Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Moonjune Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

:
- Dennis Rea - chitarra
- Ruth Davidson - violoncello
- Alicia Allen - violino
- Kevin Millard - basso
- Jay Jaskot - batteria


Tracklist: 


1. Save The Yuppie Breeding Grounds (04:12)
2. Ephebus Amoebus (04:55)
3. Nacho Sunset (04:29)
4. $9 Pay-Per-View Lifetime TV Movie (05:51)
5. Manifest Density (03:55)
6. Uncle Tang's Cabinet Of Dr. Caligari (04:01)
7. Disillusioned Avatar (05:15)
8. Kuru (05:02)
9. Revenge Grandmother (05:11)
10. Staggerin' (04:41)
11. Middlebräu (06:46)

Moraine

Manifest Density

Guidati dall’esperto chitarrista Dennis Rea, i Moraine sono un quintetto strumentale sorto a Seattle nel 2005 e profondamente influenzato dai meandri avant-garde e progressivi di storici acts quali Mahavishnu Orchestra e King Crimson. Accanto al trio di base formato da chitarra, basso e batteria, i Moraine esplorano lidi sperimentali attraverso l’impiego di un violoncello e di un violino, che plasmano atmosfere delicate e lontane, a cavallo tra gusto retro’ e derive orientaleggianti.
Dopo aver collaborato con artisti del calibro di King Crimson, R.E.M., Pearl Jam, Soundgarden e Ministry, Dennis Rea giunge alla pubblicazione di questo esordio discografico, Manifest Density, in uscita sotto la Moonjune Records, una delle leader del settore progressivo sperimentale.

L’opener Save The Yuppie Breeding Grounds evidenzia già la natura complessa dello stile dei Moraine, uno stile ricco di strutture intrecciate che si rincorrono senza una meta; diviene imprevedibile l’evoluzione di ogni singola traccia, poiché le divagazioni jazzistiche diventano il cuore dell’album e riescono a conciliarsi con i temi orientali figli della tradizione folcloristica cinese, molto cara a Dennis Rea e compagni.
Sebbene rimanga centrale l’apporto del genere settantiano, non manca una sensibilità più contemporanea, che permette al gruppo di eguagliare le follie degli Sleepytime Gorilla Museum, riconducendole ad un contesto più elegante e raffinato.
Tutti gli episodi tratteggiati in Manifest Density sono di media lunghezza, a differenza delle ordinarie composizioni del genere, poiché la band sembra rifiutare il concetto di suite tanto caro ai padri King Crimson, preferendo puntare su un approccio diretto.
I titoli scelti per gli undici capitoli di cui si compone il platter poco hanno in comune con le atmosfere soffici e bizzarre tessute, come dimostra la quarta $9 Pay-Per-View Lifetime TV Movie. La pecca principale dell’album è insita nella scarsa qualità della registrazione, che fa rivivere certamente l’alone dell’era d’oro per il Progressive, ma non consente ai Moraine di distinguersi brillantemente all’interno dell’attuale panorama.
Significativa è comunque la combinazione di avant-garde e musica etnica dell’estremo oriente (testimonianza della permanenza quadriennale di Dennis Rea in terra cinese) che ha permesso di conferire un tocco peculiare alla musica dei Moraine, costituendo un trademark innovativo e personale.

In definitiva, un disco come Manifest Density rappresenta un esempio di musica ricercata che potrà essere apprezzato dai nostalgici della scuola di Canterbury e delle vene più avant-gardistiche del Progressive settantiano, o dai cultori della dottrina jazzistica più sperimentale. Forse la scelta di non includere una linea vocale per conferire una direzione maggiormente “free” alla composizione non ritrae un punto di forza dell’album, ma Manifest Density si colloca comunque nell’insieme delle pubblicazioni di media qualità, aprendo le porte per un promettente futuro discografico per la band statunitense.

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