- Fursy Teyssier - musiche, chitarra, basso, voce, artwork
- Winterhalter - batteria
- A. Hadorn - voce femminile
1. L’ Envol des Corbeaux
2. L’ Échappée
3. Les feuilles de l’Olivier
4. Song for Mountains
5. Sur les Quais
6. Effet de Nuit (Song composed for Phest)
7. Septembre et ses Dernières Pensées
8. Chanson d’Automne
9. Svipdagr & Freyja
10. Une Matinée d’ Hiver
Septembre et Ses Dernières Pensées
Settembre e i suoi ultimi pensieri.
Settembre e il suo lieve buio in cui i colori dell'estate cominciano a scurirsi. Settembre e la sua atmosfera lunare, la sua essenza in cui la vita intera comincia ad imbrunire. Settembre e il suo mistero, il cielo che si annerisce, le luci che si spengono, le fantasie interiori sospese nel crepuscolo. Il mite incontro della nebbia e del sole, delle stelle e della terra bagnata, delle tenebre e della luce.
Sin dal titolo del suo primo full-lenght, Fursy Teyssier simboleggia nella maniera più profonda i contorni e i sapori del mondo Les Discrets, di una fiaba oscura letta con occhi sbarrati prima di cadere nel sonno, di una favola notturna che all'interno nasconde un universo struggente di riflessioni e sentimenti di una vita. La sua.
Che Septembre et Ses Dernières Pensées sia un'opera dai forti connotati autobiografici lo si percepisce sin dall'inizio e non solo perchè Teyssier vi cura ogni singolo aspetto grafico e musicale, ma perchè le note, le atmosfere e i suoni riflettono senza mediazione alcuna il suo cuore e il suo rapporto con il mondo e, nella fattispecie, con la natura, vero fulcro concettuale e base 'lirica' dell'album. L'eterno riflettersi del sentimento umano sul mondo esteriore è ciò su cui Teyssier fa vertere in maniera globale l'orientamento della sua creatura, andando a scavare in maniera passionale e romantica nei più oscuri cunicoli della natura e dell'uomo che vi abita dentro. Un legame viscerale che il giovane francese espande e approfondisce con classe inaspettata, mettendo in luce i suoi molteplici background creativi: regista, musicista, poeta e disegnatore, Teyssier stende su un velo comune queste tre dimensioni che si intersecano e si completano, entrando in simbiosi all'interno di una ricerca estetico-artistica dannatamente affascinante. Il disegno si fa così musica, il suono si fa immagine, l'emozione si tramuta in sussulto, in forme animate che ondeggiano nello spazio.
Canzoni sulla natura, sull'amore, sulla morte.
Fondamentalmente Septembre et Ses Dernières Pensé colpisce in quanto prima, vera confessione completa dell'animo di Teyssier: laddove infatti il bellissimo split con i fratellastri Alcest metteva splendidamente in luce le peculiarità dei Les Discrets seppur ancora in una forma limitata e ridotta, ecco che Septembre raccoglie in maniera definitiva (quasi) tutto il materiale scritto da Teyssier dal 2003 al 2009, mostrandoci di conseguenza i segreti più profondi e le forme più vere del mondo immaginario del musicista transalpino. Un mondo che, tradotto in musica, gronda di malinconia, di un'intensità emozionale fuori dal comune, di una capacità di affascinare e commuovere semplicemente inarrestabile.
Septembre et Ses Dernières Pensé è la reinterpretazione moderna del romanticismo - nella sua accezione poetica e filosofica - d'impronta novalisiana, nel senso che a prevalere è proprio questa concezione dell'oscurità, della notte e della sensibilità naturale come limbo oscuro in cui tutto si smussa e perde la propria forma originaria, per riemergere successivamente in quanto nuova creazione plasmata dall'immaginazione dell'uomo e dal suo definitivo calarsi nella realtà naturale.
Black metal, dark ambient, post-rock, neofolk, shoegaze: hanno tirato fuori definizioni di ogni tipo nel tentativo di descrivere lo stile dei Les Discrets eppure, ascoltando l'album, si capisce il quanto ogni etichetta risulterebbe fuorviante e deleteria se applicata al gioiello di Teyssier. Diverso e più semplice diventa il discorso se al contrario si vanno a rintracciare le fonti di influenza dell'album, facilmente scovabili eppure sempre rielaborate con grande acume: è per questo che i Les Discrets suonano come i primi Ulver ma più dolci degli Ulver, sono gli Alcest più oscuri e criptici degli Alcest, sono i Katatonia più ariosi dei Katatonia, sono gli Agalloch più romantici degli Agalloch. Un'alchimia stilistica profonda, per certi versi ambiziosa ma forgiata con indiscutibile maestria, senza mai scadere nel plagio, senza mai annegare nella ripetizione, riuscendo insomma a presentare un prodotto nuovo e coinvolgente ma con profonde radici nella storia di quei gruppi che hanno di fatto segnato il metal più romantico e malinconico degli anni passati.
Poesia dell'uomo è specchio della natura. Poesia della natura è un uomo che lacrima.
