- Elizabeth Heaton - voce, chitarra, synth
- Rowan Burn - chitarra, pianoforte
- Brian Dunsmore - piano, synth, chitarra, backing vocals
- Jamie Scobie - basso
- Adam Ley Lange - batteria
1. MovieScreens
2. Century
3. Bright Lights Will Harm No-one
4. Nautical Song
5. My Radio Star
6. Half Horizon
7. War Pigeon
8. Fog Sky Nun
9. 17
10. Stalking Moon
Eleven. Return and Revert
Spesso si dice che chi azzecca il proprio esordio è destinato ad avere davanti una carriera rosea e feconda. Fosse realmente così, gran parte del panorama musicale contemporaneo sarebbe nient'altro che un paradosso, eppure per i Midas Fall una considerazione del genere sembra ovvia. Perchè, lasciatemelo dire, ascoltando Eleven. Return and Revert il fatto che questo giovane quintetto scozzese continuerà a sfondare con gli anni è il primo pensiero che viene alla mente. Ovvio che le premonizioni sono una cosa e i fatti un'altra, ma questo esordio dà sin da subito l'impressione di essere l'inizio, il brillante punto di partenza di una carriera ancora più splendente. E' per questo che la Monotreme Records pare averci visto davvero bene nel mettere sotto contratto il progetto di Edinburgo, affiancandolo nel proprio roster ad altri act alternativi che sarebbe meglio non sottovalutare mai (sto parlando di Picastro e Jeniferever, quest'anno protagonisti nel loro campo rispettivamente con Become Secret e Spring Tides).
Tra reminiscenze radiohediane e una sotterranea ritualità direttamente presa in prestito dagli anni '80 "mistici" (Cocteau Twins, Dead Can Dance), le atmosfere di Eleven. Return and Revert si dipanano con una delicatezza impressionante, appoggiandosi lievemente su arrangiamenti molto scarni ma altrettanto ricercati e perfettamente funzionali al discorso espressivo della band scozzese. A colpire maggiormente è infatti quest'emozionante contrasto, ben reso in ogni singolo brano del disco, tra la secchezza degli arrangiamenti e la densità e la profondità emotiva che scaturisce dalla globalità del suono: la strumentazione adottata (tre chitarre, basso, batteria, synths) sembra quasi non venire mai sfruttata in tutto il suo potenziale, eppure da questo evidente minimalismo compositivo fuoriesce un'intensità espressiva che, fattispecie nelle sue manifestazioni più cupe, toglie letteralmente in fiato.
Ogni singolo fraseggio strumentale è studiato con estremo acume, con una precisione e un senso di intimismo incorruttibile e congeniale al contenuto melodico dell'album, meravigliosamente trascinato dalla vocalità - continuamente sospesa tra il suadente, l'angelico e il declamatorio - della cantante/chitarrista Elizabeth Heaton, vera punta di diamante del progetto scozzese, una sorta di fusione tra le litanie canore di Liz Fraser (storica musa dei Cocteau Twins, famosa anche per le collaborazioni con Massive Attack e Peter Gabriel) e gli ampi vocalismi di Amy Lee (Evanescence).
Pervaso da un affascinante piglio decadente e da tinte fortemente crepuscolari, Eleven. Return and Revert si scioglie in un'atmosfera mite, a tratti desolante, che non conosce aperture solari e, canzone dopo canzone, si immerge sempre più nel suo vibrante mondo sotterraneo di chitarre fluttuanti, soundscapes fugaci e melodie in bianco e nero. L'impostazione alt rock del registro compositivo (molto influenzato dagli ultimi A Perfect Circle) si coniuga così ad un peculiare utilizzo del linguaggio post-rock, qui in veste di variabile indefinita che muove e modula in continuazione gli schemi strumentali dei Midas Fall. Da questo equilibrato connubio stilistico, il nebbioso carillon atmosferico di Eleven. Return and Revert comincia ad emettere i primi timidi suoni per poi man mano aprirsi e distendersi in tutta la sua densità emotiva, cambiando ad ogni episodio la propria maschera stilistica secondo versatilissimi principi compositivi.
I capolavori dell'album - che in pratica occupano i suoi primi 3/4 - dimostrano con estrema semplicità ciò che è stato appena detto: le struggenti trame melodico-vocali dell'opener Movie Screens (apice qualitativo del full-lenght), il fluttuante trip hop di Century, le cullanti distensioni chitarristiche di Bright Lights Will Harm No-One e quelle più bizzarre di Nautical Song, e poi My Radio Star e il suo vigore strumentale in cui l'album pare risvegliarsi improvvisamente dal malinconico dormiveglia originario, e poi ancora l'oscillante post-rock di Half Horizon, il lento abbraccio di pianoforte e voci effettate di War Pigeon e il crescente dinamismo di Fog Sky Nun che riesuma il cuore più vivace del disco prima che esso si spenga nuovamente con i malinconici lamenti di 17 e della conclusiva Stalking Moon.
Raffinato nel gusto compositivo, essenziale e profondo nella ricerca melodica e nell'eleganza tramite cui si compie il proprio pastiche stilistico, Eleven. Return and Revert è un lavoro da non perdere per nessun motivo al mondo, un'esordio che lancia sul piedistallo del rock alternativo una band dalle indubbie qualità e che (ricollegandoci ad inizio recensione) si spera vivamente riesca ad affermarsi a livello internazionale negli anni a venire. Sarebbe gratificante per loro ma anche - e tanto - per noi ascoltatori.