Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
4AD
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Jóhann Jóhannsson – Orchestrazione, Musiche, Arrangiamenti, Produzione, Piano, Organo, Chitarra, Elettronica

Ospiti:
- Guðni Franzson – Clarinetto
- Orchestra Filarmonica e Coro della Città di Praga – Orchestra e Coro
- James Fitzpatrick – Conduttore
- Bohumil Kotmel – Primo violino
- Matthias M.D. Hemstock – Percussioni, Elettronica
- Guðmundur Sigurðsson – Organo in “Chimaerica”
- Arnar Bjarnason – Orchestrazione per “Melodia (Guidelines...)” e “How We Left...”
- Greta Guðmundsdóttir , Guðmundur Kristmundsson , Hrafnkell Orri Egilsson , Una Sveinbjarnardóttir – Quartetto d'archi in “The Rocket Builder” e “Fordlandia – Aerial View”

Tracklist: 

01. Fordlandia
02. Melodia (i)
03. The Rocket Builder (Io Pan!)
04. Melodia (ii)
05. Fordlandia - Aerial View
06. Melodia (iii)
07. Chimaerica
08. Melodia (iv)
09. The Great God Pan Is Dead
10. Melodia (Guidelines For A Propulsion Device Based On Heim's Quantum Theory)
11. How We Left Fordlandia

Jóhann Jóhannsson

Fordlandia

Fordlândia è il nome con cui fu battezzata una grande proprietà terriera del Brasile settentrionale, spersa in piena foresta amazzonica lungo il corso del Rio Tapajós, uno dei tantissimi affluenti del Rio delle Amazzoni, quando questa venne comprata dall'imprenditore americano Henry Ford nel 1929 per farne una piantagione di gomma da utilizzare per gli pneumatici delle sue automobili. Concepita male (avrebbe dovuto essere un luogo di esportazione non solo delle tecniche produttive americane ma anche dello stile di vita a stelle e strisce – inadatte alla situazione ambientale locale, fallirono entrambe), scelta male (Ford fu truffato da un locale nella selezione del luogo, e per anni non si affidò a botanici per valutare la compatibilità del terreno con il tipo di vegetazione che voleva piantare) e gestita anche peggio (ci fu persino una rivolta dei lavoratori, a causa dell'improduttività dell'azienda e delle condizioni di lavoro estranee alla logica del luogo), Fordlândia fu un fiasco totale per la Ford e venne abbandonata circa quindici anni dopo (nel momento in cui la scoperta e la produzione su larga scala della gomma sintetica ne decretavano comunque la definitiva obsolescenza), lasciando dietro di sé solo un grosso buco nel bilancio della compagnia di Detroit e aggiungendosi tristemente al novero delle utopie industriali terminate infelicemente con un completo insuccesso.

Ma se quella vicenda finì con risultati disastrosi, altrettanto non si può dire di questo album, per larga parte concepito come colonna sonora proprio per quella rovinosa esperienza: il quarto LP di Johann Johannsson, “Fordlandia” appunto, segue a distanza di due anni quell' “IBM 1401, A User's Manual” che aveva sancito il suo debutto sotto la prestigiosa egida della 4AD e rappresentato la prima parte di una trilogia (legata simbolicamente ad alcuni grandi marchi dell'industria americana, e di cui “Fordlandia” è il secondo capitolo) ispirata al rapporto tra l'uomo e la moderna tecnologia.
“Fordlandia”, presentato lo scorso Settembre in anteprima italiana nel piccolo ma affollato teatro milanese Out Off, si rivela essere il miglior lavoro del compositore islandese ed un'esposizione brillante e coinvolgente di tutte quelle abilità che già avevano incantato nel fantastico, gelido minimalismo dell'emozionante “Englabörn” (Touch, 2002, ma ristampato l'anno scorso dalla 4AD), ma anche nel più esteso, dilatato e orchestrato “Virðulegu Forsetar” (2004, ancora per la Touch) od ancora nel recente, già citato, “IBM 1401”, disco in cui la purezza delle arie classiche veniva sì contaminata da elettronica, glitch e monotòne voci filtrate, ma che conteneva anche il momento melodicamente più accessibile (la quinta e ultima parte con il suo “The Sun's Gone Dim and the Sky's Turned Black”) della carriera di Johannsson.

