- Dave Condon - basso, voce
- James Kelly - chitarra, voce, synth
- Jeremiah Spillane - chitarra
- Johnny King - batteria
1. Neptune Is Dead
2. Feather and Bone
3. When the Sun Drowns in the Ocean
4. All Life Converges to Some Center
Mammal
La Profound Lore li aveva tirati fuori dal nulla e li aveva portati sull'altare (loro che con gli altari hanno molto a che fare) del black metal contaminato. Poi è arrivata la Candlelight Records e quella che nel 2009 fu - forse - la più bella sorpresa dell'underground black europeo, sembra essere già diventata una presenza immancabile nell'odierno metal estremo. In molti si sarebbero aspettati ancora la Profound Lore di Chris Bruni a riportare in auge gli Altar of Plagues, e invece la distribuzione dell'attesissimo successore di White Tomb - non senza sorpresa - è finita tra le mani di un colosso dell'industria discografica metallica. In ogni caso, sarà anche cambiata l'etichetta, sarà anche stato imposto un taglio stilistico meno underground, ma gli Altar of Plagues hanno proseguito per la loro strada senza preoccupazioni e senza il minimo timore. Dall'isola della Guinness, delle colline e dei leprecauni, riemergono così in superficie dei musicisti che con la loro terra d'origine (l'Irlanda, se non si era capito) hanno veramente poco, pochissimo a che fare. E se c'è una sola cosa che può accomunare gli Altar of Plagues alla loro patria, allora trattasi dell'Oceano, delle sue onde violente, della sua forza e dei suoi abissi.
Mammal riprende il black metal atmosferico e decadente di White Tomb e lo immerge nel più inquietante blu cobalto, appesantendone le sfumature e riempendone i pochi punti di luce con un'oscurità interiore che ha un qualcosa di splendidamente primordiale. Suddiviso, come il precedente episodio, in quattro lunghe suite, Mammal rende ancora più evidente quel percorso di distacco dal black canonico che oggi, sovente, viene etichettato come post-black metal. Niente sinfonismo, nè tematiche occulte, nè richiami ai Signori degli Inferi: quella degli Altar of Plagues è una discesa nell'oscurità naturale, portata avanti da chitarre serratissime, atmosfere plumbee e richiami ancestrali provenienti dal punto più basso dell'oceano.
Neptune Is Dead, prima suite del disco, evoca immediatamente la vastità, la profondità e il pericolo degli abissi marini, ora rimasti orfani del proprio dio-padrone. La produzione, ancora una volta ruvida ed essenzialmente sporca, mette in risalto la crudezza strumentale del progetto irlandese, ricoprendo i suoi slanci melodici (meravigliosa la cavalcata di chitarra e batteria dopo la pausa pseudo-post-rock verso l'ottavo minuto) di un'atmosfera densissima, splendida coltre di nubi, acqua e buio primordiale. Incalzante e ipnotica, Feather and Bone svela poi il lato più demoniaco e violento di Mammal, contraendosi in una lunga serie di blastbeat furiosi e riff sotterranei, prima di aprirsi - come prevedibile - alle solite distensioni atmosferiche, questa volta vagamente katatoniche e non più indissolubilmente legate alla matrice post-rock.
Rispetto a White Tomb, infatti, le divagazioni post-rock e il sound sludge sono ridotte all'osso nel nome di un ritorno al black metal originale che ha dell'ancestrale. Un black metal che, in ogni caso, continua ad apparire trasfigurato e tutto fuorchè canonico: ne è palese dimostrazione anche la terza (e più breve, solo otto minuti) When the Sun Drowns in the Ocean, agghiacciante rituale black-ambient che prende Mammal e lo trasporta in un limbo parallelo da cui si può realmente osservare il sole - e la sua luce, il suo candore, il suo calore - sprofondare nel gelo dell'oceano. Ultimo frammento di questa danza cobalto, All Life Converges to Some Center non aggiunge nè toglie nulla a quanto fatto vedere in precedenza dagli Altar of Plagues (se non per il taglio più pacato e "rock"), rimanendo come un episodio troppo debole laddove sarebbe stata necessaria la presenza di un vero e proprio gioiello come lo era stato in apertura Neptune is Dead.
Seducente e oscuro, atmosferico ma ancora visceralmente legato ad un sound marcio e roccioso, Mammal è la prova del nove di tutto ciò che gli irlandesi ci avevano fatto assaporare con l'imperdibile White Tomb. Sebbene l'esordio rimanga tuttora irraggiungibile per qualità, stile e atmosfera, gli Altar of Plagues hanno nuovamente dimostrato (al di là dell'inatteso cambio di etichetta) di essere uno dei più talentuosi progetti del black metal contemporaneo. Se di black metal si può ancora parlare...