- Jon Oliva - voce, pianoforte, tastiera, chitarra
- Matt Laporte - chitarra
- Shane French - chitarra
- Kevin Rothney - basso
- John Zahner - tastiera
- Christopher Kinder - batteria
Guests:
- Tony Oliva - chitarra 12 corde in Still I Pray for You Now
- Anthony Oliva - basso in Still I Pray for You Now
- Christopher J. Oliva - chitarra acustica ed elettrica in Still I Pray for You Now
1. Through the Eyes of the King
2. Maniacal Renderings
3. The Evil Beside You
4. Time to Die
5. The Answer
6. Push It to The Limit
7. Playing God
8. Timeless Flight
9. Holes
10. End Times
11. Still I Pray for You Now
Maniacal Renderings
Si presume che per la grande maggioranza di chi stia leggendo questa recensione non ci sia bisogno di spiegazioni riguardo l'identità di Jon Oliva, famoso cantante, pianista nonché compositore-leader dei Savatage, storica band Hard Rock/Heavy Metal anni '80. Se non avete mai sentito parlare di questo nome né del gruppo, allora lasciate stare e chiudete la recensione, perché per comprendere il ruolo e il valore dei Jon Oliva's Pain, il progetto solista ufficiale fatto esordire dal Mountain King nel 2004, bisogna necessariamente conoscere la formazione americana e chi furono i fratelli Oliva. A due anni dal debutto Tage Mahal, seguendone in parte gli schemi, questo Maniacal Renderings si propone come un disco che ritorna in parte sullo stile dei Savatage più duri e grintosi, cioè quelli della prima parte della loro storia, con alcune soluzioni melodiche venute dagli anni successivi. Come in uno sguardo sul passato dato che l'influenza principale è data dagli album di inizio e poi metà carriera. Aggiungiamo influenze dal John Petrucci (Dream Theater) più Thrash e a certo Prog Metal più convenzionale, ed anche il fatto che i chitarristi LaPorte e French abbiano ben appreso lo stile del compianto Criss Oliva e di Al Pitrelli (ma c'è anche lo zampino di Jon). Il risultato è come si può facilmente intuire abbastanza auto-derivativo e fortemente richiamante diversi momenti della carriera dei Savatage, in alcuni momenti troppo. L'iniziale Through the Eyes of the King, per esempio, è un recupero dell'energia di Hall of the Mountain King, molto simile soprattutto nel ritornello (non solo per le parole ma anche per il canto), ma questi richiami continuano anche in seguito nel corso del full lenght. Nel confronto con il precedente e con i Savatage, Maniacal Rendering sembra quindi dire molto di meno, o peggio, riscaldare i resti della pietanza, rimettendoci in freschezza e originalità. Rimangono tuttavia lo stile inconfondibile della grande voce di Jon, sempre piacevole da ascoltare per i sava-fans, il suo carisma unico, e le sue canzoni che, seppur apparendo molto meno originali, riescono a dare alcuni momenti in ogni caso godibili e ascoltabili. Infatti il target principale dei Jon Oliva's Pain sarebbero proprio i vecchi fan dei Savatage che sono pronti a chiudere un occhio su alcuni difetti e a godere della loro musica: per tutti gli altri, che esigono molto di più da un frontman del calibro di Jon, rimarrebbe la forte sensazione di "già sentito", che manchino la novità e la magia che sapevano ricreare alcuni capolavori passati dei Savatage. La cosa non è nuova, già l'ultimo album loro, Poets & Madmen, non aveva molto da dire, eppure manteneva atmosfere cupe ed affascinanti e alcuni brani di ottima fattura. In Maniacal Renderings le due cose sono considerevolmente attenuate.
