- Ben Powell - programming, musiche
1. Cerridwen
2. Math Ap Mathowny
3. Arianrhod
4. Gwydion
5. Dôn
6. Arawn
7. Cwn Annwn
8. Blodeuwedd
9. Cyhyraeth
Awen
Prima o poi le radici ritornano, si avvinghiano dolcemente al collo e ti trascinano indietro, in quei luoghi lontani ma mai dimenticati, indelebili. Alla luce della decima pubblicazione sotto il nome Mank, Ben Powell viaggia a ritroso nei ricordi e nelle leggende del suo paese (il Galles) e tira fuori un nuovo disco interessante e profondamente radicato nella sua sfera emozionale ed esistenziale.
Sebbene poco conosciuto al di là dei confini della Gran Bretagna, Powell è un compositore elettronico tutt'altro che trascurabile e la sua sua lunga discografia lo dimostra: giunto in doppia cifra l'artista gallese si spoglia di qualsiasi interesse commerciale, lascia da parte le velleità metropolitane e si abbandona ad un malinconico fluire di fantasie folkloristiche e silenzi ancestrali. Awen (parola della lingua gallese che vuol dire 'ispirazione poetica') non è altro che questo e la fluidità, lo spessore melodico e la profondità delle atmosfere costruite da Powell lo dimostrano nella maniera più sincera.
Pur non trattandosi assolutamente di un capolavoro, Awen è un disco leggero e di certo non privo di un suo particolare fascino. Ambient, downtempo, richiami classical, pause minimaliste e soavi evoluzioni IDM si susseguono per tutta la durata dell'album, andando a creare un coinvolgente immaginario elettronico, sebbene tutt'altro che ricercato e piuttosto fermo nella sua impostazione espressiva.
Interamente ispirato ai personaggi del Mabinogion - una raccolta di testi in prosa provenienti da manoscritti medievali del Galles - Awen filtra il linguaggio di Powell in un sound come sempre raffinato e pulitissimo, ma questa volta quasi immerso in una sorta di catarsi meditativa, attraverso cui rivivere le atmosfere e i personaggi della mitologia gallese (che peraltro danno nome alle singole canzoni dell'album). Nonostante la sua mera semplicità esecutiva e la sua estrema linearità - cose che quindi attireranno poco gli ascoltatori elettronici più ricercati e di nicchia - il nuovo lavoro di Powell si lascia ascoltare con grande immediatezza, affiancando l'un l'altra una serie di canzoni soavi e pacate, in alcuni casi tanto dolci (la bellissima Gwydion e le suggestioni simil-cosmiche dell'opener Cerridwen) da prendere le sembianze di vere e proprie miniature sintetiche. Ad impattare con la bellezza melodica - in alcuni casi estremamente rilassante e avvolgente - dei brani del disco vi è però una produzione eccessivamente fredda, funzionale al discorso di Powell nei momenti elettronici più tesi (il battito sognante di Arawn e le acide trame sintetiche di Cwn Annwn) ma meno adatta ad esprimere il calore e la profondità melodica delle sezioni modern classical (Cyhyraeth e Dôn).
Insomma Awen è un fragile cantastorie elettronico che, totalmente privo di qualsiasi intellettualismo o velleità, affascina e trascina l'ascoltatore col suo linguaggio raffinato e le sue sognanti aperture ambientali, coronando - sebbene in maniera tutt'altro che monumentale e grandiosa - la carriera di un'artista sconosciuto ma che ad ogni pubblicazione tira sempre fuori qualcosa di buono. Per chi vuole avvicinarsi alla musica elettronica più pacata e meno cerebrale-sperimentale-avanguardista, Awen (come tutta la discografia del progetto Mank) è un buon punto di partenza, pur rimanendo nulla più di un ascolto piacevole per i più esperti e navigati electronic-listeners.