Norio - Voce
Adachi - Chitarra e synth
Run - Chitarra
Daisuke - Basso
Mako - Batteria
1.Seed
2.Squeeze
3.Equation 999
4.Forsaken Last
5.Time Damages Me
6.Sandglass
7.Black Report
8.Planetoid
9.Story And Reality
10.Before Burning To Ashes
Cycle Repeats
Dal Giappone con furore. E proprio dal paese del sol levante, noto per la passione dei propri abitanti per le sonorità rock e metal ma non per il grande numero di gruppi capaci di avere richiamo internazionale, arrivano i Lost Eden, nome banale per una band comunque detentrice di un suond abbastanza personale, ma ancorato per bene alle sonorità metal-core tipicamente americane e più in particolare ai Killswitch Engage, chiamati più volte in causa nel corso del disco.
Quindi come facilmente presumibile, la lingua parlata in Cycle Repeats è un metal-core trascinanete e molto melodico, con una voce urlata e più vicina alla tradizione hard-core piuttosto che capace di addentrarsi in territori di metal estremo. Ciò che veramente fa la differenza è un ottimo uso delle tastiere e dei synth da parte del chitarrista Hisoshi Adachi, capace di dare spessore a molti pezzi, e la particolarità di avere una dotata batterista dietro le pelli.
Senza dimenticarsi della produzione che, pur essendo i Lost Eden al primo full-length e con alle spalle soltanto un ep (tra l'altro di ben sette anni fa), è di alto livello, con suoni ben definiti, strumenti equilibrati, senza sbavature di alcun tipo.
Nel suo incedere il disco rivela tutte le influenze della band, passando così da tonalità più tipicamente americane come in Squeeze o Equation 999, splendidamente arricchita da una tastiera "spaziale" che ogni tanto fa capolino e che si ripete con più peso in Forsaken Last (forse una delle più Killswicth Engage-style), e trascindandoci anche verso lidi più scandinavi e vicini a un death melodico di tipica fattura gotemborg come avviene per Black Report, Story And Reality e la bellissima finale Before Burning The Ashes, molto vicina ai Children Of Bodom degli ultimi due dischi, e che si candida insieme alla malinconica strumentale acustica Sandglass come la migliore del disco.
In definitiva, un bel disco, leggero da ascoltare e trascinante, con alcune tracce che colpiscono veramente. Ovviamente però le influenze si sentono e il loro peso è consistente, in generale, nella struttura dei riff, nei giri melodici e nella voce di Norio. Insomma un album che non porta niente di nuovo ne, d'altra parte, si dimostra inferiore a tante buone uscite che provengono dall'occidente. Consigliato ai fan del genere.