Da tutti questi presupposti nasce “Fordlandia”, album letteralmente stracolmo di melodie toccanti ed ammalianti che scaturiscono dalla pregiata mescola, ottenuta senza forzature di sorta, tra composizioni di Classica moderna e velati, sinuosi accompagnamenti elettronici: l'Orchestra Filarmonica di Praga e alcuni ospiti islandesi (un quartetto d'archi, un organista e un clarinettista) eseguono partiture dai timbri dolci e silenziosi, esplorando i vari temi musicali e concettuali composti, arrangiati ed orchestrati dal corpulento trentanovenne islandese: non c'è solo la storia di Fordlandia, infatti, ma anche un paio di altri piccoli nuclei concettuali – “The Rocket Builder (Io Pan!)”, ad esempio, propone un'indovinata unione tra quartetto d'archi, pianoforti ed elettronici palpiti percussivi, ed è poi ripresa nella solenne “The Great God Pan Is Dead” (il coro praghese ed un organo maestoso duettano con gravità ed autorevolezza), mentre in “Chimaerica” si può apprezzare l'organo ospite di Guðmundur Sigurðsson, per un brano dalla nebulosa delicatezza, insidiato solo nei momenti finali da disturbi elettronici che sottilmente insinuano il tarlo del dubbio sulla buona riuscita della chimera vagheggiata fino a poco prima dall'organista.

Decisamente più corposi invece i tre raffinati capitoli dedicati alla storia principale, costituiti di mezz'ora di musica suddivisi tra la breve “Aerial View”, giostrata sui soli timbri di violini, viola e violoncello per un momento di pura contemplazione, e la coppia (che apre e chiude il disco) “Fordlandia” e “How we left Fordlandia” durante le quali compare l'intera orchestra filarmonica: sono, questi, episodi costruiti con cura certosina, caratterizzati da emozionanti crescendo studiati con meticolosa attenzione e ottimamente generati da melodie avvolgenti e appaganti ma sempre ben giustificate, nonché capaci nei momenti più descrittivi di evocare con grande nitidezza, quasi rendendo inutile un eventuale accompagnamento video, le immagini che il suggestivo concept va a richiamare.
La compattezza globale del disco è garantita dalla presenza di una serie di tracce che fanno da collante tra i brani-cardine sopracitati, tracce che come esemplifica il loro titolo portano avanti sempre la stessa “Melodia” differenziandosi per la numerazione romana, per gli strumenti a cui la melodia stessa viene affidata (clarinetto, piano, organo) e per le variazioni d'interpretazione, che verranno infine sommate e intrecciate nella superba “Melodia (Guidelines For A Propulsion Device Based On Heim's Quantum Theory)”, in cui Johannsson ripresenta appunto lo stesso tema facendolo però suonare all'orchestra di Praga ed aggiungedoci l'accompagnamento dell'organo e soprattutto delle moderne percussioni elettroniche di Matthias M.D. Hemstock, che in un climax terrificante aumentano di velocità proporzionalmente all'intensità dell'esecuzione del tema da parte degli strumenti classici, seguendo un percorso che certamente non dispiacerà anche agli amanti del Post-Rock.

Proprio chi apprezza le atmosfere del Post-Rock più dilatato ed elettronico (tra cui, per certi versi, alcune sonorità dei conterranei Sigur Ròs e Mùm) potrebbe trovare nelle evoluzioni di questo disco una miniera d'oro, per merito delle sue costruzioni emozionanti e fascinose ma prive degli standardizzati cliché che oramai imperversano nei progetti musicali di quel genere, così come “Fordlandia” risulta appetibile anche per chi ama le colonne sonore (per via della notevole descrittività delle musiche qui contenute) e per gli appassionati dell'Ambient music, che in questa versione melodiosa e classicheggiante trova nuova linfa e spunto; chi invece già conosce l'operato di Johannsson è fortemente consigliato ad affacciarsi ad un disco che è il compimento del percorso musicale del musicista islandese, abile sia nel dare alla sua musica un taglio più compatto e conciso rispetto a quello mostrato in “Virðulegu Forsetar” sia di rinnovare quella direzione melodica che volutamente non esplodeva in maniera completa nei momenti più tecnologici di “IBM 1401”.
Un disco di Classica moderna alla portata del pubblico “Rock” (chiaramente tra virgolette, da intendere nel senso più esteso ed onnicomprensivo possibile), ma soprattutto una musica che porta con sé un carico di riflessioni, avvertimenti e temi dal notevole fascino, un viaggio fatto di storie sull'Uomo, sulla sua ambizione e vanità, sull'invenzione e la manipolazione della Tecnologia e il desiderio di potenza che ne deriva, sulla Natura e i suoi ritmi eterni, le sue ambientazioni uniche e la sua perenne, incorruttibile influenza sulla vita di quello stesso piccolo Uomo che la vorrebbe controllare.

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