Trentun anni di carriera, quattordici album e una serie quasi infinita di demotapes, collaborazioni ed EP sono numeri impressionanti per qualsiasi band, figurarsi per i Napalm Death. Loro, che sono stati tra i fondatori del grindcore, in una serie infinita di cambi di formazione, sono sopravvissuti all’inesorabile passare del tempo. A dire la verità, “sopravvivere” non è esattamente il verbo che utilizzerei in questo caso giacché la loro storia è vissuta ancora oggi di prepotenza in un genere che loro stessi hanno aiutato a forgiare nel mitico panorama degli anni 80. Tanti anni di esperienza, di crescita personale e strumentale hanno continuato a portare frutti e questoUtilitarian è l’ultimo arrivato in casa Barney and Co.

Dopo la sbandata death metal agli inizi degli anni 90, la band successivamente ha sperimentato una forma particolare di metal estremo, miscelando il vecchio approccio extreme con alcune partiture decisamente particolari. Il risultato è un grindcore alquanto cervellotico, intricato ma sempre diretto e schietto a dovere. Questo processo non è stato immediato ma modellato album dopo album e Utilitarian è qui per dimostrarcelo nuovamente. L’apertura di disco è nelle mani di una strumentale Circumspect dall’anima dark con voci campionate ed una andamento doom che sfocia nella diretta Errors in the Signals. I riffs ed i cambi di tempo si susseguono a velocità impressionanti mentre il vocione caratteristico di Barney viene sporadicamente opposto allo scream acido del chitarrista Mitch Harris. Hardcore, grind, death, thrash e partiture dissonanti rivivono e si completano in questa struttura come nella restante durata di un disco distruttivo, tecnico, ragionato per certi versi ma ancora terribilmente feroce.

Tra le tracce maggiormente dirette potrei citare Everyday Pox, Quarantined, Think Tank Trials oppure Opposites Repellent, anche se i temibili blast beats ad opera di un Herrera in ottima forma vengono sovente spezzati da strane cadute nel groove pastoso con rumori sinistri ad opera della sezione solista della sei corde, con risultati tanto spiazzanti quanto azzeccati ed estranianti. La carica dell’hardcore più primordiale ci scuote grazie alle massicce Protection Racket eThe Wolf I Feed, tracce che comunque non disdegnano sperimentazioni, anche a livello vocale. Ad ogni modo, non abbiate timore perché la band conserva sempre il suo trademark, nonostante la giustificabile voglia di provare percorsi nuovi (con buoni risultati). Rimanendo sempre nel campo “sperimentazione”, come rimanere impassibili al cospetto di chiaro stampo Viking presenti tra i blast beats di una geniale Fall on Their Swords? Forse questa canzone può rappresentare appieno il nuovo corso di una band che non smette di stupire.

Tuttavia, non mancano a metà disco un paio di tracce meno complete e forse leggermente più scontate ma il risultato finale è comunque degno di nota. Ad ogni modo è dura anche per i Napalm Death rimanere su alti livelli per tutte le sedici canzoni che compongono questo perforante, schizofrenico ritorno.Utilitarian è sicuramente una grande prova per una band che non vuole fermarsi, sia a livello di mera velocità di esecuzione che di idee e questo é da lodare quando i risultati sono di tale caratura.