Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Polydor
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Jamie Reynolds - voce, basso
- James Righton - voce, synth
- Simon Taylor-Davis - chitarra
- Steffan Halperin - batteria

Tracklist: 

1. Echoes
2. The Same Space
3. Surfing the Void
4. Valley of the calm Trees
5. Venusia
6. Extra Astronomical
7. Twin Flames
8. Flashover
9. Future Memories
10. Cypherspeed

Klaxons

Surfing the Void

Nel 2007 i Klaxons furono tra le più interessanti leve dello sterminato calderone new rave, il tutto grazie a un disco - Myths of the Near Future - estremamente ballabile, divertente e perfettamente in linea con i canoni della moderna elettronica di successo. A questo punto viene spontaneo pensare che un complesso di questo genere continui, imperturbabile, sulla strada che l'ha portato alla fama internazionale, anche a costo di riproporre sempre la stessa paccottiglia, anche a costo di diventare una subdola macchina da soldi confezionata per indiekids e teenager.
Il bello è che con i Klaxons questo discorso viene letteralmente capovolto e letto al contrario: per averne conferma chiedere alla celebre Polydor Records che ha inizialmente criticato la band britannica di, addirittura, eccessivo sperimentalismo.
Ciò che rimane assodato è la stranezza e la quasi unicità dei Klaxons, tra le poche band mainstream moderne di successo ad aver avuto il coraggio di azzardare, sperimentare e ricrearsi in uno stile nuovo, oltre che decisamente più ostico di quello che è valso loro il successo su larga scala.

Così, a tre anni da Myths of the Near Future, il complesso britannico si reinventa improvvisamente e contro le previsioni di tutti, dimostrando allo stesso tempo di essere cresciuto e maturato nelle idee, nelle intenzioni e nella ricerca strumentale.
Surfing the Void si distacca così dal predecessore e (anche se non in maniera definitiva) dall'uragano new rave che di questi tempi ha raggiunto i suoi apici in termini di successo ed espansione commericale.
Cosa rimane allora dei vecchi Klaxons? Ovviamente la carica, l'impatto, la voglia di stupire e il bisogno di ipnotizzare il corpo in un ballo sfrenato. Perchè anche senza beat e synth roboanti, la band inglese sa perfettamente come trascinare l'ascoltatore, a prescindere dal suo background musicale. Surfing the Void è un disco che funziona principalmente proprio per questo, perchè in grado di farsi apprezzare tanto dall'indiekid spensierato quanto dall'ascoltatore attento e ricercato.
Nonostante la materia elettronica si sia assottigliata (perdendo in primis i suoi connotati più dance), l'impatto dell'album rimane immutato e, cosa ancor più importante, l'intero songwriting del gruppo ne esce profondamente rinnovato e anche migliorato.
Il sound è abrasivo, i riff strumentali vari e dinamici, il tutto sembra frammentarsi e ricomporsi alla velocità della luce; se da una parte, quindi, i Klaxons perdono in ballabilità e tasso di easylistening, dall'altra fanno un notevole salto in avanti per quanto riguarda sperimentazione e progressi compositivi, dando vita ad un album puramente insolito per un gruppo salito alla ribalta con tutt'altri intenti.
I gioielli di Surfing the Void vengono fuori proprio di conseguenza a questo intelligente processo di raffinamento e maturazione compositiva (Valley of the Calm Trees), salto in avanti che proietta la musica dei Klaxons in un disturbante mix di onirismo elettronico (continuamente a cavallo tra urbano e spaziale), di psichedelia (Venusia, Extra Astronomical) e di un indie ammiccante (The Same Space, Flashover) che però sa anche essere estremamente rabbioso, sfacciato, disturbante (Surfing the Void).

Surfing the Void è la pop culture britannica che assume endovena massicce dosi di sperimentazione, istrionismo, anche autocelebrativismo. In un periodo come questo in cui ci si svende nella maniera più meschina pur di fare squallide apparizioni in tv e agli awards, un tentativo di cambiamento e un felice azzardo come quello dei Klaxons non possono che essere premiati. Se si continua di questo passo, il "new indie" verrà marchiato come non mai a fuoco dalle roboanti follie di questo giovane quartetto made in Uk.


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