- Microfilm - Tutte le musiche
1. Brute Force
2. Blood Sample
3. State & Island
4. The Bay of Future Passed
5. Devant Nous, Rien
6. Dernière Séquence #
7. Combinaison
8. Blood Sample *
The Bay of Future Passed
Sono pressapoco sconosciuti (nonostante vari tour a supporto di Explosions In The Sky, Mono, The Black Heart Procession, Dalek e M83) eppure ogniqualvolta se ne escono con un disco lasciano sempre quel piacevole sapore di leggerezza e raffinatezza di cui specialmente i francesi sono indiscutibili maestri, anche se si parla di post-rock, ovvero di un genere che oltralpe non ha mai trovato successo, fama ed esponenti in grado di rappresentarne una propria variante su scala internazionale. I Microfilm, provenienti da Poitiers (proprio come i Deathspell Omega) e ormai attivi dal 2003 (anno di pubblicazione dell'omonimo Ep d'esordio), di questa considerazione sono il risultato finale più ovvio, essendo molto apprezzati in patria ma snobbati in gran parte del resto d'Europa: eppure sono ancora lì, a immortalare sensazioni e turbini emotivi con la medesima eleganza che aveva fatto risplendere il loro monicker sulle copertine dei due precedenti full-lenght A Journey to the 75th e Stereodrama, dei quali l'ultimo nato The Bay of Future Passed riprende e approfondisce temi e caratteri stilistici senza scadere nel plagio, nel riciclo gratuito e nella mancanza di creatività.
Sebbene negli schemi compositivi dei Microfilm a prevalere siano ancora riferimenti al post-rock più leggero e spiccatamente melodico (il secco timbro strumentale degli ultimi Do Make Say Think funge in primis da fonte d'influenza), la loro impostazione compositiva garantisce come sempre una varietà ed un'intensità espressiva da non sottovalutare, caratteristiche ampliate da un tocco esecutivo velato e mai sporco oltre che in grado di metterne in risalto le più affascinanti cornici melodiche. Tutt'altro che esperimento artificioso e cerebrale, The Bay of Future Passed è un disco quasi pop per la velocità e la semplicità col quale si fa buttare giù, lasciando nel cuore stati emotivi in continuo movimento grazie all'intensità evocativa - per nulla offuscata dal minimalismo degli arrangiamenti - che ciascuna canzone offre al proprio passaggio.
Perchè c'è il momento della riflessione malinconica e inquieta (l'agrodolce trama pianistica della conclusiva Blood Sample *), c'è il momento per l'esaltazione atmosferica più sfrenata e senza controllo (l'ipnotico gusto psichedelico di Combinaison) o ancora il momento della rassegnazione e di uno sconforto come sempre sottile ma perfettamente distinguibile (la toccante e ben orchestrata opener Brute Force, migliore episodio del disco). Come dimostra anche l'omonima The Bay of Future Passed, a fare da paradigma tematico dell'album è proprio questa continua varietà di sapori e atmosfere espressa mediante uno stile sfacciatamente semplice e tutt'altro che ricercato (l'espediente cinematografico può essere considerato come elemento sperimentale solo nelle loro splendide esibizioni live piuttosto che in studio) che però funziona dalla prima all'ultima nota risultando estremamente efficace ad ogni episodio. La slintiana freddezza strumentale di Devant Nous, Rien, le melodie più ruvide di State & Island come ancora lo splendido finale della titletrack o i più dolci fraseggi della seconda Blood Sample testimoniano l'abilità dei Microfilm nel tessere trame post-rock dirette ma non per questo prive di una più profonda eco interiore che, scandagliando stati d'animo e atmosfere, rende The Bay of Future Passed un disco di facile fruizione ma al contempo in grado di impegnare emotivamente l'ascoltatore con le sue piacevoli cavalcate strumentali.
Un pò noir e un pò melodrammatico, a tratti duro e spinoso ma sempre avvolto in un costante ardore 'sentimentale', l'ultimo lavoro dei Microfilm conferma le buone parole spese in patria per il progetto: proprio perchè proiezione immediata di un ideale musicale semplice e scevro da qualsiasi sovrastruttura intellettualistica, The Bay of Future Passed - sebbene ancora presenti troppi punti di contatto con certe 'malinconie' del rock strumentale europeo e americano (Caspian, Explosions In The Sky, Red Sparowes, Early Day Miners e September Malevolence) - è un disco che funziona, che non annoia e che surclassa alla grande altri act della stessa estrazione stilistiica - pg.lost e Parhelia su tutti - che hanno concluso il 2009 con risultati ben più scadenti di questi profondi sempliciotti d'oltralpe.