- Fish - voce
- Mark Kelly - tastiera
- Mik Pointer - batteria, percussioni
- Steve Rothery - chitarra acustica, chitarra elettrica
- Pete Trewavas - bassi
1. Pseudo Silk Kimono (02:13)
2. Kayleigh (04:03)
3. Lavender (02:27)
4. Bitter suite (05:53)
5. Heart of Lothian (06:02)
6. Warterhole (Expresso Bongo) (02:12)
7. Lords of the Backstage (01:52)
8. Blind Curve (09:29)
9. Childhood End? (04:32)
10. White Feather (02:23)
Misplaced Childhood
Due anni erano ormai trascorsi dal primo umile debutto con Script for a Jester’s Tear e i Marillion, reduci dall’uscita del secondo Fugazi, si apprestarono a pubblicare il terzo full-lenght, che potesse confermare la loro genialità di musicisti, testimoniando la maturità raggiunta dalla formazione inglese in così poco tempo. Misplaced Childhood, atteso dalla critica con titubanza come ogni terzo lavoro di una band che sta scrivendo la storia di un genere, quale il Neo Progressive dei Marillion, venne alla luce nel 1985, proprio in corrispondenza al secondo prodotto degli IQ, The Wake, che riscosse buoni responsi in Gran Bretagna.
Tale fortuna non fu destinata a Misplaced Childood, che fu subito considerato come un mediocre clone della musica Progressive dei connazionali Genesis: le somiglianze con la tradizione settantiana inglese sono infatti parecchie, ma non per questo si deve condannare l’opera più ricercata nel sound e meglio concepita dai Marillion, sì distante dagli stilemi del Neo Progressive di Script for a Jester’s Tear, ma capace di trasmettere emozioni dimenticate, solo riconducibili ad un Foxtrot del 1972 o ad un Selling England by the Pound (1973).
Si narra che il concept di Misplaced Childhood sia stato sviluppato da Derek Dick (Fish) in una notte trascorsa ad assumere sostanze allucinogene, dopo aver patito una profonda crisi esistenziale; lo smarrimento interiore di Fish si trasmette nelle note dei Marillion, che riecheggiano nella memoria degli ascoltatori, rivelando la faccia introspettiva della band: si parla di giovinezza, di come gli anni dell’adolescenza siano stati spesi inutilmente, di come un amore si sia concluso con rimorsi e rammarico. Questo è l’ambito lirico che il front-man ha ideato e che sembra adattarsi alle sonorità simil-Genesis della formazione inglese, rinnovata musicalmente.
Nessun tratto del disco esclude l’ascoltatore e anzi lo colpisce portandolo in prima persona dentro il contesto dell’opera, fin dalla toccante introduzione Pseudo Silk Kimono, non dotata di batteria e proprio per questo affidata alle capacità vocali di Fish e alle tastiere avvolgenti.
Semplice e diretta è la canzone che ha reso celebre il quintetto progressivo, ovvero la seconda stupenda e commovente Kayleigh, il frammento di ricordi principale di Misplaced Childhood: vivo più che mai in questo brano è l’alone settantiano dei Genesis, sia negli arrangiamenti di tastiera, sia nell’approccio vocale alla Peter Gabriel.
Lavender introduce un nuovo capitolo che perdurerà per tutta la lunghezza del full-lenght, sempre legato alla perdita di coscienza, ma non all’amore dissolto per Kayleigh; la terza è una traccia breve e raffinata, costruita sui temi di pianoforte, a presentare un’atmosfera mai scomposta o inadeguata.
E allo stesso modo, Bitter Suite stupisce per l’eleganza da cui è contraddistinta: si trasforma in una ballata divisa in più sezioni, che si amalgamano perfettamente, conservando le caratteristiche delle precedenti canzoni; un tessuto musicale essenziale, non virtuoso, per far risaltare una delle voci più apprezzabili e melodiche nell’intero panorama Progressive mondiale.
Heart of Lothian mantiene invece una certa connessione con il passato Neo della band, in quanto rispuntano le magie degli organi e il ritmo si impreziosisce di passaggi rapidi, coinvolgenti e incredibili dal punto di vista del song-writing. La chitarra elettrica sembra uscire dalla composizione, parlando al pubblico e mostrando l’anima evocativa dei Marillion.
Più cupa e contorta nelle sezioni d’organo è Waterhole (Espresso Bongo), breve composizione che con la melodica Lords of the Backstage porta alla monumentale Blind Curve: Misplaced Childhood volge quasi al termine, ma i sentimenti che sgorgano sono ancora vivi e numerosi, trasmessi dagli assoli di chitarra e dall’acuta voce di Fish.
Childhoods End e White Feather concludono in modo impeccabile la terza fase discografica dei Marillion, con riff raffinati e ritmi tutti particolari.
Le case produttrici degli anni ’80 speravano che il Progressive fosse scomparso definitivamente da un decennio, in quanto i nuovi generi nascenti attiravano maggiormente le grandi masse, aumentando le vendite. Se questo Misplaced Childhood è però considerato da tutti come l’emblema della prima epoca Marillion e come il disco più significativo degli ’80, allora Fish e compagni non hanno fallito nell’impresa di sfornare un disco fresco di idee e innovativo in un periodo di staticità.