- Andreas Mataln - voce, chitarra
- Peter Lengfeldner - voce, basso
- Daniel Huber - basso
- Martin Mataln - tastiera
- Hannes Ganeider - batteria
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1. Of Doubt And Fears (04:14)
2. Grown For Doom (03:18)
3. Bricks Against Porcelain Dolls (04:06)
4. Don`t Wake The Sleeping Dog (03:35)
5. Hell Low (05:22)
6. It Is Cold Without Shoes (04:52)
7. Maybe Yesterday (05:25)
8. Sweet Six Feet (04:49)
9. My Addiction (05:49)
Portrait of a Porcelain Doll
La lezione impartita nel Metal da realtà come Opeth e Katatonia è stata positivamente accolta da numerose band che hanno cercato di emulare tali lidi oscuri e malinconici, giungendo a sperimentare soluzioni affini ma comunque personali: dopo il Duemila, gruppi come Novembre, Dark Suns o Madder Mortem hanno conferito sfaccettature diverse al classico timbro di Opeth e Katatonia, puntando su un approccio rispettivamente più romantico, progressivo o gotico. Anche gli austriaci Mely appartengono a questo insieme di formazioni basate sulla sfera mesta e tenebrosa della musica Metal ma, a differenza dei sopra citati acts, faticano da anni ad emergere con realizzazioni efficaci ed eleganti.
Il sound dei Mely è sicuramente frutto di una profonda ricerca compositiva, vanificata però dall’impiego di strutture non del tutto convincenti o di architetture corali abbastanza fuori luogo: giunto infatti alla sua quarta pubblicazione, che sembra unire i meandri dei Madder Mortem con quelli degli ultimi Green Carnation, il quintetto di Drautal non riesce ancora a compiere il salto di qualità, rimanendo così ancorato ad una sconcertante mediocrità di fondo.
Portrait Of A Porcelain Doll è un album che non è capace di spiccare il volo, poiché canzoni come l’opener Of Doubts And Fears evidenziano già l’immaturità a livello di song-writing da parte dei cinque austriaci, che in un contesto tetro inseriscono sia inopportune sezioni acustiche dal sapore disteso e quasi solare, sia aggressive risposte di chitarra in chiave Metal. La seconda Grown For Doom, come già il titolo mette in luce, si ricollega maggiormente alla tradizione Doom Metal nordeuropea, ricalcando in modo più melodico i classici timbri desolati del genere; ciò che davvero risulta fuori luogo è l’intreccio vocale in svariati brani, a partire dalla stessa Grown For Doom fino alla terza sottotono Bricks Against Porcelain Dolls, perché le melodie tessute e le tematiche trattate nei testi sono deludenti e inadeguate, se rapportate all’intento iniziale dei Mely.
I pezzi si confondono a causa dell’eccessiva omogeneità interna e solo alcuni sprazzi del binomio Sweet Six Feet-My Addiction, intriso delle reminescenze dei Katatonia, sanno risollevare le sorti di un’opera in caduta libera fin dal suo incerto avvio.
I Mely dovrebbero quindi puntare ad una maggior completezza ed originalità nelle strutture degli episodi che costituiscono i loro capitoli discografici, perché spesso i brani si perdono e sembrano essere privi di una direzione prestabilita.
In definitiva si consiglia di non riporre troppe speranze in un’opera del tutto trascurabile come Portrait Of A Porcelain Doll, che non aggiunge nulla d’innovativo nella tavolozza cromatica ottenuta dagli esperimenti sonori dei gruppi citati in precedenza. Purtroppo da un lavoro come questo quarto album di studio, si evince che i Mely necessitano ancora una forte crescita musicale, per poter anche solo sfiorare un livello discreto che garantisca una minima affermazione in ambito europeo. Per promuovere il nuovo disco non è infatti sufficiente un mini tour europeo in spalla ad Agalloch e Dornenreich, perché ciò su cui i Mely devono concentrarsi è un tipo di song-writing consapevole e capace di evidenziare strutture quanto meno stabili e non confusionarie.