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- Dave Mustaine – vocals and guitars
- Chris Broderick - guitars
- James LoMenzo - bass
- Shawn Drover - drums
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1. Dialectic Chaos
2. This Day We Fight!
3. 44 Minutes
4. 1,320
5. Bite The Hand
6. Bodies
7. Endgame
8. The Hardest Part Of Letting Go…Sealed With A Kiss
9. Head Crusher
10. How The Story Ends
11. The Right To Go Insane
Endgame
Eccoci all’ennesima puntata targata “Megadeth” nella quale Dave e soci cercano di portare in alto il nome della band dopo i fiaschi di fine anni ’90/inizio millennio ed un ultimo United Abominations che già aveva fatto intravedere uno spiraglio di salvezza. In realtà quando parliamo di Dave e soci ci riferiamo ai poveri malcapitati finiti sotto le grinfie dell’eccentrico chitarrista, in quanto come sappiamo ormai la line-up è diventata più un’ironica vignetta che album dopo album cambia a suon di ottime note ma anche di litigi infantili. Ciò però per lo storico fan poco cambia visto che l’era Ellefson+Friedman+Menza è terminata e sepolta ed oggi ci si ritrova ad identificare sotto il moniker “Megadeth” il suo unico artefice e fondatore (inutile dirlo: tutte le musiche e i testi di quest’album sono targati Mustaine tranne qualche irrilevante eccezione).
Sveliamo subito gli arcani. Endgame spiazza davvero gli ultimi lavori, non solo perché riprende quel desiderio di thrash che caratterizzava gli anni ormai andati ma anche perché detiene un suono molto più pesante, più moderno, quasi come un’intelligente risposta allo scenario musicale che cambia (sarebbe stato stupido riproporre un suono vecchio di decine di anni). Tra l’altro non potevamo attenderci una mossa diversa visto che l’intera scena thrash sta rivivendo una gioventù tanto attesa: gli immortali Four Horsemen hanno infatti portato a termine egregiamente quella che loro stessi hanno definito “Mission Metallica”, gli Slayer sono in procinto di dare alla luce una nuova fatica ed anche gli Anthrax stanno, nonostante i vari problemi di singer, ritornando alla ribalta.
C’è da dire che l’unico elemento che potevamo aspettarci era un (ennesimo) cambiamento radicale, segno degli anni appunto che passano e dell’era “easy-listening” ormai alle spalle, mentre invece ciò su cui il nostro Megadave si è concentrato è un ritorno all’approccio che lo ha condotto al successo ma stavolta arricchito e valorizzato da una produzione eccellente, molto più cupa ed avanti di almeno dieci anni rispetto alla proposta musicale degli album precedenti. Basta con il thrash grezzo e sporco, le note vanno valorizzate ma sicuramente in un modo diverso: zero melodia, tanta velocità e mixing degli strumenti che svetta su tutto.
Infatti dopo una opener strumentale, Dialectic Chaos, che mette subito in chiaro gli intenti, la successiva This Day We Fight! va dritto al cuore dei vecchi fan con dei riff velocissimi e prosciugati di qualsiasi forma di armonia, è la voce che offre le uniche cadenze sonore usufruibili. L’unico confronto con il Dave del passato può essere offerto ricordando l’approccio distruttivo e fulmineo di So Far, So Good...So What!, nel quale l’unica ragione di sopravvivenza consisteva nello sparare la realtà in faccia all’ascoltatore e con un approccio univoco come i capelli biondo rossiccio del singer. Per dirla in altri termini stavolta più che una mitragliata di note ci troviamo dinanzi ad una mitragliata di suoni.
Molto affascinante il concept di Endgame che pur rientrando a pieno titolo nel canonico immaginario rivoluzionario del chitarrista trattando di una guerra continua in atto e della fine del mondo (The World Needs A Hero o la stessa copertina di Rust In Peace), risulta essere una citazione poco segreta alla profezia di George Orwell nel suo 1984, in cui viene rivelato come il potere possa prevalere sull’informazione e di conseguenza sull’intelletto umano, rendendo noi tutti delle vittime del sistema.
44 Minutes è dedicata al famoso evento della sparatoria di Hollywood Nord in cui due psicopatici armati fino ai denti e in quantità più incalcolabili rispetto alla polizia avevano messo in ginocchio la città mietendo centinaia di vittime. La traccia risulta anch’essa molto diretta e contiene in sé tutto il dolore della scena del crimine.
Nella parte centrale dell’album si nota un rallentamento dei ritmi che fanno tornare alla mente Youthanasia: in particolare Bodies, il cui riffing si avvicina molto alla bella Family Tree, e la stessa title-track, anche stavolta un brano contro gli USA immaginando cosa possa fare il Presidente alla luce del suo infinito potere (da leggere insieme a How The Story Ends). Da citare la bellissima Bite The Hand che parte con un groove potente per poi lanciarsi in un riffing incontinente, più veloce di sé stesso, molto rock ‘n’ roll.
Molto graffianti anche gli assoli presenti, di nuovo rifocalizzati sull’ingrediente principale che li aveva contraddistinti ovvero la velocità. Davvero più piacevoli quelli di Dave che contengono sempre una trama e conducono agilmente tra una strofa e l’altra, mentre quelli di Chris Broderick pur se molto tecnici risultano talvolta troppo legati allo stilema della band (qualcosa di più personale Chris!!).
Ultimo fattore da citare è la voce di Dave Mustaine, stavolta priva del contributo degli altri membri in termini di backing vocals: purtroppo se il nostro eroe riesce comunque ad essere aggressivo nei pezzi veloci e tirati, perde un po’ di mordente nei brani più lenti e la parte iniziale di The Hardest Part Of Letting Go…Sealed With A Kiss è lì a confermarcelo.
In finale Endgame risulta essere un ottimo lavoro e chissà che per Dave e soci non possa risultare, a discapito del nome, un nuovo inizio.