Nati nel 1995 dalle ceneri dei Cap'n Jazz, gli sperimentali Joan Of Arc, "coronano" i primi dieci anni di attività pubblicando nel 2006 The Intelligent Design of Joan Of Arc, un lavoro che raccoglie tutte le rarità, le tracce presenti solo su formato vinile, e i bonus delle edizioni giapponesi. La collezione mette in evidenza tutte le caratteristiche della band Indie/Post Rock capitanata dal front-man Tim Kinsella, attivo ormai da un decennio a plasmare composizioni fuori dal comune perché lontane da approcci commerciali e dalle sonorità più dirette del genere.
Tim nella sua carriera non ha mai ricevuto dei grandissimi responsi da parte del pubblico internazionale, che spesso ha sminuito la sua opera a causa delle soluzioni troppo azzardate adottate e poi sviluppate in tutti i full-lenght.

The Intelligent Design of Joan Of Arc si colloca sempre sullo stesso livello dei precedenti, forse risultando ancora più noioso per il larghissimo impiego di timbri atmosferici, interrotti troppo frequentemente da inserti elettronici spiazzanti e non omogenei al contesto. Il viaggio dei Joan Of Arc e di Kinsella si articola in diciannove tracce, completamente amorfe perché troppo votate a ripercorrere meandri sperimentali che risultano poco appetibili pur essendo frutto di un’attenta ricerca stilistica.
Tracce come Trial at Orleans o la nona I’m Sorry I Got So Drunk Before my Solo Set in Tokyo rappresentano delle prove di abilità compositiva discretamente riuscite, ma i passaggi monotoni e a dir poco riempitivi sono numerosissimi e rallentano un andamento già di per sé fiacco.
Parecchie le reminescenze da altri stili derivati dall’Indie, come Ambient/Elettronica nelle sezioni avvolgenti o Emo/Garage Punk negli interventi distorti (figli della precedente band Cap’n Jazz).
Anche l’impostazione vocale è alquanto variegata ma ciò non basta per garantire un risultato soddisfacente, se non a tratti: Tim Kinsella non riesce a stupire neanche con gli inediti che appaiono piatti e spesso troppo avventati, sia negli arpeggi di chitarra o nei temi di tastiera, sia negli sporadici accompagnamenti di batteria.

Se forse i Joan Of Arc sono stati ingiustamente penalizzati nei giudizi dati dalla critica Indie mondiale per la loro direzione non lineare e parecchio inusuale, non si può parlare di ingiustizia musicale quando si storce il naso all’ascolto di questa raccolta del 2006.
Sconnessa in tutte le sue parti e dotata di sole poche idee interessanti, l’opera si perde nella sua ripetitività, non riscuotendo l’attenzione dell’ascoltatore ed apparendo pertanto dozzinale e pesante da sopportare. Totalmente da rivedere le strutture delle canzoni da parte di Tim, artista forse troppo interessato a colpire con i suoi tocchi alla Godspeed You Black Emperor! ma non ancora capace di realizzare pienamente le sue potenzialità.