- Kirk Hammett - lead guitars
- James Hetfield - guitar, vocals
- Jason Newsted - bass
- Lars Ulrich - drums
1. Blackened - 06:40
2. ...And Justice for All - 09:45
3. Eye of the Beholder - 06:29
4. One - 07:26
5. The Shortest Straw - 06:35
6. Harvester of Sorrow - 05:44
7. The Frayed Ends of Sanity - 07:42
8. To Live Is to Die - 09:47
9. Dyers Eve - 05:14
...And Justice for All
Era il 1986 quando i Metallica, ormai lanciati sulla strada del successo planetario garantito da un album come Master of Puppets, subirono la loro più grande tragedia. Una strada gelata in Svezia, il tour bus fuori controllo che sbanda e si ribalta, causano la morte di Cliff Burton, bassista-simbolo del thrash metal d’allora. Da quel momento i Metallica non sarebbero mai più stati gli stessi. La voglia di suonare musica pesante derivante dagli ormoni adolescenziali ed il loro entusiasmo ad una tratto collassano e fanno aprire gli occhi a questi ragazzi: la morte li ha colpiti da vicino e non si limita più a risiedere nei loro testi politicizzati degli album precedenti e di Master of Puppets in particolare.
Due anni passano prima che il gruppo possa ritornare a pubblicare un disco e nella formazione, come nuovo bassista, troviamo quel Jason Newsted in arrivo dai mitici Flotsam & Jetsam; lo stesso Jason Newsted che avrebbe poi lasciato la band (e i soldi) per rifarsi (una vita e ritrovare l’orgoglio) con i canadesi Voivod. In quegli anni il thrash metal stava vivendo forse la prima fase di declino senza che si potesse veramente notare poiché le influenze groove stavano lentamente facendo la loro comparsa, anche se non in modo eccessivo e molte band diedero una vera a propria svolta al loro sound. Una band matura e di conseguenza anche la sua musica è un riflesso di questo mutamento. Non si ha più voglia di suonare veloce e basta; si ha voglia di fare qualcosa di più ricercato e tecnico e così è stato anche per i Metallica. …And Justice for All è solamente l’amplificazione delle strutture mature e già decisamente più complesse di Master of Puppets. A ciò uniteci un tocco decadente che mai nessun album dei Metallica ha avuto e avrà e il quadro è quasi completo.
Reputato da molti accaniti fans dei Four Horsemen il loro miglior album, …And Justice for All visse tanti anni in penombra e i motivi li possiamo capire bene. La sua posizione tra due album quali Master of Puppets e Metallica non lasciava molto spazio a questo lavoro maturo ma non sempre brillante, facendo sì che per molti altri esso potesse essere considerato come mero passaggio tra la prima parte della carriera dei quattro musicisti e la seconda, decisamente più orecchiabile. Le influenze groove stavano ammantando il sound e non basta una registrazione asciuttissima ed essenziale per mascherare questo cambiamento. Il sound si fa più cupo e penetrante, gli arpeggi che sporadicamente appaiono come intermezzi hanno un retrogusto oscuro e forse anche ciò ha contribuito a creare un alone di “mistero” attorno a questo album, pur trattandosi comunque di un lavoro di grande visibilità, visto il nome di chi l’ha suonato.
Ed ecco che un’introduzione quasi timida, dal tocco melodico sfocia ben presto in una Blackened da applausi. Come da copione, l’inizio di ogni disco dei Nostri è martellante e anche questo non è da meno poiché in quasi sette minuti possiamo trovare intensità a profusione, cambi di tempo, rallentamenti groove ed un ritornello che si conficca in testa. Tematiche ambientaliste fanno capolino e la voce roca, matura di James le narra con convinzione e con quel timbro già leggermente improntato al futuro.
Bel lavoro delle linee soliste su una title-track che viaggia per quasi dieci minuti su tempi medi che non elettrizzano. Essa si fa notare comunque per discreti riffs votati al groove più classico con versi e ritornelli di facile memorizzazione ed esattamente lo stesso discorso si può fare anche per la successiva Eye of the Beholder.
La vena oscura unita alla tecnica delle canzoni può far sì che la proposta risulti un po’ asettica o non particolarmente esaltante, complice una registrazione che non conferisce particolare forza al tutto. Tutt’altro discorso quando si arriva all’ormai famosissima ballad One, da cui i Metallica traggono il loro primo video. Questa scelta prese in contropiede tutti poiché James poco tempo prima dichiarò che se loro avessero mai fatto un video, esso avrebbe portato in se il tradimento verso i fan.
Queste questioni e tante altre lasciano il tempo che trovano ma fatto sta che la composizione miscela perfettamente arpeggi tristi a velocizzazioni di doppia cassa per un finale coi botti e tanti riffs. Superba la prova di Lars, il quale su questo album raggiunge l’apice massimo di tecnica e precisione, pur non rimanendo un batterista dalla varietà così eccelsa e dallo stile troppo fluido. Ma sì sa che molte volte basta uno tocco personale per farsi riconoscere e Lars ce l’ha eccome.
Le due canzoni che seguono si mantengono su binari più dinamici e annoverano alcune tra le migliori idee del disco. La veloce, pesante e sempre ben strutturata The Shortest Straw miscela alla perfezione un riffing groove che si lascia tranquillamente sostenere dagli up tempo, senza sfigurare o risultare forzato. Dal mood decisamente più cupo, Harvester of Sorrow mostra una band che ha abilità nel creare una lenta marcia infarcita di riffs sempre arrembanti ma alternati ad arpeggi della vena decadente e ad un ritornello di facilissima presa. Qui in particolare, si possono veramente intuire le future evoluzioni del gruppo col seguente album.
Si ritorna ad uno stile leggermente più diretto con la successiva The Frayed Ends of Sanity anche se le strutture rimangono intricate, mentre la strumentale To Live Is to Die esalta particolarmente per l’apertura melodica a metà durata, vera trovata geniale.
Il resto della traccia si assesta su livelli medi, con forse troppe forzature e riffs tirati per le lunghe. Dopo una maggior attenzione per le melodie, ecco che i Metallica ci salutano con la traccia più violenta e veloce del disco e non solo. Forse mai avevamo sentito una tale bolgia di riffs intricati e veloci quando Dyers Eve appare. Sembrerebbe quasi che tutta la rabbia del gruppo abbia avuto sfogo in cinque minuti; quasi fosse un presentimento che non avrebbero mai più suonato in modo così violento e tecnico allo tesso tempo.
Di parole ce ne sarebbero ancora tante da spendere sui Metallica e questo disco in particolare ma lo spazio è tiranno e la pazienza dei lettori è limitata, giustamente.
Tutti gli appassionati di metal in generale penso conoscano questo disco e possano trarre le conclusioni da soli, anche perché qui ho espresso una mia personale valutazione per un album e per un gruppo che mai ha diviso così tanto nella storia del metallo pesante e forse anche per questo è impossibile esprimere una valutazione oggettiva.
Pur vivendo di luci e di ombre, anche qualitativamente parlando, …And Justice for All rimane forse l’ultimo vero lavoro thrash metal dei Californiani prima che la disintossicazione dall’abuso di alcool e i soldi facili facessero piombare il gruppo in un crisi artistica pesante, ma classica di qualunque gruppo che scrisse la Storia negli anni 80.