Voto: 
7.8 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Moonfog Productions
Anno: 
1995
Line-Up: 

Fenriz (Gylve Nagell) – Chitarra, Basso, Batteria, Voce, Tastiere

Tracklist: 

1.Neslepaks
2.Landet Og Havet
3.I Kamp Med Kvitekrist
4.I Ei Gran Borti Nordre Åsen
5.Over De Syngende Øde Moer
6.Thornspawn Chalice
7.Total Death

Isengard

Høstmørke

Il 1995 fu un anno eccezionalmente produttivo per Gylve Nagell, in arte Fenriz, mente e batterista dei Darkthrone e attore unico del peculiare progetto che è esame di questa recensione, ovvero gli Isengard.
In quell’anno Fenriz, graziato da una vena compositiva fertilissima e mai più ritrovata, sfornò dischi su dischi e idee su idee, salvo poi distruggere tutti i propri progetti personali e paralleli pochi mesi dopo, in preda ad un esaurimento totale delle proprie risorse nervose, che lo spinsero alla ricerca di un suono tetro e asciutto, abbandonando tutti i suoi esperimenti e lasciando in vita i soli Darkthrone.
A testimonianza di quel periodo rimangono le varie perle che l’artista norvegese fece uscire sul mercato discografico: sono di quell’anno dischi come “Panzerfaust”, l’ultimo capolavoro dei Darkthrone, o episodi unici come “Nordavind” degli Storm, oramai divenuto leggendario; sempre al 1995 si fa riferimento per il secondo, misterioso e dimenticato episodio (“Transmissions From Empire Algol”) del suo progetto Ambient, i Neptune Towers, e si registra anche la sua partecipazione, in veste di bassista, al debutto discografico dei Dødheimsgard (ovvero “Kronet til Konge”), nonché il disco che vi sto presentando, l’opera seconda di Isengard: “l’oscurità autunnale”, “Høstmørke”.
L’anno precedente aveva visto la pubblicazione di “Vinterskugge”, un riassunto delle trasformazioni che gli Isengard avevano vissuto durante i loro anni di vita: pochi ma sufficienti per fare evolvere il progetto dalle radici Death-Black delle loro prime cassette (1989-1991) fino al Folk/Viking del demo “Vandreren”. Con “Høstmørke” e il passaggio alla Moonfog si arriva finalmente a definire il suono proprio degli Isengard, un suono in cui si vanno a mischiare le tetre atmosfere del Black Metal con le maestose ed orgogliose ambientazioni nordiche e Folk che diverranno fondamentali per lo sviluppo del Viking Metal: l’esaltazione elettrica di motivi tradizionali, vicina in certi casi allo stile degli Storm, si avvale qui di una fondamentale componente Black, forestale e fredda come solo i migliori prodotti della Scandinavia dell’epoca sapevano essere.