Septembre et Ses Dernières Pensé è, come già detto, uno sguardo sulla Natura, e non è per questo un caso che l'album inizi con una traccia puramente ambientale, un'intro che silenziosamente ci introduce nei sapori forestali plasmati da Teyssier: L’ Envol des Corbeaux è un sotterraneo rituale dark ambient completamente immerso in un'atmosfera pacata eppure tesa, criptica, inquieta, dai cui ultimi frammenti sonori nasce e si sviluppa quello che è il primo capolavoro del disco, oltre che la composizone che per la prima volta ci mostra il cuore più profondo dei Les Discrets. Già presente nello split con gli Alcest (non sarà quindi una novità per chi si è innamorato della precedente release combinata), L’ Échappée è una gemma irripetibile di candore melodico e tensione emotiva, magnificamente trascinata dalla voce sognante e dalle trame chitarristiche di Teyssier, splendide tanto nella semplicità delle fasi distorte (che, alla stessa maniera degli Alcest, non graffiano bensì vanno a creare un'avvolgente dimensione semi-onirica) quanto nel cullante fraseggio della chitarra melodica che accompagna l'estasi drammatica del brano nella parte iniziale e in quella centrale. Una canzone splendida, come non se ne sentivano da tempo nello stesso settore, così bella da spingere Teyssier a riproporla come trampolino di lancio del full-lenght assieme a quell'altro gioiello che porta il nome di Songs for Mountains (anch'essa già presente nello split dell'anno scorso e qui nuovamente riproposta), il cui malinconico ondeggiare tra distensioni acustiche e robuste fasi distorte - che a tratti realmente sfiorano le travolgenti cavalcate effettistiche dello shoegaze - ci porta verso uno dei momenti più tragici e intensi dell'album. In tutta questa danza di chitarre struggenti e voci eteree, il black metal (come c'era da aspettarsi) latita e si fa scorgere solo a tratti, proponendosi in maniera più decisa nella sola, splendida Effet de Nuit, canzone originariamente composta per i Phest (vecchio complesso di Teyssier) e qui rielaborata in veste di anima più "nera" ed inquieta dell'album. Nonostante manchino elementi come la voce in scream e il blastbeat, Effet de Nuit è una canzone black a tutti gli effetti, graffiante nel riffing, più furiosa, oscura oltre che velata da un afflato mistico quasi gelido, principalmente rintracciabile nel cantato declamatorio e possente di Teyssier.
Eppure ci si rende conto della bellezza del disco e della sua incredibile varietà atmosferica solo quando a sciogliersi è la successiva Septembre et Ses Dernières Pensées: è infatti la titletrack a tirare improvvisamente fuori il cuore più candido e solare dell'album, trascinandosi in una mesta danza di voce, chitarre acustiche e batteria. Dopo l'oscurità, la tensione emotiva e la pressante malinconia dei brani precedenti (a cui vanno inoltre ad aggiungersi i sapori dark folk di Sur les Quais e quelli ben più tragici e ombrosi dell'ulveriana Les Feuilles de l’Olivier), la titletrack squarcia le tenebre dell'album e ne spezza l'atmosfera con una luce dolce e sognante, diametralmente opposta al mood oscuro e inquieto di Effet de Nuit e delle precedenti tracce. Ma il cuore più lacrimante di Septembre non è ancora terminato ed è così che Chanson d’Automne (prima dell'arrivo di Svipdagr & Freyja, altra gemma incastonata tra distensioni dark folk e possenti fraseggi distorti) si apre in tutta la sua alcestiana forza atmosferica, riportando delicatamente il disco verso momenti più bui e malinconici, come sempre contraddistinti da una grazia melodica e da un'intensità espressiva semplicemente disarmante.
Ultimo frammento di questa malinconica epopea nella natura e nel sentimento umano, Une Matinée d’ Hiver è la celebrazione, commovente e soave, del mondo naturale che rinasce e si rinnova dopo la tempesta e la pioggia incessante: le chitarre si aprono, la voce di Teyssier si alleggerisce, gli effetti ambientali accompagnano l'andamento festoso ma nostalgico del brano elevandone per l'ultima volta l'intrinseca dolcezza.
Gli occhi salutano il mondo che scompare.
Septembre et Ses Dernières Pensées riporta i Les Discrets splendidamente indietro al mondo forestale e notturno di Bergtatt, riaggiornandolo con una sensibilità armonico-melodica spaventosa e un linguaggio profondissimo, ben arrangiato e dalla forza emotiva semplicemente unica. La Prophecy - tanto per cambiare - ci ha visto alla perfezione un'altra volta e, potrà anche sembrare un azzardo, ma l'aver offerto a Teyssier un contratto di cinque album si rivelerà probabilmente uno degli investimenti più interessanti e fascinosi degli ultimi anni.
Con alle spalle un'etichetta coraggiosa e attenta (che per di più gli ha lasciato carta bianca per qualsiasi aspetto del disco), Teyssier ha tirato fuori dal cilindro un lavoro splendido che, a livello qualitativo, si avvicina maledettamente al tanto amato Souvenirs d'un Autre Monde di quegli Alcest che per anni sono stati i "maestri" di Teyssier e che adesso rischiano seriamente di essere superati dall'altrettanto giovane "allievo".
Menzione speciale al cofanetto digipack di questa meraviglia: arricchito da un booklet di 56 pagine - contenente testi, informazioni sulla band e disegni di Teyssier - e dal DVD di Tir Nan Og (bellissimo cortometraggio animato dello stesso artista francese), Septembre et Ses Dernières Pensées è complessivamente un prodotto che non può passare inosservato e che, anzi, andrebbe preso come punto di partenza per lo sviluppo di uno scenario black/neofolk contaminato che per l'appunto necessiterebbe molto più spesso di veri capolavori come questo.
Assolutamente imperdibile.