- Miland "Mille" Petrozza - voce, chitarra
- Sami Yli-Sirniö - chitarra
- Christian "Speesy" Giesler - basso
- Jürgen "Ventor" Reil - batteria, voce
1. Hordes of Chaos (A Necrologue For The Elite) (05:04)
2. Warcurse (04:10)
3. Escalation (03:24)
4. Amok Run (04:12)
5. Destroy What Destroys You (03:13)
6. Radical Resistance (03:43)
7. Absolute Misanthropy (03:37)
8. To The Afterborn (04:53)
9. Corpses of Liberty (00:55)
10. Demon Prince (05:16)
Hordes Of Chaos
In un panorama Thrash Metal che ogni giorno vede nascere innumerevoli realtà debitrici della storica scena ottantiana ma incapaci di raggiungere i culmini compositivi dei pionieri del genere, chi continua a non deludere sono i maestri stessi. I ritorni sul mercato contemporaneo dei vari Annihilator, Testament, Slayer, Exodus, Death Angel, Sodom e Destruction hanno piacevolmente sorpreso anche gli affezionati del crudo Thrash della Bay Area o europeo, introducendo elementi comunque innovativi o affinando le produzioni e conferendo quindi sonorità più piene e corpose.
I tedeschi Kreator, che già nel 2005 avevano scosso i meandri dell’Extreme Metal con il loro valido undicesimo album di studio, Enemy Of God, aprono il 2009 con il successore Hordes Of Chaos, un concentrato di carica esplosiva che si sviluppa in 38 minuti devastanti.
Un primo tratto che spiazza l’ascoltatore rispetto a Enemy Of God è legato alla registrazione dell’album, più grezza e a metà tra le produzioni Old School e le nuove potenti proposte: in questo contesto più tagliente, i Kreator riescono ad evolvere un album solido, suddiviso in dieci tracce brevi, dotate dei classici ritmi frenetici ma prive di quella perfezione maniacale nella cura del suono ormai comuni a tutte le recenti uscite.
La voce di Mille Petrozza conserva quel tono affilato tipico dei lavori ottantiani, che ha reso celebri i vari Pleasure To Kill, Terrible Certainty ed Extreme Aggression e che si pone come strumento di comunicazione verso il pubblico, denunciando il pericolo dell’attuale propaganda bellica.
L’intento di Mille e compagni è quello di fare un salto nel passato, riscoprendo la dimensione del secondo album Pleasure To Kill (1986), più maturo del debutto Endless Pain, ed offrendo una panoramica delle sonorità proposte in sede live dalla band di Essen.
Una nota negativa è sicuramente la copertina, che ricalca costantemente lo stile dei Kreator, apparendo come una inutile “copia” dei vari Coma Of Souls, Violent Revolution e Enemy Of God; tuttavia conoscendo la personalità di Petrozza si può comprendere come egli non desideri discostarsi dalle pubblicazioni precedenti, come a voler tracciare un filo conduttore che connette indissolubilmente gli anni Ottanta alla scena del Duemila.
E’ difficile trovare una traccia che non sia travolgente e diretta, perché fin dalla seconda Warcurse all’ultima Demon Prince i Kreator mantengono alta la tensione ritmica, presentando sezioni insostenibili e il solito riffing impetuoso. La struttura di ogni canzone è impeccabile perché ormai il quartetto tedesco è giunto ad un elevato grado di esperienza, che permette di alternare alle parti propriamente Thrash Metal intervalli più silenziosi ed introduzioni d’atmosfera (Amok Run). Sono quasi totalmente assenti però gli elementi più sperimentali inseriti da Petrozza in album del calibro di Renewal, Cause For Conflict, Outcast e Endorama, che avevano fatto storcere il naso ai puristi del Thrash suonato nel primissimo periodo, carico delle influenze di Slayer, Metallica e Mercyful Fate.
Cavalcate come To The Afterborn scorrono via rimanendo impresse e, sebbene Hordes Of Chaos possa apparire troppo meccanico ad un primo ascolto, esso è un lavoro al di sopra della media nelle uscite Thrash, sia rispetto alle proposte europee che d’oltreoceano. Le formazioni che hanno ricercato le radici degli anni Ottanta spesso si sono conformate alla filosofia dell’Old School trascurando le soluzioni più d’avanguardia e allo stesso modo le nuove leve del Post Thrash perdono di vista gli anni d’oro del genere: i Kreator rappresentano invece con Hordes Of Chaos una via di mezzo che si tuffa addirittura dalla Germania alla Bay Area, proiettandosi in un nuovo misterioso decennio per il Thrash.