Riassunto di Isengard, dunque? Un corpo Folk Metal e un’anima Black Metal; in “Neslepaks”, la voce profondissima di Fenriz enumera i giorni della settimana successiva alla creazione biblica, con il mondo distrutto e devastato da una mano crudele e impietosa; le costruzioni Folk delle chitarre sono enfatizzate dalla voce epicamente ispirata e dalle risate malvagie, mentre una batteria cadenzata, inarrestabile, enfatizza l’esaltante evolversi delle melodie.
A seguire, un altro lato degli Isengard: le suggestioni del grande Nord, l’ammirazione per lo spettacolo della natura, le dichiarazioni d’amore per la terra natia sono alla base di “Landet og Havet”, ‘la terra e il mare’, nient’altro che un minuto di pura contemplazione, con la voce solista di Fenriz a recitare e sovrapporsi in un sentitissimo omaggio alla costa della sua Norvegia. Ridicolo soffermarsi su aspetti tecnici di fronte a episodi simili: “Landet og Havet” va presa per quello che è, pura passione, la stessa che da sempre scorre nei progetti di Fenriz, e che non manca di traboccare anche dalla traccia seguente, la terza “I Kamp med HviteKrist”, che riprende la marcia esattamente dove si era interrotta, con una ‘lotta al Cristo bianco’ sostenuta da discrete tastiere durante il refrain, mentre le metalliche sei corde e la voce unica di Fenriz mantengono il predominio durante le strofe. E’ un’avvisaglia di quello che verrà: in “I Ei Gran Borti Nordre Åsen” è il sintetizzatore a recitare una parte di primo piano, dipingendo un ossessivo sottofondo per le armonie di Fenriz (per le parti vocali vale lo stesso identico discorso fatto per “Landet og Havet”) e per le sezioni strumentali soliste di chitarra, riecheggianti momenti del precedente episodio discografico, come ad esempio “Gjennom Skogen Till BlaaFjellene” o “Fanden Lokker til Stupet”.
Dopo una tale tracotante dimostrazioni di maestria nel combinare tradizione e modernità, Fenriz s’innalza verso nuove vette con “Over De Syngende Øde Moer”, sublime esempio di Viking primigenio, di come l’Epic e il Black si siano potuti fondere con risultati altissimi: la quinta traccia è non solo uno dei più bei pezzi degli Isengard, non solo una delle migliori espressioni di Fenriz (Darkthrone compresi), ma del Black/Viking tutto: le chitarre drammatiche e descrittive, la batteria inarrestabile nella sua lenta cadenza, la voce terribilmente espressiva nonostante gli evidenti limiti tecnici, il basso dinamico e possente, costantemente impegnato a disegnare soluzioni alternative a quelle delle chitarre: non v’è una singola nota fuori posto, in una delle massime espressioni della scena estrema norvegese.

La chiusura è affidata a due brani d’estrazione totalmente diversa rispetto ai capitoli precedenti: sparite le derivazioni epiche e Folk, con “Thornspawn Calice”, gelida e torva, si torna a percorrere i sentieri del Norse Black Metal più intransigente e corrosivo, con tanto di sofferto cantato in screaming; nonostante ciò, ci troviamo di fronte a un brano interessante, che nei suoi otto minuti dimostra una certa varietà, con un paio d’azzeccati cambi di tempo e situazioni. La settima traccia è addirittura la rielaborazione di un vecchio e in quel momento non ancora pubblicato brano dei Darkthrone, “Total Death”, malvagio e oscuro nella sua monotona velocità e nel cantato arcigno: non trascendentale preso di per sé, l’ultima traccia acquista fascino se vista nell’ottica dell’epoca, essendo portatrice di sonorità ancora oggi scopiazzate in giro per il globo.

“Høstmørke” è consigliato a chi del Black Metal apprezza il lato epico e melodico, a chi nel genere approva gli inserimenti di potenti voci pulite e elettriche tinte Folk, a chi s’interessa di Viking Metal e chi è appassionato delle uscite soliste di uno dei protagonisti della storica scena Black nord-europea: “Høstmørke” è uno spaccato del Black Metal dieci anni fa, mentre la corrente tradizionalista si sfaldava ed emergevano le prime sperimentazioni che avrebbero portato alla nascita delle correnti avanguardistiche, sinfoniche e folkeggianti del Black: capace di inserire elementi ed atmosfere estranei al Black ma legato ad esso da un’indissolubile patto di sangue, “Høstmørke” è attuale ed anacronistico, anticipatore di future strade e strenuo difensore della tradizione: paradossale e contraddittorio come molti altri elementi nel Black Metal, eppure capace di mostrare tenace coerenza ed incrollabile fiducia nel portare avanti il proprio messaggio; Fenriz, consapevole soprattutto della bontà della sua opera, ci guarda con aria di sfida dalla copertina: “provate a fare di meglio”, sembra dire.
Pochi l’hanno superato, gli altri continuano a dibattersi anonimamente, inghiottiti dall’ombra del maestro, incapaci di brillare nell’oscurità dell’autunno...

LINKS PER L'ASCOLTO:
Sample da "Over De Syngende Øde Moer"

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