- Evangelou Gerassimos – Voce e Strumenti
1. Drama Begins
2. The Gates of Solitude
3. Glory Through Death
4. Sacrilegium
5. Intermezzo
6. Ash to Ash and Dusk to Dusk
7. As a Sin
8. Dancing in the Dark
9. Escape
As A Sin
Lord Agheros è un progetto che viene dalle terre assolate del sud dell’Italia; da Catania più precisamente. La proposta musicale, tuttavia, non rispecchia assolutamente le caratteristiche di quella terra. Evangelou Gerassimos è la mente che ci cela dietro a questo lavoro, As A Sin, seconda fatica discografica dopo Hymn del 2007. Questo personaggio si occupa sia delle parti vocali di questo disco, sia degli strumenti al fine di portarci con sé attraverso questo viaggio oscuro nella tristezza e nella desolazione più profonda.
Lo stile di questa one-man band è decadente ed assolutamente angosciante. Di metal, nel vero senso della parola, qui ne troverete ben poco, poiché il nostro uomo si diletta per la maggior parte della durata del disco a suonare un genere che si può classificare come una via di mezzo tra il funeral doom, il gothic e l’ambient. I tempi non sono assolutamente veloci, come a voler descrivere una lenta agonia di un corpo lacerato dalle sofferenze e svuotato da ogni benché minima forma di felicità, accompagnando l’uso preponderante delle tastiere e del piano. Il mood del disco è incredibilmente oscuro, soffocante e sicuramente i pianti di sottofondo a Drama Begins ci fanno immediatamente capire cosa ci riserverà l’album in questione.
Le prime note di piano in The Gate of Solitude trasudano di malinconia e pura depressione. Qui il gothic, quello più tenebroso, è accompagnato da un acido screaming da parte del cantante. A dire il vero, proprio quest’elemento non combacia e non s’inserisce molto bene nelle influenze musicali del disco e sovente la voce così brutale pare un po’ forzata, seppure relegata quasi come sfondo, come a volere dare, giustamente, più importanza alla musica. Sicuramente, la melodia degli strumenti ci fornisce gli elementi più esaltanti dell’intero disco, poiché solo attraverso essa possiamo veramente capire il livello di sofferenza interiore che il musicista ci vuole trasmettere. La voce è come un surplus in dolore e proprio la tonalità estrema, ci provvede forse l’unica influenza dal black metal.
Sovente ci troviamo a che fare con momenti in cui le tastiere rubano la scena, lanciandosi in lunghe sezioni in cui il resto degli strumenti sembra addirittura non necessario, tanto che sono evocative queste semplici note. La chitarra pare quasi inesistente o semplicemente anch’essa non ha rivestito un ruolo fondamentale nel momento della stesura dei pezzi. Glory Through Death rievoca perfettamente il titolo in musica, posizionandosi a metà tra partiture al limite dell’ambient con tocchi epici e la classica andatura dark/gothic. Questa volta possiamo anche trovare dei cori in voce pulita che sicuramente fanno più bella figura per l’atmosfera del disco. Sacrilegium non perde nulla in termini d’influenze horror, ma cambia decisamente rotta man mano che si va avanti. Qui vi possiamo trovare influenze veramente particolari che rasentano ritmi tribali e arabi, mentre la chitarra si fa notare con più decisione.
Intermezzo è un momento riflessivo, a base d’arpeggi di chitarra, prima che le melodie eteree di Ash to Ash and Dusk to Dusk invadano le nostre orecchie per portarci attraverso scenari pregni di chiaroscuri. Il tocco velato delle tastiere si mescola con il passo cadenzato della sezione ritmica, con frequenti stop per dare risalto all’ambient. As a Sin mostra qualche tendenza al folk, da ricercarsi in maggior parte nell’uso delle chitarre acustiche, anche se l’impronta malinconica non abbandona neanche per un attimo la scena, sancendo il ritorno di molti breaks in cui gli strumenti si riabbracciano per continuare insieme. Dancing in the Dark si presenta come una traccia dall’incedere semplicemente spettrale grazie all’uso di note che rimandano al suono di un carillon abbandonato in una casa grigia, rispolverato dopo anni a farci tornare in mente ricordi piacevoli che si scontrano con la nostalgia provocata.
Escape suggella la fine di questo disco e lo fa con il suono di un organo, come a voler sostenere una marcia funebre, ultimo e unico passo verso la liberazione completa di un’anima tormentata. Pochissime influenze arabeggianti vivono ancora, ma il resto non è altro che mera oscurità ed essa ci conduce fino all’ultima nota di un disco che, per essere apprezzato fino in fondo, ha bisogno di tempo. Gustatevelo pian piano, magari durante una giornata di pioggia, in un ambiente silenzioso e molte porte si spalancheranno nella vostra mente. Io ne sono già rimasto colpito ed ora aspetto anche voi…