- Andreas Axelsson -Vocals
- Devo Andersson - Guitars
- Morgan "Evil" Håkansson - Guitars
- Joakin Grave - Drums
- Richard Kalm – Bass
1. Still Fucking Dead (Here's No Peace) 03:55
2. The Sun Turns Black as Night 03:05
3. Within the Abyss 03:45
4. The Funeral Seemed to be Endless 03:36
5. Departure from the Mortals 03:22
6. The Black... 04:02
7. Dark Endless 03:51
8. Holy Inquisition 04:27
Dark Endless
Marduk, ovvero una delle prime band black metal ad uscire dalla penisola scandinava. Siamo nel 1990 quando la prima line-up diviene abbastanza stabile da produrre il demo d’esordio l’anno successivo, dal nome Demo # 1 (Fuck me Jesus). La Svezia in quegli anni stava vivendo il boom del death metal con grandi nomi ad aprire la strada ad una marea di altre realtà minori mentre, nel resto d’Europa, le prime band votate ad una forma musicale ancora più oscura stavano facendo i primi esperimenti, probabilmente legati ad una band a dir poco pioneristica del genere, ovvero i Bathory che arrivavano proprio della Svezia. A voler fare alcuni nome possiamo dire: Hellhammer, Samael , Mayhem e due realtà nostrane, ovvero Mortuary Drape e Necrodeath . Tutte queste piccole band dall’importanza incredibile, a loro modo presero il thrash, il doom o il death metal per creare un loro ibrido che a volte potesse puntare maggiormente sull’aurea sulfurea di un suono in completa evoluzione. I Marduk non furono da meno, anche se con pochi anni di “ritardo” rispetto ai gruppi succitati.
L’album d’esordio arrivò nel 1992 e seppur ancora pesantemente influenzato dall’allora death metal, esso proiettò la band nel panorama estremo, complice anche l’immagine di una band fortemente satanista e dalle chiare intenzioni bellicose. Dark Endless è un album che non vive di tempi veloci come avremmo potuto ascoltare dagli album post- Opus Nocturne (a dire il vero già quest’ultimo mostrò una volontà di aumentare la velocità d’esecuzione), ma esso si nutre di oscurità, di rallentamenti doom e ripartenze che sovente sono costituite da semplici up tempo. Certo, i blast beats non mancano tuttavia l’anima così impulsiva dei tempi recenti non era ancora del tutto presente nel DNA dei Marduk d’allora. Il suono delle chitarre è grezzo e spesso si può distintamente sentire la distorsione a motosega, classica del death metal Svedese. La produzione è scarna, inquietante, profonda ma anche evocativa. Andreas Axelsson, primo cantante della band, si lascia andare a lancinanti urla che spesso sono semplicemente una via di mezzo tra growl e scream anche se nettamente più improntate al black metal se si parla in linea generale.
L’introduzione è affidata alle spettrali note di piano di Still Fucking Dead (Here's No Peace) che mostra subito di che pasta è fatto il disco. L’andatura non è lineare poiché la batteria cambia tempo in base al mutare dei riffs. A tratti il tremolo picking getta l’impronta black tra numerose cadute nel doom e veloci ripartenze in blast beats durante il refrain. La feroce, velocissima The Sun Turns Black as Night mostra improvvise e decise cadute nel mid-paced tempo al fine di far risaltare la sua atmosfera macabra ed inquietante attraverso le più ricercate trame soliste delle chitarre. Si possono anche udire sprazzi di tastiere di sottofondo a donare un tocco ancora più oscuro. Si prosegue l’ascolto del disco passando per l’opposizione ancora più marcata blast beats-down tempo di una pesantissima ed ancora più legata al death metal Within the Abyss. I riffs tritaossa si susseguono con un’irruenza incredibile e The Funeral Seemed to be Endless non è da meno. Ottimo il lavoro di doppia cassa svolto su questa canzone dell’allora batterista Joakin Grave. In questa canzone alcune sezioni paiono ancora più solfuree e di base sinfonica che le restanti altre poiché l’atmosfera è veramente raggelante tra arpeggi, voci sussurrate e marziali rullate.
Le ormai celeberrime Departure from the Mortals e The Black… mostrano il lato più distruttivo della band con varie infiltrazioni death metal. Gli up tempo e i blast beats si sprecano, come anche i riffs di chiara matrice Swedish death metal senza che i momenti doom vengano dimenticati. La title-track si segnala come una delle tracce più lente ed atmosferiche grazie a riffs che all’inizio puntano maggiormente sull’atmosfera e che solo dopo fanno emergere il lato più feroce, ad accompagnare il ritorno di tempi veloci. A terminare il disco troviamo le inizialmente calme e leggermente melodiche note di Holy Inquisition, ben presto spazzate via da un crescendo in termini di velocità ed intensità, attraverso un marea di cambi di tempo ed atmosfere, una più tenebrosa dell’altra.
I Marduk del 1992 non saranno stati veloci e distruttivi come quelli del 1999, tuttavia Dark Endless si può tranquillamente fregiare del titolo di buon album di debutto da parte di una giovane band che sapeva la via da imboccare e già con il successivo Those of the Unlight ne avrebbe dato la dimostrazione. Nonostante alcune sbavature e nonostante il fatto di guardare costantemente al death metal d’allora, il gruppo pare compatto e deciso a dire la sua nel campo del black metal; cosa che farà per la gioia di tutti noi.