- Leo Szpigiel - voce
- Ralf Hubert - basso
- Uli Kusch - batteria
- Peter Lake - chitarra
1. Society in Dissolution
2. Purification
3. Immortal Hate
4. Allegro Furioso
5. Rules of Corruption
6. Ratters
7. Moderato
8. Defenders of the Faith
9. Symphony of Agony
10. Allegro
Lurking Fear
Classificare i Mekong Delta come Thrash Metal appare senza dubbio riduttivo, e non rende assolutamente giustizia alla forte componente progressive che separa nettamente il thrash proposto dal quartetto tedesco, sia da quello canonico, originatosi nella Bay Area, sia da quello teutonico, dei connazionali Kreator, Sodom e Destruction. I Mekong Delta vanno collocati infatti in quella schiera di gruppi che, seguendo le orme dei texani Watchtower, diedero origine alla fine degli anni ottanta a quel sottogenere del metal estremo denominato Technical Thrash Metal, o Techno-Thrash.
La band nasce da un idea di Ralf Hubert con, come missione primaria, l'obiettivo di essere inconvenzionale e anacronistica. I componenti del gruppo si servivano di pseudonimi, per nascondere la loro origine germanica, poiché temevano che quest'ultima potesse minare il loro successo internazionale.
Dal punto di vista musicale, i Mekong Delta univano a vocals infantili e cori catchy, tipici del thrash della Bay Area, un drumming particolarmente articolato e tecnico e melodie chitarristiche dal sapore fortemente neoclassico. Questa componente neoclassica rifletteva un forte interesse della band verso la musica classica del periodo romantico, interesse che i quattro concretizzavano spesso e volentieri, proponendo nei loro album rielaborazioni e riadattamenti di pezzi classici, a volte facendosi anche accompagnare da un'orchestra.
Dopo quasi un decennio di silenzio dall'ultimo prodotto della band, il disco Pictures at an Exhibition, anni in cui si era addirittura vociferato della morte di Ralf Hubert, i Mekong Delta tornano a comporre nel loro stile unico, con un line-up che unisce membri della vecchia formazione (Ralf Hubert e Uli Kusch) ai nuovi acquisti: il cantante Leo Szpigiel e Peter Lake, chitarrista degli svedesi Theory in Practice.Stilisticamente il nuovo platter, Lurking Fear, sembra voler riassumere tutti i lavori precedenti e una caratteristica domina in tutte le tracce: l'imprevedibilità. Al primo ascolto non è assolutamente possibile predire l'andamento immediatamente successivo della canzone, e, anche dopo numerosi ascolti, è molto difficile assimilarne la struttura. Tuttavia questa qualità non rende l'album poco godibile, grazie alla sapiente collocazione di cori catchy e riff orecchiabili, in mezzo all'intrico di malati arpeggi neoclassici e folli cambi di tempo.
Già la opener, Society in Dissolution, sembra voler mettere in chiaro il messaggio del disco: i Mekong Delta non sono cambiati affatto e, anzi, come dimostra il continuo susseguirsi di elaborati riff, ognuno abbinato ad un imprevedibile cambio di tempo, sono più in forma che mai. La prima traccia si rivela essere anche una delle migliori del lotto, deliziando l'ascoltatore con una parte strumentale di quasi due minuti, dominata dalla melodia malata dell'asolo di chitarra.
Molto meno forsennate le due tracce successive, Purification e Immortal Hate; la prima più atmosferica, caratterizzata da cori quasi sussurrati e vocalizzi melodici; la seconda contraddistinta da vocals e linee di chitarra più aggressive e thrasheggianti. Segue Allegro Furioso, brano che rappresenta, insieme a Moderato e Allegro, la rielaborazione strumentale di un pezzo di musica classica. Più precisamente, Allegro Furioso e Moderato (quest'ultimo risulterà particolarmente familiare agli ascoltatori, in quanto comprende anche la musica che, nei film di Guerre Stellari, accompagna l'arrivo delle forze dell'Impero) sono tratti dall'opera Five Fragments For Group & Orchestra, mentre Allegro proviene dalla Sinfonia No. 10 di Dimitri Schostakowitsch. Questi episodi strumentali, per mantenendo forti connotati classici, sono dotati anche di spunti vagamente thrasheggianti, che permettono l'inserimento di queste tracce nell'album, senza che risultino troppo estranee al contesto del disco.La seconda metà del platter non cala di tono, ma , anzi, propone due brani estremamente coinvolgenti: Defenders of the Faith, che, nonostante abbia forse le linee di chitarra meno elaborate dell'album, è provvista di numerosi riff catchy e memorabili, e Symphony of Agony, la quale consiste in un climax ascendente che conduce a uno stacco in mid-tempo in cui Leo Szpigiel si cimenta in un cantato melodico ed appassionato.
E' veramente difficile trovare dei difetti in quest'album: sicuramente non si tratta di un disco rivoluzionaro, tuttavia riesce a coinvolgere l'ascoltatore dal primo all'ultimo minuto, senza essere auto-citazionista o ripetitivo; ogni componente della band riesce a dare il meglio di sé senza sovrastare gli altri, tanto che sono necessari numerosi ascolti per rendersi conto della bravura e della tecnica individuale dei musicisti.
Questo disco rappresenta insomma il caso più unico che raro in cui una band si riunisce con lo scopo sincero di dare concretezza alle idee accumulate negli anni di quiete, un vero sollievo per tutti coloro che temevano un'altra reunion finalizzata al puro guadagno economico. Chi acquisterà questo platter non si imbatterà virtuosismi sterili o banalità, ma troverà i Mekong Delta come li avevamo lasciati dieci anni fa, una band che, nonostante non abbia mai cambiato stile in maniera evidente, è sempre riuscita a sfornare prodotti originali e creativi. Resta solo da sperare che questo full-lenght costituisca il primo di una nuova, lunga serie.