- Markus Grosskopf - basso
- Marcel Schmier - basso
- Tom Angelripper - basso
- Peter "Peavy" Wagner - basso
Guest Singers:
- Jesper Binzer, Apollo Papathanasio, J.C.
Guest Drummers:
- Stefan Arnold, Andre Hilgers
Bass Solo:
- Billy Sheehan, Joey Vera, Rudy Sarzo, Marco Mendoza, Dennis Ward, Lee Rocker, DD Verni, Wyzard, Dirk Schlächter, Stig Peterson, Nibbs, Tobias Exxel, Jens Becker, Eggy, Jan Eggert, Michael Müller
1. Awakening The Bass Machine
2. We Live
3. Armageddon
4. Romance In Black
5. Godless Gods
6. Empty Memories (Breaking Free)
7. Boiling Blood
8. Far Too Late
9. The Asshole Song
10. Dead From The Eyes Down
11. Razorblade Romance
12. Voices
13. Eagle Fly Free
14. To Hell And Back (bonus track Europe)
Hellbassbeaters
Il bassista degli Helloween Markus Grosskopf se ne esce con un'idea quantomeno originale, dando vita ad un lavoro totalmente incentrato sul basso, che diventa così il protagonista assoluto di questo suo lavoro, complice anche la totale mancanza delle chitarre. Si rincorrono così per tutta la durata dell'album ritmiche e assolo eseguiti dal basso, nel tentativo di avvalorarne le caratteristiche e dimostrare che il quattro corde può benissimo sopperire all'assenza delle tanto acclamate chitarre.
Egli forma il suo nuovo progetto Markus Grosskopf's Bassinvaders, circondandosi di illustri colleghi quali "Peavy" dei Rage, Tom Angelripper dei Sodom e Marcel Schmier dei Destruction, e chiedendo la collaborazione di tantissimi illustri ospiti d'onore, ovviamente anch'essi dediti a suonare il basso, tra i quali citiamo Joey Vera (Anthrax, Fates Warning, Armored Saint), Dennis Ward (Pink Cream 69), Marco Mendoza (Thin Lizzy), Stig Pedersen (D:A:D), DD Verni (Overkill), Rudy Sarzo (Dio, Quiet Riot, Whitesnake), Dirk Schlachter (Gamma Ray), Billy Sheenan (Mr. Big) e tanti altri.
Le vocals sono affidate ad Apollo Papathanasio (Firewind, Evil Masquerade), J.C. e Jesper Binzer (D:A:D), ma sono lasciate in secondo piano, come del resto la batteria, da una produzione che non si può certo definire esemplare, anche se forse questa decisione è sempre da imputare alla chiara intenzione del progetto di avere un solo ed unico protagonista, vale a dire il basso. Naturale quindi che un simile progetto non possa che stuzzicare la curiosità di qualsiasi ascoltatore.
Altrettanto naturale però è il fatto che un'opera simile richieda necessariamente un songwriting coinvolgente e capace di stabilizzarsi sempre su alti standard qualitativi, ma così purtroppo non è, e questo si sente ancor di più proprio a causa dell'assenza delle chitarre, che almeno riuscirebbero a dare un'impronta melodica a brani che molto spesso suonano come svuotati di qualsiasi interesse, se non quello di assistere alle alte performance dei vari bassisti presenti. Ma è veramente poco per potersi ritenere soddisfatti, e persino per potersi accontentare.
Qualche brano accettabile volendo lo si trova pure, potrebbe essere il caso della più heavy We Live, alla cui riuscita molto contribuisce anche il buon lavoro svolto in fase di vocals ed il buon refrain, o della più pesante e quasi thrash Armageddon, o ancora della cover degli Helloween Eagle Fly Free, che comunque se confrontata alla versione originale ne esce pesantemente sconfitta. Capirete bene però, che in una scaletta lunga ben quattordici brani, cosa che solitamente rappresenta un pregio per una qualsiasi release, avere a disposizione nel proprio arco così poche frecce, consistenti poi in una manciata di brani passabili ed una sbiadita cover di un glorioso brano della storia del metal, non può considerarsi affatto un punto a favore dei Bassinvaders.
Per il resto, si può imputare al progetto di Grosskopf il merito di saper variare la proposta, passando dal poco ispirato mid-tempo Romance In Black al più orecchiabile power di Boiling Blood, dal rock n' roll di The Asshole Song al thrash di Dead From The Eyes Down.
Certamente da premiare il coraggio e l'idea del tutto originale che stanno alla base di Hellbassbeaters, per quel che riguarda invece la realizzazione dello stesso ci sarebbe molto da rivedere. Forse se il protagonismo del basso si limitasse ad un paio di brani, o poco più, all'interno di una qualsiasi usuale release si potrebbe evitare di cadere nella noia dopo così poco tempo.