- Traci Blackstar - voce
- Flash Rockin' Vashna - chitarra
- Angel - chitarra
- Hirel - basso
- Sybil - pianoforte
1. Wounds of Tears
2. Die... at the Light of Dawn
3. My Violet Love
4. Ghastly Dance
5. Breath of Desperation
6. Sober Moon
7. Forever Yours
No Mercy For Broken Hearts
E’ motivo di soddisfazione guardare alla scena Gothic Metal italiana e scoprirla così ricca e in via di sviluppo. Entrambi i filoni, quello più estremo di stampo Theatre of Tragedy e Tristania, e quello più rockeggiante debitore a HIM, Sentenced e finlandesi in generis, hanno attecchito in terra italica, favorendo una scena underground ricchissima. Ricchissima non solo nel bene, perché diventare un gruppo fotocopia appare fin troppo naturale, specialmente quando si parla di un genere che guarda molto all’apparenza e non di rado strizza l’occhio al lato più commerciale della musica.
Per fortuna i My Craving ci propongono qualcosa che, pur risentendo di notevoli influenze, sa esorcizzare ogni fastidiosa sensazione di “già sentito”. I torinesi, al loro debutto, sono autori di un album breve (qualcosa come 35 minuti di durata) ma ben strutturato. Già questo, più che una nota negativa, si trasforma in un punto di forza: niente “riempitivi”, niente pezzi tappabuchi; meglio poco e bene che tanto e male, la ricerca della qualità per la quantità.
Sette pezzi a cavallo tra i già citati "maestri" HIM e Sentenced, unendo il pathos romantico dei primi alla carica dei secondi. Si distingue in tal senso la voce del singer Traci, veramente originale nei suoi passaggi da toni baritonali più dolci alla Ville Valo ad altri più graffianti tipici di Ville Laihiala, fino a giungere a qualche acuto davvero sorprendente, perché inesplicabilmente mai fuori posto. Fondamentale anche il lavoro svolto dai due axemen, Angel e l'ormai defezionario Vashna, bravi nel proporre continue variazioni, intermezzi, assoli volti a spezzare il ritmo ed arricchire ogni pezzo; senza dimenticare il pathos donato dalle tastiere di Sybil, fanciulla che disdegna i sintetizzatori preferendo fluenti tappeti sonori di pianoforte.
Specialmente i brani più rampanti, come Die…At The Light Of Dawn, My Violet Love e Sober Moon, si impongono per immediatezza e godibilità, pur senza scadere nella ben nota banalità in cui incappano, non mi stancherò mai di dirlo, gran parte di gruppi dediti alle stesse sonorità. C’è ancora spazio per migliorare, è naturale, ma già poter ascoltare un gothic rock d’impatto, dolce ma non smielato e appiccicoso, con testi se proprio non brillanti, comunque neppure scontati, fa’ tirare un sospiro di sollievo. I “nuovi Sentenced”, qualcuno ha detto, per semplificare le cose. Perché no? Non ci piace fare accostamenti ma, visto che i maestri finlandesi ci hanno abbandonato, perché non raccogliere e far fruttare con personalità una simile eredità? Qui si sprona e si spera: avanti così.