- Tom Meighan - voce
- Sergio Pizzorno - chitarra
- Chris Edwards - basso
- Ian Matthews - batteria
1. Club Foot
2. Processed Beats
3. Reason Is Reason
4. I.D.
5. Orange (interlude)
6. L.S.F. (Lost Souls Forever)
7. Running Battle
8. Test Transmission
9. Pinch Roller (interlude)
10. Cut Off
11. Butcher Blues
12. Ovary Stripe
13. U-Boat
Kasabian
Milioni di copie vendute. Numerose recensioni positive. Acclamati come gruppo rock dell'anno 2004 da diverse testate giornalistiche. Headliners di vari festival ancor prima di debuttare su disco. Fra le innumerevoli promesse rock inglesi che spuntano come funghi ogni giorno che passa, i Kasabian si presentano con le referenze necessarie per essere sul serio un gruppo sensazionale, meritevole di tutti gli elogi espressi in loro favore, e non una semplice "next big thing". Sarà davvero così? Una risposta a questa domanda non è scontata; procediamo dal principio: dovevano essere i nuovi Oasis, e c'è da dire che il vocalist Tom Meighan in alcuni punti ricorda abbastanza mister Gallagher; ma credetemi, le somiglianze (a parte qualcosina) potrebbero terminare qui: i Kasabian (nome proveniente da una seguace di Charles Manson, Linda Drouin Kasabian, che poi lo tradì e fu fondamentale testimone per incastrarlo) percorrono un sentiero differente, tentando di ritagliarsi un proprio spazio a metà fra il movimento revival e quello pop/rock alternativo, combinando il tutto con un collante electro-rock/Madchester style; influenzati in primis dai Primal Scream di Screamadelica (che i quattro di Leicester si sono sicuramente ascoltati moltissimo) per la componente elettronica in unione con rock e pop, a cui si aggiungono Stone Roses, un tocco di Cooper Temple Clause e al loro rock particolareggiato ed effettato. Possiamo aggiungere a questo anche i Placebo con le dovute proporzioni, qualcosa dei Kula Shaker e diversi riferimenti localizzati.
Avendo questa caratteristica anch'essa come spunto acquisito e rielaborato, nei Kasabian vi è una forte caratterizzazione della sezione ritmica, soprattutto del basso, molto in evidenzia e che costituisce il cardine di ciascuna delle tredici canzoni di questo platter. Un cantante carismatico e un pizzico sfrontato (ma tutto il gruppo è anche, per davvero, arrogante, basti pensare agli insulti dati ai My Chemical Romance) come Meighan è infine il frontman adatto per catalizzare l'attenzione dei media su questi giovani emergenti. Così nel 2004 rilasciano il tanto atteso debutto, l'omonimo Kasabian.
Insomma, sembrerebbe un pedigree di tutto rispetto, con varie influenze da gruppi di grande caratura, eppure i Kasabian non riescono a fare di queste influenze materia propria, non del tutto. Ciò non è necessariamente un male: in fondo, altri dischi come London Calling dei Clash sono entrati nella storia pur non inventando nulla; ed inoltre, ancora, proprio negli ultimi anni sono venuti alla ribalta nella scena inglese dei gruppi neonati (Editors?) ma anche con qualche annetto sulle spalle (Anathema? Porcupine Tree?) capaci di realizzare ugualmente dei dischi molto buoni e personali, nonostante non innovativi in senso assoluto. Ma... c'è un ma.
