- JK Northrup - Chitarra, Basso, Voce, Sintetizzatori
Guests:
- Terry Ilous - Voce
- Gleen Hicks - Batteria
- DanZoid - Batteria
- Ted Poley - Voce
- David Zaragoza - Chitarra
1. Black Moon
2. Wired In My Skin
3. Big Blue Sky
4. The Road
5. Perfect Imperfection
6. Mark My Territory
7. Cemented Eyes
8. So Long
9. Metamorphosis
10. Grind Me Down
11. If I Were James Taylor (I Could Finisch This Song)
Wired In My Skin
Guardando la copertina mi aspettavo un disco di cyborg/elettronica, dando poi un'occhiata ai titoli ho ritirato un pò la mia idea ed ho spinto le aspettative verso sonorità industrial, infine ho fatto partire la musica e mi sono ritrovato in mano un disco hard rock, di livello decisamente insufficiente tra l'altro. Si tratta di JK Northrup e della sua ultima fatica intitolata Wired In My Skin. Ex chitarrista dei King Kobra, il nostro JK, dopo importanti esperienze musicali che l'hanno reso più o meno famoso, ritorna nel 2007 con questo album privo di incisività e sicuramente poco coinvolgente per impatto e scarsa vena creativa.
Basta ascoltare l'opener Black Moon, o ancora la successiva titletrack impregnata fino in fondo da mere influenze Bonjoviane, per rendersi conto del basso livello musicale ed emotivo che il disco ci presenta. Nulla di nuovo tra le mani, sonorità sentite già una miriade di volte, giri di chitarra banali e melodie a tratti quasi irritanti. Il sound nel suo complesso è parecchio ripetitivo, poco originale e incapace di catturare l'ascoltatore per l'evidente mancanza d'ispirazione compositiva riscontrabile in molte canzoni come ad esempio la gettonata Perfect Imperfection, l'insipida Metamorphosis o ancora Grind Me Down in cui le chitarre svolgono un lavoro molto apparente e decisamente poco incisivo, nonostante la track possa risultare come una delle più trascinanti. E nemmeno quando le scaricate hard rock vengono messe da parte JK Northrup riesce a colpire con stile e mestiere, e la conclusiva If I Were James Taylor (I Could Finish This Song) ne è la prova lampante, una sdolcinata ballata acustica che chiude il disco in maniera parecchio indifferente.
Un genere superabusato come l'hard rock ha indubbiamente bisogno di altre spinte per rinnovarsi e migliorarsi sotto l'aspetto creativo. Ciò che Northrup ci presenta è quello che negli ultimi dieci anni è già uscito innumerevoli volte dalle chitarre e dalle bocche urlanti di centinaia di gruppi, perciò, a meno che voi non siate patiti di questo genere o paradossalmente amiate alla follia chitarre che per quasi un'ora balbettano sempre lo stesso giro melodico, è meglio che questo disco vi passi lontano, perchè non ne vale assolutamente la pena.