Dopo aver anticipato la canzone iniziale nell'introduzione passiamo nell'ascolto al secondo brano, cioè la titletrack; è il più incisivo del lotto, grazie alla graffiante voce di Jon e ad un intermezzo sinfonico, purtroppo il più approfondito dell'intero disco, di quello stile che fa sempre piacere sentire. The Evil Besides You è una ballad acustica che poi si sviluppa in maniera più rock, come già spesso abbiamo sentito nella discografia dei Savatage, in particolare su Streets. La canzone però ricorda maggiormente Morning Sun di Wake of Magellan col suo particolare piglio e i suoi riff. Time to Die sembra veramente suonata dal Criss Oliva più duro, dando una buona dose di energia, a cui come contrasto segue la ballad malinconica The Answer; sembra un incrocio fra Back to a Reason (Poets & Madmen) e Believe (Streets) per le linee vocali e certe schitarrate ed è gradevole come nei soliti standard di Oliva nonostante la sensazione di "richiamo". Push It to the Limit va su un thrash più aggressivo, con utilizzo del pedale in combinazione con i riff che fa ricordare Taunting Cobras (Handful of Rain); non ne ha però la stessa intensità, e rispetto ad un vero thrash metal stile Bay Area la canzone è abbastanza offuscata in impatto e potenza. Playing God rimane in ambito simil-thrash, ma quello più melodico e sinfonico di canzoni come Doesn't Matter Anyway (Dead Winter Dead) o Another Way (Wake of Magellan), privilegiando ancora di più nel suo sviluppo quei due elementi. Timeless Flight è una nuova ballad, con il canonico, convenzionale sistema del pianoforte malinconico, voce struggente e intense chitarre che sprigionano emotività soprattutto nell'assolo, in definitiva molto bella, soprattutto nel finale, ma già stancamente sentita molte, troppe volte da altrettanti gruppi. Holes poteva stare su Sirens, tant'è che ne riprende anche gli acuti della titletrack, ma la canzone non convince appieno, troppo piatta e monotona rispetto al complesso del disco. End Times è, ad ascoltarne l'inizio, l'ennesima ballad; questa alternanza già dovrebbe ricordare fortemente come anche per Streets fu utilizzata. Così come sempre su Streets capitava che alcune ballad si evolvessero in rocker cupe e decise per poi rimescolare un po' il tutto. Pray for You Now è, indovinate, una ballata che scorre libera senza troppe lodi nè infamia, ma toccante e sincera. Il suo lato affascinante però è la partecipazione di altri membri della famiglia Oliva; in particolare un certo Criss J. che dovrebbe far scoccare una nostalgia forte in tutti i fan. A giudicare dal titolo e da questa partecipazione, il brano è molto probabilmente un tributo a Criss M., il cui ricordo è vivo più che mai.
Spendiamo qualche parola di chiusura: esattamente il progetto non dice nulla di nuovo, a volte appare pure ripetitivo, e spesso appare scontato e prevedibile. Tutto appare molto meno originale, e le canzoni sono discrete e nulla più, senza darci pezzi realmente grandi. Tuttavia, permane quella specie di feeling che Jon Oliva riesce a ricreare in qualunque disco vi sia la sua mano. E' apprezzabile la sua voglia di dare sfogo alla sua vena creatrice, si prova piacere vederlo attivo e con voglia di comporre (anche troppa, dato che fra i suoi numerosi progetti si è abbastanza messo in difficoltà con i contratti e deve comporre in breve tempo parecchi album, a discapito della concentrazione e del prossimo album dei Savatage che viene costantemente rimandato). Mentre sembra chiaro che l'ispirazione sia insufficiente, soprattutto rispetto a quella che lo colse nel suo apice come compositore dopo la morte di Criss, cioè il 1996 con Dead Winter Dead. Un pizzico di delusione finale quindi, perché Jon ha le capacità di fare molto meglio, e Maniacal Renderings non brilla particolarmente. Lo si consiglia a tutti i fan di Jon Oliva che attendono con impazienza ogni suo lavoro, mentre per gli altri non c'è molto da offrire, se non il consiglio di non cestinarlo immediatamente perché ad ogni ascolto il disco cresce e si inizia ad assaporare meglio le canzoni.
Infine c'è da chiedersi come stanno proprio i Savatage. Domanda difficile, anche perché molti ritengono (e non avrebbero poi tutti i torti) che gli album dei Jon Oliva's Pain sarebbero potuti essere targati Savatage e non sarebbe cambiato nulla (forse però sarebbero stati più adatti i Circle II Circle anche se Jon con loro ha composto ma non registrato). In realtà dopo Maniacal Renderings sembra che l'intento di Jon con questi due album fosse quello di avere un progetto personale più per divertirsi e portare avanti un determinato trademark, perciò si può azzardare che, forse, il prossimo album dei Savatage sarà qualcosa di realmente diverso, anche per rispondere alle critiche, a volte eccessive, ricevute dopo Poets & Madmen da chi si attendeva qualcosa di più. Tuttavia, il disco è da anni che viene rimandato in continuazione, e il tempo passa. Forse, se mai lo vedremo, potremo avere fra le mani un disco sensazionale, come anche una grossa delusione. Attendiamo, e vediamo cosa ci riserberà il futuro, fiduciosi in Jon, Paul e tutti gli altri.