Sicuramente è un platter divertente e ricco di energia, di melodia, e riuscitissime hit come Club Foot o Processed Beats, con i loro refrain trascinanti e i chorus altamente orecchiabili, sembrano confermarlo. E si continua alla grande con Reason Is Reason (a metà fra Strokes, Black Rebel Motorcycle Club e Stone Roses) e proseguendo con I.D. fra reminescenze che ricordano il trip hop e versanti maggiormente Deathinvegasiani, mentre L.S.F. vaga da dai Cooper agli Interpol passando per i Remy Zero e gli onnipresenti Primal Scream. In Running Battle invece lo stile rievoca dei Gorillaz con linee vocali degli altrettanto onnipresenti Cooper Temple Clause al posto di quelle di Albarn. Gli inglesi hanno talento nel saper coinvolgere e divertire, e sanno trovare spessore sia nelle prime canzoni più rockeggianti che nelle successive in cui l'effettistica cresce di misura. Purtroppo, difettano ancora di personalità, e la sensazione non solo di "già sentito", ma anche di album "derivativo", in certi momenti rimane forte. Non è già solo questione di fare qualcosa che semplicemente suoni fresco e non già detto, ma di fare qualcosa che sia proprio, anche magari traendo spunto da sonorità altrui, ma almeno generando qualcosa di personale; spesso i Kasabian sono ancora debitori dei loro ispiratori, a volte anche troppo, e si arriva addirittura al punto che in alcuni casi è possibile persino trovare, leggermente velate, delle "citazioni furbette" (chiamiamole così) ad altri gruppi: salta subito all'orecchio Butcher Blues, che rasenta il plagio da Talisman degli Air, mentre il motivo di Cutt Off ricorda davvero molto l'attacco iniziale di Just dei Radiohead. Degli scopiazzoni? Forse no, per fortuna; solo una band ancora immatura e acerba così come tante altre giovani formazioni, che ha avuto la fortuna/sfortuna di finire nel solito circolo dell'iper-esaltamento mediatico in grande stile (con innumerevoli giornalisti faziosi giunti ad attribuire loro meriti che non hanno e a proporli come nuovi paladini del rock made in UK). Una "novità" capace di dare uno scossone al mondo rock e pop del Regno Unito, insomma, questo esordio lo è stato decisamente di più per il grosso hype attorno ad esso che per altro. Non aspettatevi quindi un lavoro che faccia storia. Eppure, chiudendo un occhio su molti difetti, si nota un songwriting divertente, davvero godibile e che sfocia in un gran numero di canzoni trascinanti (che dire ancora di Test Trasmission?) che sanno essere contemporaneamente anche molto atmosferiche (mancano all'appello Ovary Stripe e U-Boat in chiusura d'album). Un lavoro che sa essere accattivante e melodico al punto giusto, con beat dinamici, buona elettronica di contorno, refrain vari molto orecchiabili... ciò che realmente gli impedisce di decollare, quindi, è che non tutto è farina del sacco degli inglesi, in larga o stretta misura. Ciò, però, ha una certa attenuante, la già citata immaturità (ben diverso sarebbe il discorso se in questa situazione si ritrovasse d'improvviso un complesso già affermato da tempo) per la quale si può dare maggior peso al piglio incalzante che ci viene offerto, piuttosto che alla tendenza a deficitare di personalità (in alcune canzoni in maniera troppo pesante, come già detto).
Non dimentichiamoci quindi che i quattro di Leicester sono ancora al primo disco e davanti hanno tutta una carriera in cui maturare: sarebbe assurdo pretendere, per fare un esempio, che i Radiohead fossero partiti con Ok Computer invece che con Pablo Honey, o che gli ultimi album dei Beatles fossero stati i primi, figuriamoci per un gruppo nato in piena epoca revival.
Cosa ci lascia questo omonimo esordio dei Kasabian, dunque? Mah, in parte poco, in parte molto... certo, complessivamente non è un disco che fra qualche lustro ricorderemo come pietra miliare di questo decennio, ma nel suo piccolo riesce ad essere catchy quanto basta; forse più per un novizio (come per i tanti fan dei vari Strokes, Franz Ferdinand, Killers e clonalia) e per chi invece non da molto peso a certe cose e si lascia trasportare dall'impeto delle note, ai quali sicuramente questa scarica di energia e melodia piacerà molto, che per chi cerca qualcosa che sia ben più personale di questo debutto: per questo, consigliamo senza indugi Kasabian a chi ha meno pretese (fate così: se certi concetti non vi toccano, e non vi importa di sentire in alcune canzoni un forte senso di dejavù da questo o quell'altro gruppo o canzone in particolare, aggiungete mentalmente venti punti al voto finale), riservandoci però di suggerire anche la successiva scoperta dei loro ispiratori. Anche se rimane perfettamente comprensibile il considerare negativamente questo disco (con, al contrario, venti punti in meno), noi non ci sentiamo di bocciarlo; certo, lo ridimensioniamo enormemente rispetto alla pompatissima reputazione che gli è stata costruita attorno, ma al tempo stesso diamo fiducia ai Kasabian con una sufficienza, sperando che nel frattempo i ragazzi di Leicester crescano e maturino, creandosi una maggiore personalità propria ed evitando di appiattirsi per poi naufragare nel mare della mediocrità insieme a tante altre meteore.