- Stuart Braithwaite - chitarra, voce
- Dominic Aitchison - basso
- John Cummings - chitarra
- Barry Burns - flauto, synth, basso, chitarra, voce
1. Get to France
2. Hound Of Winter
3. Drunk and Crazy
4. Does This Always Happen?
Earth Division EP
Hardcore Will Never Die, But You Will ha cambiato la carriera dei Mogwai come nessun altro disco della band scozzese in precedenza, inutile negarlo. Tante chiacchiere, forse troppe, sono state spese sul suo conto, tralasciando al contempo il suo lato più importante: ovvero il suo essere manifestazione di una radicata necessità di distacco, di evoluzione e di separazione dall'originario habitat stilistico. Adesso, a sette mesi distanza dall'uscita del loro album più discusso e tribolato, i Mogwai spezzano nuovamente il silenzio con un altro prodotto destinato a richiamare a sè numerosissime attenzioni.
Si, perchè Earth Division (ottavo Ep rilasciato dagli scozzesi) rappresenta una frattura stilistica - se non per lunghezza, almeno per profondità - pari a quella provocata dall'ultimo full-lenght. In poche parole, l'abbandono del post-rock canonico prosegue in maniera spedita e allo stesso modo corre il simultaneo affacciarsi verso nuove (o meglio, altre) contaminazioni sonore. Se Hardcore Will Never Die... sperimentava un connubio davvero poco prevedibile di indie e alt-rock d'autore, Earth Division sonda profondamente quei territori classical/cameristici che il rock contemporaneo tanto ha anelato in questi anni, aprendo una nuova faglia all'interno dell'intricato background stilistico dei Mogwai.
Scevri dai vecchi ma inossidabili fantasmi del post-rock, Aitchison e soci sembrano davvero un gruppo completamente diverso, a tratti irriconoscibile. Perchè a cambiare non è solo l'assetto strumentale del gruppo ma anche e soprattutto la sua più profonda attitudine concettuale ed emotiva. Quando Get to France apre le strade dell'Ep, ce ne si rende conto facilmente: il taglio del brano è stranamente gotico, sfiora il grottesco e si dilata con fare ieratico attraverso lenti tappeti di archi e pianoforte da intro di qualche opera dark di dubbia qualità. E nonostante l'opener abbia tutte le carte in tavola per lasciare tracce vive della propria presenza, scompare via con imbarazzante velocità quando a muoversi è la successiva Hound Of Winter: in poche parole, dalle più banali ambientazioni gotiche a quelle più tenui e incantate dell'interiorità. Una ballata folk-sentimentale perfetta, dotata del giusto calore per scaldare una discreta manciata di cuori, soave come nessun pezzo dei Mogwai lo è mai stato prima; roba da eserciti di accendini che si muovono nell'aria illuminandola melanconicamente.
Il drammatismo dei Mogwai continua quindi a cambiare forma, risalendo in superficie attraverso un linguaggio che è dichiarata rottura con un passato in realtà nemmeno troppo lontano (anche un pezzo come Drunk and Crazy, nonostante le sue pulsazioni elettroniche e la sua veste stilistica decisamente più rombante, risulta estremamente diverso se preso come puro veicolo di coinvolgimento emotivo). Ne è la testimonianza più eclatante Does This Always Happen?, ovvero l'inaspettato gioiello posto a conclusione del discorso da dramma cameristico di Earth Division: a fare da padroni sono ancora archi, fiati e pianoforti, ma l'ambiente creato (reso più vibrante dalla presenza delle chitarre) è forte di una profondità espressiva quasi abissale, distaccata dalle più semplici atmosfere sentimentali di Hound of Winter e relegata in un limbo tragico che nasconde un disincanto totale e alquanto emblematico.
Guai a parlare di Earth Division come di un "semplice" Ep: probabilmente si tratterà di una semplice operazione di passaggio, di una mera transizione destinata a rimanere tale, ma la possibilità che sia realmente questa la strada intrapresa dai Mogwai, è un'eventualità da non sottovalutare affatto. Maledetti scozzesi.