S. de La Moth - Strumenti
Geneviève - Voce, testi, strumenti
1. Set Water to Flames
2. Salamandra
3. Burnt Offerings
4. Arsenikon (Faded in Discord)
5. Disease of Fear
6. Cup of Oblivion
Alight in Ashes
Il nuovo disco “Alight in Ashes” segna il debutto dei Menace Ruine sotto la bandiera della Profound Lore, dopo i trascorsi con Alien8 Recordings e Aurora Borealis. E', questa, una delle poche novità portate dal quarto full del duo canadese, che si propone più come una sintesi dei lavori precedenti, piuttosto che come un nuovo passo in avanti - anche se si tratta di un disco con un'identità ben precisa.
La sterzata evidente su territori più Drone e Noise compiuta da “Union of Irreconcilables” (2010) viene sostanzialmente confermata, smussandone però gli spigoli più dissonanti, spossanti e apocalittici e recuperando i toni più melodiosi del loro capolavoro, “The Die is Cast” (2008). Ne esce probabilmente il disco più accessibile della loro carriera, in cui sono fondamentali le nenie medievaleggianti della chanteuse Geneviève, reduce quest'anno da un'ospitata nell'ultimo (bel) disco di James Blackshaw (“Love is the Plan, The Plan is Death”, uscito per Important Records).
E se le distorsioni e i droni mantengono inalterato il loro ruolo di protagonisti, il più evidente dei cambiamenti nel suono dei Menace Ruine è l'indiscutibile riduzione dello spazio concesso a batteria e tamburi, praticamente assenti per tutta la parte centrale dell'album (fa eccezione un piccolo cameo a metà di “Arsenikon”). Il disco rimane quindi molto più scarno, crudo e asciutto rispetto a quanto fatto in passato: l'esempio migliore di questa svolta minimale è la penultima “Disease of Fear”, solenne inno in cui ad essere bandita non è solo la batteria ma anche, sorprendentemente, la "chitarra" (tra virgolette, visto che è tutto sintetizzato), e la voce di Geneviève volteggia sontuosa accompagnata semplicemente dalle evoluzioni un "violoncello" ultra-distorto.
Tra brani che richiamano più esplicitamente “Die is Cast” (la seconda “Salamandra”, impreziosita dalle migliori melodie del disco) o “Union of Irreconcilables” (l'opener “Set Water to Flames”, i momenti più dissonanti di “Arsenikon”), “Alight in Ashes” trova quindi la propria identità nella sobrietà e nella severità della sua fase centrale, con la strumentale “Burnt Offerings” un degno simbolo dell'attuale evoluzione del sound Menace Ruine.
Un'evoluzione che, a mio parere, potrebbe anche avere preso qualche spunto dal bellissimo side-project di Genevieve, i Preterite, che l'anno scorso hanno debuttato con un disco (“Pillar of Winds”, pubblicato da Handmade Birds) in cui si tentava, almeno parzialmente, una de-metallizzazione del suono dei Menace Ruine, con due brani iniziali votati all'acustico di assoluto interesse per i fans dei Menace Ruine – un disco da recuperare per chi se lo fosse perso (se ne é parlato davvero poco in giro), magari anche per capire meglio questo nuovo “Alight in Ashes” ed inquadrarlo adeguatamente nel percorso di maturazione del magistrale duo québécois.