1. Envelop
2. Keep Up the Good Work
3. The Magic Place
4. Cloak
5. White Flag
6. Vow
7. Bob In Your Gait
8. Prizewinning
9. Flown
The Magic Place
L'eterea ed impalpabile artista della Louisiana, ora di casa a New York, è qui alle prese con il suo secondo full length, a quasi cinque anni di distanza dal suo esordio Sanguine. La ricetta, per quanto infallibile alle orecchie di chi ama certe sonorità, è fondamentalmente la stessa: sampling, loop, voce eterea e fatata, testi in linguaggi indecifrabili, ad eco personalizzato delle grandi glorie del genere, quali Enya e Björk.
L'album si apre con Envelop, delicatissima litania con soavi voci sovrapposte, le quali garantiscono un intreccio musicale che rende pressochè inutile l'ausilio di alcuna strumentazione, ma la nostra opta per un sottile outro di pianoforte a traghettarci alla seconda traccia, Keep Up The Good Work, dai giochi vocali analoghi al primo brano, ma stavolta accompagnati dal suono di un battito cardiaco, con la comparsa di piano e basso a partire dalla metà a rinvigorire la composizione. Il brano omonimo ha un sapore particolarmente crepuscolare e celtico, quasi adatto ad una nuova versione della colonna de Il Signore degli Anelli, mentre a seguire troviamo Cloak, pregno degli echi delle cattedrali altomedievali, riconducibile al tipo di composizioni di Hildegard Von Bingen, allietato da un quasi superfluo piano. White Flag, con il suo gioco di timbri alti, bassi ed intermedi tra diversi ipotetici cori, affida il tempo ad un impalpabile basso; Vow, dal tessuto strumentale più cospicuo rispetto ai precedenti brani, è una dolce ninna nanna in attesa di Bob In Your Gait, in cui si dà più importanza agli strumenti reali che alla voce, la quale s'è rivelata uno strumento degnissimo. Una chitarra ed un piano suonati da mani elfiche non involgariscono, per quanto si possa immaginare di involgarire, la dolce e delicata atmosfera che si è creata; tuttavia, per quanto leggero, il beat di Prizewinning lascia un po' straniti, mentre il cantato può risultare dalle sonorità natalizie. A risollevare dall'atmosfera onirica, a metà brano si inserisce uno snare, che per quanto aggraziato e retrò, stona. A conclusione del disco troviamo Flown, suddivisa in una quasi monocorde parte a cappella e una parte solo piano,a guidarci lentamente fuori dal sogno.
Il disco è molto fine e femminile, Julianna ha una buona padronanza della sua voce in diversi timbri e impostazioni e i brani hanno una lunghezza sufficiente a non risultare noiosi e troppo dilatati, tuttavia le strutture (fade in di voci senza accompagnamento, inserimento strumentale a metà brano, conclusione generalmente senza cantato) potrebbero risultare troppo ripetitive in un genere che è già ripetitivo di suo; per essere già al secondo full length (senza dimenticare l'EP Florine, del 2009) non ci sono grandi evoluzioni, nè cambiamenti, nè personalizzazioni di stile. Per quanto fascinoso possa essere un ascolto di un incrocio tra Enya e Natural Snow Buildings in una stanza d'ovatta, è più indicato come sottofondo ad una delicata mattina primaverile che come ascolto concentrato e attento.