Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
2001
Line-Up: 
- Chester Bennington - voce
- Mike Shinoda - voce rap e mx, tastiere, missaggio, chitarra
- Brad Nelson - chitarra, voce secondaria, basso
- Joe Hahn - DJ pad
- Rob Bourdon - batteria, voce secondaria
 
Guests:
- Ian Hornbeck - basso nelle traccie 1, 9 e 10
- Scotto Koziol - basso nella traccia 2
- The Dust Brothers - beats ed elettronica nella traccia 3
Tracklist: 
1. Papercut
2. One Step Closer
3. With You
4. Points Of Authority
5. Runaway
6. By Myself
7. In The End
8. A Place For My Head
9. Forgotten
10. A Cure For The Itch
11. Pushing Me Away
Linkin Park

Hybrid Theory

Formatisi nel 1996 con il nome SuperXero, e dopo diverse vicissitudini (principalmente cambi di nome, line-up e lontananze dovute a college e università), i Linkin Park prendono nome e forma nel 1999 con l'acquisizione del versatile vocalist Chester Bennington. Il primo album esce per la Warner nel 2000 e si intitola Hybrid Theory, come uno dei precedenti nomi della formazione. Il lavoro, grazie ad un battage mediatico pazzesco, arriva a vendere 20 milioni di copie; batte quindi in vendite perfino i vari boom commerciali di Papa Roach, Disturbed e Limp Bizkit dello stesso anno, e questo elemento fa sì che Hybrid Theory diventi il disco che più di ogni altro riesce a svendere alle masse il genere nu-metal/rap-metal, trasformandolo in un trend commerciale e facendolo quindi banalizzare, sfruttare e finire.

Le tracce salvabili su questo album sono l'opener Papercut (che presenta dei beats che si fondono eccellentemente con il drumming, strofe paranoiche, chorus potente, finale emotivo), la ricercata Points of Authority (matura e creativa sotto ogni punto di vista), la potente Forgotten (voci alternate in rap-metal e chorus melodico eccellente), la conclusiva Pushing Me Away, l'avvolgente Runaway, e la power-ballad Crawling (dalle vibrazioni avvolgenti e ondeggianti tra introspezione e potenza). Il resto è sostanzialmente una variante della pop-music. Poco conta che ci siano chitarre elettriche e qualche urlo: One Step Closer è nu-metal semplicistico, radiofonico e mai così orecchiabile, With You ha di buono solamente i beats (creati difatti non dalla band ma dai The Dust Brothers), By Myself viene vitalizzata solamente dalle costruzioni vocali e dall'esplosione di basso iniziale, In the End è di un'orecchiabilità commerciale insostenibile e si salva solo nel testo (forse il meno banale dell'album), A Place for My Head si prodiga in un'imitazione blanda e quasi imbarazzante dei Korn, mentre Cure for the Itch è un'inutile traccia elettronica in cui il DJ Hahn mostra quanto sia bravo ad utilizzare i campionamenti. Il difetto enorme del lavoro è proprio l'insopportabile mood pop del tutto. Molte tracce sono inascoltabili per il loro suonare svendute e scontate nelle melodie (queste ultime spesso di stampo leggermente malinconico e accompagnate da testi incentrati su indefinite insicurezze adolescenziali -come da perfetto prodotto di mercato fortemente teenageriale-).
Tutto il disco è costruito su di un lavoro elettronico ricercato (di Hahn e Shinoda) parallelo al lavoro strumentale semplicistico (di Delson e Bourdon, entrambi sotto-sfruttati), coronato dalle noiose e ridondanti parti rap di Shinoda (che coinvolgono solamente nell'opener Papercut e forse nelle strofe di In the End), e trainato verso il successo dai vocalizzi di Bennington (il più dotato della band, capace di continui cambi di timbro e stile). Inaccettabile quindi, più che altro, l'idea alla base dell'album: plagiare le idee di rock band valide (Korn, Deftones) rendendo il tutto una scontata sequenza di tracce radio-friendly da 3 minuti, innocue, diluite, ripulite da qualsiasi forma di psicosi o volgarità (tutti i testi sono banalotti e perfettamente politically correct), per poi essere propinate ad una massa sconfinata di ragazzini cresciuti guardando MTV. Ma in realtà non è colpa della band, che anzi sembra avere perfino un discreto potenziale: la presenza dietro le quinte di un esercito di produttori in cerca di soldi facili si avverte fin dalle prime note.

Successivamente, Hybrid Theory non fa nemmeno in tempo a vendere i suoi 20 milioni di copie, che Shinoda rilascia sul mercato l'inutile Reanimation (Warner Bros., 2002). L'album è costituito unicamente da remix dei pezzi presenti su Hybrid Theory, e contaminato da un ossessivo piglio electro-hip-hop; il risultato sono una serie di remix nel migliore dei casi mediocri e nel peggiore dei casi orrendi. Su tutti si elevano unicamente i riadattamenti di Crawling Points of Authority. Poco successivamente la band include nella line-up anche il vecchio bassista Dave "Phoenix" Farrell, e registra il suo nuovo capitolo discografico.

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