Il loro stile, da tempo consolidatosi sulle linee di un black/death svedese, risulta tanto controverso quanto apprezzato e questo nuovo Hrimthursum non aggiunge niente di nuovo a quello che bands prima di loro hanno detto. Pertanto si può definire questo come un platter anacronistico o addirittura antistorico in quanto persiste, anche se con ottima tecnica esecutiva, su sonorità di fatto superate che possono rendere ben poco. Quindi le dodici tracks che contiene questo full-lenght, per una durata totale di quasi un’ora, si presentano come un caso isolato che in termini concreti non lasciano nulla dietro di loro e che pertanto, così come sono venute, così potrebbero incamminarsi diritte verso l’oblio.
Ma passando a parlare più dettagliatamente dell’album, lasciando da parte i discorsi teorici, le caratteristiche che risaltano maggiormente in questo album sono la grande velocità del riffing, che va a creare atmosfere taglienti e malvagie, coronate a volte da spunti acustici o da toni più chiari delle distorsioni che precedono magari soli aggressivi. Il complesso strumentale si presenta intanto tradizionale, privo di spunti elettronici, magari sinfonici, tranne un buon caso isolato alla fine della terza I Strike With Wrath. Il sistema vocale invece merita un discorso a parte. Il vocal è eccessivamente ruvido, quasi thrasher, e risulta pertanto davvero poco organico. Salvano queste linee a volte dei bei cori che sono presenti in più di una track, come ad esempio nell’ultima omonima title-track. Dal punto di vista strumentale, come già anticipato, le parti più interessanti emergono in corrispondenza degli stacchi acustici ad esempio di Sitra Ahra, nono brano, caratterizzato da un bel intro e da una forte scansione ritmica di drums e guitar. Si aggiungono a questi toni, generalmente violenti, sottili intrecci di keyboards che allargano momentaneamente l’orizzonte musicale della band. Da qui l’ultimo brano si riallaccia al lavoro svolto dal combo svedese nella sopraccitata nona canzone. Le linee melodiche di chitarra e basso sono più elaborate e confluiscono prima in una ripresa con cori sinfonici femminili e poi in una parte acustica onirica e misteriosa.
Per il resto ci sono diverse mancanze in questo disco. Non tanto a livello stilistico, perché la band sa quello che fa e come deve eseguirlo, tanto che è un lavoro indiscutibilmente compatto, ma piuttosto emergono buchi a livello dell’effettiva resa musicale che questo disco può ottenere. Una buona parte centrale del full-length è caratterizzata negativamente da un vocal che appesantisce in modo inopportuno gli intrecci del riffing. Non a caso la parte che soddisfa più l’ascoltatore è caratterizzata principalmente dal buon intro, di carattere epico, aulico, e dalla successiva Blinded By Light, Enlightened By Darkness che esaurisce però l’impulso di originalità fornitogli dal primo brano.