Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Inside Out/Audioglobe
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Neal Morse - voce, tastiere, chitarra
- Jordan Rudess - tastiere
- Mike Portnoy - batteria
- Alan Morse - chitarra
- Roine Stolt - chitarra
- Steve Hackett - chitarra

Tracklist: 

1. The Temple of the Living God
2. Another World
3. The Outsider
4. Sweet Elation
5. In the Fire
6. Solid as the Sun
7. The Glory of the Lord
8. Outside Looking In
9. 12
10. Deliverance
11. Inside His Presence
12. The Temple of the Living God

Neal Morse

?

Il polistrumentista americano Neal Morse, una delle menti dell’odierno Progressive Rock, dopo essere rimasto per dieci anni negli Spock’s Beard e aver riscosso altrettanto successo con il seguente progetto Transatlantic, dal 2003 sta continuando la carriera solista, che ha visto la pubblicazione di tre album in tre anni.
? è il titolo del full-lenght uscito nell’ottobre/novembre 2005 per Inside Out, un titolo alquanto strano ed enigmatico, legato alla matrice del mistero contenuta nei testi religiosi e spirituali scritti da Neal.
Ad affiancare il musicista in questa nuova opera sono guests di fama internazionale, quali alla batteria Mike Portnoy (Dream Theater), che aveva già dato il suo apporto nel precedente One e partecipato nel progetto Transatlantic, alla tastiera Jordan Rudess (Dream Theater), alle chitarre Steve Hackett (Genesis), Alan Morse (Spock’s Beard) e Roine Stolt (The Flower Kings) e infine al sassofono Mark Leniger, presente nel debutto solista con Testimony.
Circondato da una schiera di star del Progressive, Neal non poteva comporre altro che una delle sue migliori creazioni, sempre votata alle sonorità sinfoniche degli Spock’s Beard e all’inconfondibile “sound Morse”, fatto di tastiere, di ampie strumentazioni supportate da cori e di un contesto positivo e felice in cui si struttura l’intero concept.

Difatti, come ogni altro prodotto della carriera solista di Morse, anche ? racconta dell’esperienza mistica dell’uomo con il Dio cristiano, di come esso si avvicini al mistero della fede entrando nel Tempio di Dio. Proprio questo è il nome della canzone di apertura, la splendida The Temple of the Living God, musicalmente perfetta, giocata sull’alternanza di parti riflessive e atmosferiche a scale vorticose, parecchio connesse alla tradizione inglese dei ’70. Numerose le reminescenze dai primi lavori dei suoi Spock’s Beard, in particolare da The Light e da Beware of Darkness, sia nell’approccio timbrico, sia nella struttura del brano. Da segnalare la grandissima interpretazione di Portnoy alla batteria, velocissimo e preciso nel virtuoso accompagnamento alle tastiere e alle chitarre in primo piano. Leggere influenze Blues e Jazz si odono a sprazzi, ma presto sono coperte con efficacia dalle sezioni intricate e più classicheggianti alla Emerson, Lake & Palmer.
La voce di Neal Morse rimane la stessa di ogni sua opera, determinata e melodica, piacevole da ascoltare in questo avvio strepitoso di ?.
La breve Another World, che si collega alla traccia precedente, ne ricalca alquanto la linea di sviluppo, in quanto vengono ripresi i temi principali e variati con eleganza verso meandri ancora inesplorati.
Apprezzabile ballata Progressive è The Outsider, carica, come la successiva Sweet Elation, di richiami settantiani alla musica dei Genesis, conferiti dalle chitarre acustiche, dalla centralità del ritmo e dall’inserimento di flauti soavi.

In the Fire forse si può considerare come il pezzo meno riuscito, perché troppo simile alla celebre All Good People degli Yes: tuttavia, esso costituisce una buona prova da parte di Neal, capace di tradurre in suoni le sue infinite idee a distanza di anno dal discreto One. La scelta attuata in ? di suddividere in più tracce l’intera opera è stata sicuramente ragionata ed opportuna, dato che la pecca principale del precedente disco era stata quella di essere formato da brani troppo lunghi e faticosi da digerire. In ? invece si susseguono passaggi divertenti, che non stancano l’ascoltatore durante l’intera durata del full-lenght: dalle tendenze più cadenzate di Solid as the Sun all’inquietante sinfonia corale di The Glory of the Lord, dalla compostezza emanata dalle commoventi ballate Outside Looking In e 12 (quest’ultima da reputare miglior brano riflessivo e ricercato nella raffinatezza di cui è intriso), che rivisitano il motivo fondamentale di ?, ai buoni ritornelli di Deliverance.
Il mistero si chiude con il finale, probabilmente leggermente monotono di Inside His Presence e The Temple of the Living God, ma una conclusione che corona una delle migliori pubblicazioni Progressive del 2005, con cui Neal Morse può confermarsi nuovamente uno dei più abili compositori del genere nel terzo millennio. Opera affascinante nella sua gradevolezza.
 

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