- Eric Adams - voce
- Ross "The Boss" Friedman - chitarra
- Joey DeMaio - basso
- Donnie Hamzik - batteria
1. Death Tone (04:51)
2. Metal Daze (04:29)
3. Fast Taker (03:57)
4. Shell Shock (04:07)
5. Manowar (3:38)
6. Dark Avenger (06:24)
7. William's Tale (01:54)
8. Battle Hymn (06:57)
Battle Hymns
Se esiste una band che, più di tutte le altre, è in grado di dividere i metal kids del mondo intero, non c’è alcun dubbio: sono i Manowar. Spesso oggetto di critiche, ma anche di vera e propria idolatria, il complesso americano, capitanato dal carismatico Joey DeMaio, da ormai più di vent’anni suona Heavy Metal e fa parlare spesso di sè. La storia dei Manowar inizia nel backstage della Newcastle City Hall quando, durante l’Heaven And Hell Tour dei Black Sabbath, Joe DeMaio, all’epoca roadie addetto al basso, e Ross The Boss, l’allora chitarrista degli Shakin’ Street, si parlano per la prima volta. Capiscono di avere molte idee in comune e, rientrati negli Stati Uniti, Joey si trasferisce a casa di Ross, dove il progetto prende vita. Come cantante viene scelto Eric Adams, amico fin dai tempi della scuola del buon vecchio Joey e alla batteria Karl Kennedy. Dopo aver inciso il primo demo però, il gruppo decide di cambiare batterista ed è così che Donnie Hamzik entra a far parte dei Manowar. Dopo aver provato a lungo nella “Animal House”, la villa messa a disposizione dalla Liberty per il gruppo, i Manowar incidono il loro primo e storico album: Battle Hymns.
Il disco si apre con il rombo di una motocicletta e poco dopo finalmente si possono gustare le prime note. Death Tone, il primo pezzo di questo lavoro, ha un suono molto grezzo e diretto. Il basso di Joey e la chitarra di Ross lavorano in sintonia tra di loro, lo stile vocale utilizzato da Eric si inserisce perfettamente in questo contesto e il modo di suonare di Donnie rende il tutto irresistibilmente travolgente. L’assolo merita di essere ascoltato con attenzione e dimostra anche le ottime capacità tecniche di Ross The Boss. Dopo quasi cinque minuti il brano si conclude e lascia spazio al secondo pezzo: Metal Daze. Dopo un riff iniziale Eric inizia a cantare e la sua voce, grazie ai pazzeschi livelli che raggiunge, fa venire la pelle d’oca. Il testo parla, come in moltissime canzoni che scriveranno la storia dei Manowar, di Heavy Metal, non solo come musica ma anche come vero e proprio stile di vita. Secondo la band americana la buona musica, le donne e la birra in quantità industriale rappresentano la vera vita, non ci sono altre vie da seguire. Sarà soprattutto per le loro liriche e l’ atteggiamento che verranno criticati da molti, ma, allo stesso tempo, questo sarà il motivo dell’amore da parte di altrettanti. I Manowar si odiano o si amano, non esistono vie di mezzo. La terza traccia dell’album si intitola Fast Taker e rimane impressa nella mente dell’ascoltatore grazie soprattutto allo splendido ritornello, interpretato divinamente da Adams, che si dimostra un abilissimo cantante, dotato di voce aggressiva ed estensione vocale notevole. In queste prime tre canzoni del lavoro, il gruppo colpisce per la sua immediatezza e la carica che riesce a trasmettere. Il quarto pezzo, Shell Shock, è più lento e ritmato rispetto a quelli precedenti. Il testo parla della guerra, altro tema molto caro al gruppo statunitense. L’assolo anche in questo caso convince ma è sopratutto la canzone in sé che permette ai Kings Of Metal di dimostrarsi abili anche nei pezzi meno tirati.
La song seguente segna invece un ritorno ai ritmi più vivaci dei primi tre pezzi. Si tratta di Manowar, vero e proprio classico nel repertorio della band, pensato e scritto per essere il cavallo da battaglia del gruppo. E’ impossibile non trovare questo pezzo nella scaletta di una qualsiasi esibizione live dei Kings ed il più delle volte lo si trova proprio come opener. Travolge musicalmente l’ascoltatore, che non può far altro che apprezzare le indiscusse qualità di tutti i membri del gruppo, soprattutto del duo Joey – Ross e del sempre ottimo Eric. Il meglio dell’album deve però ancora arrivare. Dark Avenger è la prima vera canzone epica del gruppo, l’atmosfera è oscura e il testo molto ispirato, forse addirittura tra i migliori di tutta la discografia. Una narrazione del mitico genio cinematografico Orson Welles interrompe momentaneamente il brano e lo rende ancora più evocativo. Eric riprende a cantare accompagnato da una musica più veloce e tirata rispetto a prima e questo cambio di ritmo risulta essere vincente. La song si candida infatti ad essere tra le migliori di tutto l’album. La seguente, William’s Tale, è una strumentale e funge solo da dimostrazione delle straordinarie capacità di DeMaio al basso. Risulta essere la più divertente e probabilmente la meno noiosa tra le tantissime interpretazioni soliste di Joey. A chiudere questo storico lavoro si trova un’altrettanto storica e spettacolare canzone: Battle Hymn. Ritenuta ancora oggi, da molti fans, la migliore tra i grandi classici del gruppo, questo pezzo, in circa sette minuti, mostra al mondo quello che sarà poi chiamato Epic Metal. Un delicato arpeggio introduce la battaglia, durante la quale i Manowar mostrano il loro carattere e la loro autorevolezza. Terminata una prima parte di furia guerriera, tornano i momenti di quiete descritti dal dolce arpeggio iniziale. La calma non dura però molto e il ritmo epico e incalzante torna in scena. Se il riff rappresenta la marcia dei soldati, l’assolo forse vuole significare la parte più violenta dello scontro. La canzone finisce e con lei termina uno degli album più importanti per la storia dell’Heavy Metal più epico e grezzo.
Battle Hymns è un lavoro assolutamente superbo, oltre che storicamente imperdibile. I Manowar esordiscono nel migliore dei modi, diventando così i padri di un genere, l’Epic Metal, che dara alla luce nomi illustri e soprattutto ottima musica. La band nordamericana riuscirà persino a fare di meglio durante la propria lunga carriera ma questo suo primo disco rimarrà per sempre un caposaldo musicale per tutti gli amanti del metallo pesante. Hail And Kill!