- Rob Darken - tastiere
1. Atlantean Monument (02:05)
2. The Temple Of Harmony (07:14)
3. Valleys Of Forgotten Tombs (06:43)
4. Shining Eyes Of Misty Witch (04:34)
5. Rain Healing The Wounds (07:57)
6. Secret Key To Hidden Wisdom (10:24)
7. Summoning The Wind (07:43)
8. Flame Of Ancient Glory (08:45)
9. Tower Of Cult Of Fire (05:08)
10. Garden Of The Wizards (04:37)
11. The Temple Of Sun (05:38)
12. Field Of Broken Swords (04:40)
Atlantean Monument
Ogni scena musicale ha i suoi capolavori, le sue band fondamentali, ma dietro ogni grande progetto si nasconde una grande personalità. Quando si parla di Black Metal uno dei nomi più ricorrenti è senz’altro quello di Robert Fudali, in arte Rob Darken. D’altronde, specialmente per quanto riguarda gli ambienti più intransigenti, il musicista e compositore polacco è ormai divenuto un vero e proprio punto di riferimento, una mente capace di suscitare spesso intense emozioni. Fra i tanti progetti del buon Rob (Graveland e Infernum su tutti), ce n’è uno che in passato ha saputo raccogliere critiche positive un po’ ovunque, oltre che ricevere l’apprezzamento di numerosi appassionati: Lord Wind. Nata nel 1994, la one man band incide un anno più tardi l’EP Forgotten Suns, che verrà poi ristampato come album dalla Full Moon Productions. Risale invece al 2000 il secondo full lenght dei Lord Wind, Heralds Of Fight, prodotto stavolta dalla No Colours Records, a cui è affidato anche il successivo Rites Of The Valkyries (2001). Il nuovo lavoro di Rob Darken e dei suoi Lord Wind si intitola quindi Atlantean Monument ed esce sul mercato, sempre per la No Colours, il trenta ottobre 2006.
Atlantean Monument si colloca nella tradizione Ambient tracciata da un grande compositore come Mortiis, nella sua prima era, e da molti altri progetti paralleli di diversi musicisti, soprattutto appartenenti alla scena Black. L’incipit del disco è trionfale, solenne, a tratti lontano dall’Ambient oscuro ed introspettivo proprio, ad esempio, dei Fata Morgana, dietro cui si cela la mente del solito Mortiis. L’obbiettivo di Darken non è infatti quello di avvolgere l’ascoltatore in un alone tenebroso, bensì di esaltare un mondo pagano tanto splendente quanto fittizio, come si evince tra l’altro dall’artwork del disco. Esso, a prescindere dal chiaro valore ideologico, non può che ricordare gloriosi tempi antichi ed epiche leggende dimenticate, rispecchiando perciò il contenuto di Atlantean Monument.
La No Colours presenta l’album classificandolo con il termine Folk, tuttavia ciò appare subito bizzarro e sinceramente esagerato. Atlantean Monument, infatti, non riesce ad evocare atmosfere suggestive al pari di un buon disco Neo Folk. Inoltre, i suoni del disco risultano estremamente plastici, quasi finti, penalizzando in questo modo gli arrangiamenti scritti dall’autore polacco. Se però ci si immedesima con le dodici tracce che compongo l’opera, è possibile apprezzare comunque i vari giri di tastiere, ovvero l’elemento fondamentale dell’album. Questi saranno anche ripetitivi, ma, come tradizionalmente capita nell’Ambient, la loro forza sta nel saper tratteggiare atmosfere altrimenti impossibili da raggiungere con la mente. Non c’è traccia di canzoni eccezionali, né tanto meno di passaggi memorabili: ogni singolo pezzo rappresenta semplicemente un capitolo di lunga opera, pacata e maestosa.
Preannunciato erroneamente come un capolavoro di Folk medioevale, Atlantean Monument è invece un buon prodotto Ambient, in grado di trasportare verso mondi lontani chi si lascerà cullare dal tocco, a tratti incantato, dell’abile Rob Darken. Atlantean Monument non è chiaramente un disco adatto a tutti, ma potrà comunque piacere a coloro che già hanno una buona confidenza con il genere.