- Omar Rodriguez Lopez - music, arrangements, direction
- Cedric Bixler Zavala - vocals, lyrics
Additional musicians (“The Mars Volta Group”):
- Marcel Rodriguez Lopez
- Thomas Pridgen
- John Frusciante
- Isaiah Ikey Owens
- Juan Alderete de la Pena
1. Since We’ve Been Wrong
2. Teflon
3. Halo Of Nembutals
4. With Twilight As My Guide
5. Cotopaxi
6. Desperate Graves
7. Copernicus
8. Luciforms
Octahedron
“Non è possibile”. Questa è la frase che con lo stesso stupore di una sciagura imprevista fuoriesce inaspettatamente dalle mie labbra dopo il primo ascolto di uno qualsiasi dei lavori dei The Mars Volta. Ciò accade ormai a cadenze sempre più ravvicinate visto che ultimamente di album targati Cedric e Omar ne stanno giungendo copiosamente e questo Octahedron non fa altro che rimpinzare il fascino del duetto. Parlo solo di loro due perché in realtà sono loro i soli artefici di tutto questo (con quel piccolo zampino di John Frusciante come da loro tradizione), lasciando a tutti gli altri (eccellenti) musicisti il compito di accompagnarli in sede live.
Si sono reinventati per l’ennesima volta, hanno cercato di spingere più in là sia la mente che le emozioni e anche qui sono riusciti nel loro intento: stupire, affascinare, lasciare interdetti. Dopo quella jam session chiamata Amputechture e il prog architettonico e mistico di The Bedlam In Goliath era il momento di partorire un album molto più intimista ed introspettivo. Era il momento di Octahedron, un album che guardando alle spalle di questi artisti potrebbe risultare un insieme di ballad ma a ben vedere non è che l’ulteriore apprendimento musicale capace di sfociare in uno sperimentalismo assolutamente sopra le righe. Il rischio di non comprendere queste otto tracce è notevole: le parti musicali risultano molto più semplificate rispetto al trademark della band ed i testi stessi risultano meno arzigogolati e più diretti (addirittura i titoli delle canzoni sono leggibili, mai accaduto prima), ma le note suadenti di Omar ed i mille volti di Cedric frantumano ogni singolo dubbio.
C’è da attendere ben cinque tracce prima di spolverare il groove a cui i TMV ci hanno da sempre abituati e che stavolta prende il nome di Cotopaxi, mentre Disperate Graves e Luciforms rappresentano il varco tra quello che erano (easy jazz/prog alternativo) e quello che sono oggi (?!). Tutto il resto è una visione onirica dal sapore psichedelico che non cerca di basare il proprio fascino né sulla musica né sulle parole ma sul concetto più generico di arte, al quale i nostri sicuramente si avvicinano più di ogni altra band attuale. Il passaggio più toccante si chiama Copernicus, in cui le note profuse dalla sei corde di Omar si chiudono in un dolore anoressico, mostrando in alcuni momenti una difficoltà (voluta) nell’esprimersi, in altri invece la sottoposizione ad una dieta ferrea che ne dimezza l’entità; durante questo lungo calvario Cedric si diletta in mille interpretazioni diverse offrendo all’armonia che vaga nella sua mente il miglior significato d’esistere e riuscendo musicalmente a sovrastare la melodia della musica che lo accompagna.
Il resto è tutto da godere, ma con calma e dedizione. E se non riuscite a trovare qualcosa che davvero vi piaccia dei The Mars Volta non preoccupatevi, la loro musica non è (e non vuole essere) per tutti.