- Benjamin Hilleke - Voce
- Sebastian Helot - Batteria
- Stefan Keller - Chitarra
- Benjamin Donath - Basso
- Tobias Buck - Chitarrra
1. Mechanism of Standstill
2. Let the Tempest Come
3. Plagueheritage
4. God-forsaken Soil
5. Heavenhell
6. Desecrators
7. The Crimson Void
8. I Love the World
9. Paradigm Lost
10. Life Damages the Living
11. Scars of Gray
Let The Tempest Come
Gruppo di origine tedesca, i Neaera decidono di ritornare sul panorama musicale dopo solo un anno dall'uscito del loro primo album, The rising tide of oblion. Il successo che ebbero col debut-album, gli permise di girare per l'Europa con gruppi quali As i lie dying e Caliban. Il loro sound è piuttosto particolare perchè vengono mischiati i suoni tipici del Metalcore tedesco con quelli death-core svedese per arrivare poi ad aggiungervi anche pezzi piuttosto melodici.
Let the tempest come inizia con una song molto tirata e martellante come Mechanism of standstill, che è caratterizzata da suoni piuttosto intervallati e marcati in cui la voce passa dallo scream acuto a un growl bello profondo e gorgoreggiante. Il ritornello è piuttosto convincente e prende bene l'ascoltatore. La title-song Let the tempest come, continua a mantenere le stesse caratteristiche della canzone precedente cercando però di puntare di più sulle influenze svedesi che il gruppo presenta. Ascoltiamo quindi chitarre ben sostenute e tirate, voce con un leggero effetto delay e batteria che alterna ritmiche Death ad altre più cadenzate. La parte più bella di questo brano è quando si arriva al bridge tra la strofa e il ritornello dove il cantante risfodera il suo potente growl e le chitarre l'appoggiano con terzine cadenzate e potenti. Passando alla canzone successiva, Plagueheritage basta soltanto dire che qui il binomio tra velocità e potenza viene espresso in modo decisamente convincente. Una vera tempesta di suoni che travolge tutti e tutto. Forse la parte melodica è quella che lascia un pò a desiderare ma, nel complesso, è un brano molto ben fatto. God-forsaken soil inizia con ritmiche Hardcore per sfociare in clichè di chiaro stampo Metalcore. Purtroppo, però, la traccia in questione sembra assomigliare un pò troppo alla canzone ascoltata precedentemente. Con Heavenhell si è decisi di cambiare registro e, già dagli inizi, lo si capisce. Abbiamo, quindi, un intro d'atmosfera con cui si cerca di ricostruire musicalmente una sensazione di chaos quasi epico. In effetti l'intera canzone è improntata su sonorità epiche molto ovattatte. Le stesse chitarre non fanno altro che riproporre una serie infinita di arpeggi tiratissimi ma non vi è mai la presenza di un bel riff cupo e pesantemente distorto.
Desecretors continua a portare avanti le sperimentazioni avute in Heavenhell. Qui però possiamo ascoltare nuovamente la presenza di riff terzinati e alternati con arpeggi più melodici che d'impatto. Questo brano ricorda molto le sonorità dei Soilwork. Per continuare ad ascoltare del buon Metalcore, bisogna passare a The crimson void dove l'intro è la parte senz'altro più bella: duetto in controtempo tra chitarre a batteria che in crescendo, portano all'entrata di una voce con growl davvero cupa e intensa. I love the world non è nient'altro che la continuazione di The crimson void, qui però si preferisce continuare a esplorare i lati Metalcore che la band possiede. Abbiamo quindi una batteria che si diletta in ritmiche Death da una parte e Swedish-metal dall'altra. Paradigma lost, insieme a Mechanism of standstill è uno dei brani più convincenti. Il motivo è dato dal fatto che in entrambe le canzoni, si riesce ad individuare in modo chiaro e netto, qual'è il vero stile dei Naera: chitarre serrate, batteria ritmica in alcuni momenti e tirata in altri, voce che spazia dallo scream acuto al growl gorgorreggiante. Non poteva mancare anche un pezzo prettamente strumentale e d'atmosfera: lo abbiamo con Life damages the living. Sinceramente questo brano, lo si poteva tranquillamente evitare più che altro per il fatto che stona troppo rispetto a tutte le altre tracce presenti in Let the tempest come. Il risultato è, quindi, una divisione troppo netta tra questa canzone e tutte le altre, che lascia l'ascoltatore un pò spiazzato. L'album si conclude con Scars of grey; qui potenza delle chitarre, efferatezza della batteria e pesantezza della voce, si mischiano in modo equilibrato ed efficiente creando così il giusto brano per poter salutare i propri fans.
I Neaera sono senza dubbio un'ottima band che, però, ancora non riesce a sfornare canzoni che rispecchino esattamente il loro sound. L'album è ben fatto e strutturato ma non convince ancora appieno, perchè nonostante la forte dose di brutalità sonora, non si rimane particolarmente colpiti dalle canzoni appena ascoltate eccetto due o tre. Un disco quindi che, per la maggior parte della proprie tracce, fa fatica a decollare ma che senz'altro colpisce molto per l'ondata tempestosa di pesantezza.