- Kele Okereke - voce, chitarra, programming
1. Walk Tall
2. On the Lam
3. Tenderoni
4. On the Other Side
5. Everything You Wanted
6. The New Rules
7. Unholy Thoughts
8. Rise
9. All the Things I Could Never Say
10. Yesterday's Gone
The Boxer
Solitamente, quando un personaggio decide di abbandonare la propria band dandosi a progetti solisti, lo fa per una ricerca di autenticità personale, di autobiografismo, di chiarezza interiore, di riflessione. Ribadisco il 'solitamente', perchè ci sono figure come Kele Okereke che quasi sputano addosso a queste impostazioni creativo-concettuali e quando si ritrovano da soli di fronte se stessi scelgono altre strade.
Cantante e chitarrista dei celebri Bloc Party, Kele Okereke - in ogni caso - non è uno scarso musicista, nè un artista privo di valore e, paradossalmente, è proprio il fatto che abbia scelto una carriera solista quasi del tutto priva di introspezionismo e romanticismo a testimoniare le sue abilità, la sua voglia di rivalsa, il suo essere.
Una copertina che non poco richiama una certa iconografia hip hop, un titolo sfacciato, che più chiaro non si può: The Boxer, ovvero Kele Okereke che indossa i guanti da pugilato e prende a cazzotti il mondo.
Uno scontro che il singer dei Bloc Party affronta con impeto ma anche con tanta voglia di giocare e sperimentare; chi si aspettava un qualcosa di spudoratamente vincolato al rock metropolitano degli indie masters londinesi deve però ricredersi, perchè The Boxer altro non è se non il tentativo di Kele Okereke di dimostrarsi abile e arruolato, capace e valido anche senza il supporto della sua band originaria.
Allontanamento dall'habitat primordiale che coincide con un abbraccio totale all'elettronica, materia che - nonostante tutto - il cantante di anglo-nigeriano risulta saper gestire con non trascurabile efficacia. Una musica bizzarra, a tratti molto cerebrale, in cui pop, rock ed elettronica si snodano e si incastrano in continuazione, rendendo l'album sfaccettato ma al contempo di non facile assimilazione, in special modo per ascoltatori non abituati a questo tipo di sonorità.
L'opener Walk Tall ne fornisce un esempio più che lampante; su un classico 'responsorio' pseudo-militare si innesta infatti un synth che più grave e abrasivo non si può, trascinando l'atmosfera del brano verso toni acidissimi e stridenti che, alla fine dei conti, risulteranno come tra i migliori momenti dell'intero album. Il passaggio di Kele all'elettronica non è quindi graduale, non è pacato bensì ruvido, inquieto e sfacciatamente diretto: i contorni acid house della seconda On the Lam lo dimostrano in maniera ancor più evidente, seppur senza raggiungere il livello qualitativo della precedente traccia (Kele è abile nell'aprirsi verso distensioni house e d&b ma, in questo frangente, non lascia per niente il segno). Stesso discorso vale per il primo singolo estratto Tenderoni, puro divertissement per il musicista nigeriano che si diverte a rielaborare e reinterpretare la hit del grime-godfather Wiley, ovvero la celebre Wearing My Rolex: The Boxer raggiunge così in pochissimi istanti il massimo dell'easylistening e della ballabilità, smarrendo però la personalità e le buone idee messe in mostra nell'opener. Quando è il turno dell'insipida On the Other Side, poi, è lecito pensare che di qui in avanti l'album conintui a perdere colpi e la seria possibilità di riprendersi, disperdendosi in piatte masse sintetiche prive di groove e di qualsiasi intensità melodica. Se all'inizio, quindi, The Boxer balbetta e non si snoda in maniera positiva, man mano che si procede Kele guadagna improvvisamente in maestria nel programming e soprattutto nel songwriting; è infatti nella seconda parte del disco che si trovano i suoi spunti migliori, frammenti sintetici meglio costruiti e abbinati alla dimensione pop-rock in maniera decisamente più emozionante.
A rendere possibile tutto ciò una vera e propria sfilza di piccolissime perle sospese tra indie, elettronica e pop, in una dimensione in cui peraltro - al di là delle aspettative - Kele incomincia a riscoprire se stesso aumentando vertiginosamente il contenuto e la profondità melodica dei suoi brani: l'orecchiabile Everything You Wanted, i toni più dolci di The New Roles e la più trascinante Unholy Thoughts (rimando diretto ai Bloc Party e al loro, ormai riconoscibilissimo, indie) sono i primi esempi di questo improvviso mutamento compositivo che, ad ogni modo, deve ancora conoscere le sue espressioni migliori. Perchè se anche il cuore vuole la sua parte, allora è giustissimo ritagliarlela e donargliela con grazia e passione; è così che si succedono splendidamente Rise (cullante e romantico synth pop, ottima peraltro nel travolgente bridge big beat) e il gioiello All The Things I Could Never Say, ballata sintetica sommessa e malinconica, toccante controprova della passionalità e dell'interiorità (solo ora pienamente svelata) di Kele.
The Boxer è un album non semplice proprio perchè proveniente da un artista dalle molteplici anime musicali: il connubio di pop, indie ed elettronica è interessante e ben sviluppato, al contrario delle fasi esclusivamente sintetiche (dance, insomma) che Kele organizza in maniera approssimativa e senza il necessario slancio melodico. Un disco che inizialmente non si sviluppa bene, si intoppa, si smarrisce ma, proprio a metà del suo corso, ritrova miracolosamente la strada con una serie di canzoni di tutt'altro livello.
Fosse stato più continuo e maggiormente approfondito nel suo fascinoso legame tra pop ed elettronica, probabilmente The Boxer sarebbe un lavoro incredibilmente migliore di quello che è in realtà. Se le premesse sono queste, Kele Okereke non avrà difficoltà ad affermarsi anche come solista.