Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
Fat Possum
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Jack Oblivian
- Ross Johnson
- John Paul Keith

Tracklist: 

1.  Rat City
2.  Mass Confusion
3.  Old Folks Boogie
4.  Dark Eyes
5.  Kidnapper
6.  Crime of Love
7.  Girl On The Beach
8.  Moses and Me
9.  Girl With The Bruises
10. Love Please!
11. Jealous Heart
12. Caboose Jump

Jack Oblivian

Rat City

Diciannove Giugno duemilanove: tour di reunion, sebbene a tempo determinato, di Oblivians e Gories. Due dei culti underground più acclamati ed idolatrati della musica garage-rock e non solo di nuovo in pista, decisi a sfruttare le ( seppur risicate) fortune che con gli anni la suddetta scena è andata guadagnandosi soprattutto per merito loro. La band di Mick Collins, i Gories, a rappresentare e ricordare quella che negli anni ottanta si guadagnò la fama di band punk-blues dalle infinite potenzialità, capaci di colpi del calibro di Boogie Chillin nel disco d' esordio House Rockin', ancora acerbo per certe influenze che ammiccavano troppo nei confronti di artisti come Chuck Berry ma non per questo esenti dall' infondere tale insolita asciuttezza a band anche più sfrontate come saranno i Mummies, ed in particolare di piazzare una pietra miliare del genere come I Know You Fine, But How You Doin'. I loro successori, gli Oblivians, oltre che diretta fonta d' ispirazione per gruppi come i Reatards famosi per i loro attentati sonori, vere e proprie smitragliate sotto forma di riff infernali che costituirono senza dubbio una delle prime ferme manifestazioni di musica lo-fi come la intendiamo noi oggi. Circa venti anni dopo padri e figli si ritrovano, ma stavolta le cose andranno in ben altro modo. La tecnica dei Gories, complice un Mick Collins svogliato di fronte ad un genere di musica che lui stesso definisce superato, non riuscirà a prevalere sul gruppo di Memphis, dipendente più che mai della verve esplosiva capace negli anni addirittura di sanare alcuni fondamentali mancanti per il semplice fatto di non essere dei musicisti veri e propri.

Questo carico di ammirazione ricevuta deve aver giovato all' ambiente, se Jack "Oblivian" Yarber, già impelagato con una folta lista di ensemble di cui si consigliano almeno i Reigning Sound, decide di sciogliere le riserve e ripresentarsi al pubblico in veste solista dopo ben dieci anni dai due LP pubblicati, potremo dire, in contemporanea. Ma nel senso letterale della parola: è infatti solamente lui ad occuparsi della gran parte degli strumenti ( oltre naturalmente che per le parti vocali e i testi), aiutato solamente un paio di volte da due musicisti a tempo perso nonché animatori di qualche negozio di dischi oscuro in una qualche sperduta Rat City, corrispondenti al nome di Ross Johnson e John Paul Keith. Il target dell' album ancora una volta non si smentisce, rivelando l' urgenza necessaria ad un act garage-rock, che altresì cerca in tutti i modi di distanziarsi dalle mille copie di Popular Favorites effettuate in precedenza adottando una forma canzone intelligente e ragionata. Con Rat City infatti Jack Oblivian trasferisce la sua abilita con la chitarra nel mondo del Rhythm and blues, accarezzando addirittura diverse volte tinte bluesy a colpi di basso ( il solito imponente basso) e tamburello.

E se l' uso del suddetto strumento rimane ancora la prerogativa principale del Nostro, stupisce osservare come molti di questi mid-tempi abbiano molto in comune con le spigolose trame che furono dei Suicide, abilmente amplificate da uno spirito poeticamente battagliero intento nel descrivere ogni aspetto dell' angusta Memphis. Un pò come quanto successo nella nera Detroit, solo che qui il mood è molto più rilassato, compassato e dettato da nient' altro che dei semplici accordi rock. Come nella opener Rat City, dove si celano nientemeno che gli Ultravox, e non solo per l' armonica, oppure Mass Confusion, agile nel prodigarsi in numeri blues-rock che in apparenza sembrano avere la stessa grinta del migliore Chris Bell. E se l' estremizzazione dei punti caldi nella cover Moses and Me dei Tommy James & the Shondells funziona alla grande, altrettanto gustosi si possono definire Dark Eyes e Girl On the Beach, due esecuzioni molto vicine per arrangiature a Bruce Springsteen. A bissare questi successi arrivano anche Crime of Love, un incedere Reediano ricco di riferimenti soul,  l' estatica Lover Please! messa lì tanto per citare Buddy Holly ed in chiusura i ritornelli pop di Caboose Jump.

Questa nuova formula porta bene a Jack Oblivian, così rigenerato ed attivo tanto da convincerlo per una volta ad abbandonare la compulsività del garage-rock ed approdare ad una forma di pop-rock dalle nette derive blues da vero artista navigato, invecchiato come si deve. Forse un omaggio a certi precisi anni, forse un modo come un altro per dimostrare di quali qualitativi ascolti si potesse cibare una scena stracciona qual'è quella in cui militavano gli Oblivians, fatto stà che Rat City è pur sempre un disco di qualità, affrontato stavolta non con cattiveria ma grazie a sapienti orchestrazioni. La regola, quando si ha a che fare con soggetti come Jack Oblivian, però rimane immutata: chi vuole solamente ascoltare il disco, si diverta pure con questi quaranta minuti di pura classe, chi al solito vuole vivere il lavoro con spirito punk, entri pure nella città degli sporchi, luogo di cui soggetti come questi non si stancheranno mai di cantare.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente