- Dino Frati - Batteria
- Michele De Francesco - Voce/basso
- Stefano Fisichella - Chitarra - Voce
1. Metameria
2. The flight
3. Tamed Smoked
Lights On
La zona milanese è sempre molto ricca di giovani gruppi emergenti con tanta voglia di fare. Tra questi possiamo annotare i Jolly Good Meal che, per la precisone, arrivano da Busto Arsizio con un'unica speranza: allargare le proprie radici su tutto il territorio italiano e, magari, su quello internazionale. Lights On, purtroppo, è solamente un mini demo che però lascia presagire e trasmette chiaramente quella che è la filosofia del trio Hardcore in questione. In realtà il genere che più gli si accosta sarebbe lo screamo ma, a tratti, si toccano vette più tendenti all'hardcore con tantissime sperimentazioni soprattutto per quanto riguarda i cambi di ritmo e di atmosfera.
Possiamo dire che il continuo passaggio da un genere all'altro sia il loro fiore all'occhiello anche se, alcune volte, tale passaggio non risulta essere molto naturale ma piuttosto forzato. Detto questo, però, bisogna sottolineare il buon bilanciamento dei suoni con una vocazione particolare per il sound stridulo e tagliente. L'idea che ci si fa nell'ascolto è quella di un gruppo che si è trovato a dover registrare il disco in condizioni poco convenienti, con amplificatori non di grande taratura, dando come risultato un'uscita audio piuttosto tirata, al limite del voltaggio sostenuto. Questo però dà un certo gusto retrò da dischi dei primi anni '80 donando un tocco di originalità che potrebbe essere il biglietto da visita del gruppo.
I brani si basano tutti su un filo conduttore comune: aggressività e melodia allo stesso tempo; le chitarre svolgono il carico maggiore prendendosi così il ruolo principale all'interno delle canzoni; la batteria non si distingue per abilità e fantasia ma riesce a dare il minimo indispensabile per condurre ogni pezzo. Il tutto viene contornato da una voce urlata con tonalità alte aiutata, nelle parti melodiche, da un effetto a metà tra riverbero e delay per dare un tono più profondo.
L'abum, quindi, non risulta essere male, grazie soprattutto al sapiente uso degli strumenti nel loro complesso.