- Daniel Pucci - voce
- Antonello Rabuffi - batteria
- Marco Pulcini - basso
- Giulio Nardini - chitarra
- Daniele Roccagli - tastiera
1. La Fabbrica Dei Suoi Irraggiungibili
2. Smeraldo
3. Rubino
4. Luce e Colori: Idiocromatismo
5. Zaffiro
6. Diamante
7. Luce e Colori: Allocromatismo
8. Ametista
9. Topazio
10. Luce e Colori: Dimorfismo
11. Onice
12. Bonus Track - La Metamorfosi
La Fabbrica Dei Suoni Irraggiungibili
Con la variazione della line up interna nel 2006, i Golfo Mistico, band romana dedita a un progressive rock tutto
italiano, riformula il proprio nome in La sfera e si richiude per la stesura di un album che seguirà a Prologo, il primo risultato concreto nella propria esperienza musicale. Il successore: La Fabbrica Dei Suoni Irraggiungibili.
L'open track, il cui titolo rappresenta quello dell'album, sembra avere tutte le carte in regola per assolvere il compito di manifesto programmatico della band: progressive rock, stile semplice, pochi tecnicismi, musica leggera ma ricercata e pulizia del suono ad alti livelli.
Ceduto il passo a Smeraldo, esperimento di quasi dieci minuti con una struttura semplice contornata da brevi stacchi metalprogressivi,si passa a Rubino, traccia gradevole che con le sue tinte accese riscalda l'atmosfera. Segue la prima delle tre parti prevalentemente strumentali che scandiscono la presentazione dei brani cantati: Luce e colori: Idiocromatismo. Un giro di piano e di chitarra ci porta a Zaffiro, anch'esso lineare e semplice. Dei più graffianti riff di chitarra introducono Diamante, più vicino ad idee Hard Rock e Metal prima di tornare ad un ritmo progressivo che questa volta sfiora la cifra stilistica dei Porcupine Tree.
Le melodie di Luce e Colori: Allocromatismo, si ripetono e si sviluppano con Ametista, anche questo brano semplice ma non scontato. I ritmi e e i giri armonici di Topazio sembrano ispirarsi ancora allo stile dei Porcupine Tree: l'elettrica di Giulio Nardini richiama all'attenzione con un efficace riff ripreso poi alla fine del pezzo: uno dei momenti più interessanti dell'album per quanto concerne la combinazione tra effettistica e armonie di base.
Il terzo di Luce e Colori: Dimorfismo, uno strumentale di chitarra, ci porta a Onice, che insieme a Topazio rappresenta il momento più riuscito dell'album. La chitarra qui emerge ancor di più con delle idee di fronte alla quali non si può certo rimanere indifferenti. La Metamorfosi, momento conclusivo, si sviluppa su un disegno di chitarra ancora una volta coinvolgente assodando così in chiusura la distinzione di tale strumento in particolare nello sviluppo complessivo dell'opera.
Si tratta di una prova riuscita in fin dei conti. Un sound letteralmente cristallino soddisfa le pretese dei titoli delle tracce, tutte con il nome preso in prestito da quello delle varie pietre preziose. Le atmosfere influenzate dall'evidente intento di realizzare associazioni cromatiche ai brani musicali, ci proiettano in un contesto tutto naturale anche grazie al contributo di una copertina più che interessante, curata nella grafica e ben confezionata, in poche parole una veste adeguata al contenuto.
I testi curati costruiti su una ricerca sempre più attenta dei suoni appropriati, le idee presenti di una sperimentazione di rifrazione delle luci sonore nei cristalli lasciano sperare una crescita ulteriore nell'entroterra del progressive italiano.