Voto: 
8.7 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Osmose
Anno: 
1992
Line-Up: 


- Demonaz Doom Occulta - chitarra
- Abbath Doom Occulta - basso, voce
- Armagedda - batteria, percussioni


Tracklist: 

1. Intro (01:35)
2. The Call of the Wintermoon (05:40) 
3. Unholy Forces of Evil (004:28) 
4. Cryptic Winterstorms (006:08) 
5. Cold Winds of Funeral Dust (003:47) 
6. Blacker than Darkness (004:17) 
7. A Perfect Vision of the Rising Northland (09:04)

Immortal

Diabolical Fullmoon Mysticism

Nati per volontà di Demonaz e Abbath, gli Immortal iniziarono la loro personale avventura musicale nel 1990 dopo lo split con i leggendari Old Funeral e Amputation, ovvero due band dedite ad una primordiale forma di death metal. L’allora scena americana stava insegnando a tutti come muoversi nell’estremo, tuttavia non bisogna dimenticare l’importanza rivestita dal personaggio di Quorthon con i suoi Bathory al fine di creare qualcosa che potesse essere ancora diverso dal classico death metal. Qualcosa di più maligno ed oscuro. Si sa che un genere non nasce da sé, spontaneamente ed improvvisamente; esso deve avere linfa per modificarsi, plasmarsi fino ad arrivare a ciò che non etichettiamo con death, black o thrash (giusto per rimanere nel campo dell’estremo). Bene, gli Immortal compresero la lezione e si lanciarono in uno stile che affondava ancora le radici nel death metal ma che tuttavia mostrava segni di cambiamento.  

Ai due membri fondatori si unì subito il batterista Armagedda che li accompagnò attraverso il primo demo e l’EP Immortal , fino ad arrivare al debutto in full-lenght, questo Diabolical Fullmoon Mysticism. Al solito immaginario demoniaco appioppato al black metal d’allora, gli Immortal risposero con testi e titoli che esulavano leggermente da questo cliché. I paesaggi nordici assumevano una connotazione apocalittica e del tutto personale, mentre la musica cavernosa e gelida come mai prima si era sentito, dava quel tocco in più affinché si potesse parlare di qualcosa veramente originale. Il cantato maligno e nasale di Abbath aveva pochi paragono allora, come la distorsione al limite dell’umano della chitarra di Demonaz. Tutto era volto a ricreare le atmosfere gelate di terre dimenticate, possedute da una forza strana che doveva essere adorata affinché non potesse distruggere l’uomo. L’occhio vedeva scenari apocalittici di un rosso inquietante che sovente ricadeva nel più mero scuro.   

L’introduzione a base di chitarra arpeggiata e voci maligne, presto lascia spazio ai primordiali up tempo di una canzone che ormai ha lasciato un segno indelebile nella storia del metal estremo: The Call of the Wintermoon. I ruggiti di Abbath fanno da cornice ad uno stile che risente enormemente della lezione impartita da Quorthon nei suoi primi album. Le plumbee sezioni in mid-tempo sono pregne di fraseggi  demoniaci ad opera della chitarra, per poi non parlare degli assoli dalla vena così stridula e gelata; il tutto suggellato da un video che fece storia nella scena. I repentini cambi di tempo di Unholy Forces of Evil sembrano fatti apposta per dare sfogo a tutta la presenza scenica del diabolico Abbath, mentre gli intermezzi a base arpeggiata Cryptic Winterstorms spruzzano maggiore atmosfera sul mood del disco anche se non mancano alcune veloci sferzate.   

I tamburi dell’inquietante e strisciante Cold Winds of Funeral Dust risultano essere un elemento che cattura ulteriormente l’attenzione poiché già i riffs e le parti vocali, pur essendo gelidi, non mancano di una certa vena catchy che facilita la memorizzazione dei brani sin dal primo ascolto. Le influenze death metal filtrate attraverso le distorsioni proto-black di Blacker than Darkness sono da ricordate, poiché classico ed irripetibile esempio di come la cattiveria e la freddezza dei due generi possa essere perfettamente miscelata per creare un ibrido già convincente. Inevitabili i riferimenti ai primissimi Celtic Frost per alcuni riffs al limite del thrash metal. A concludere il disco ci pensa l’atmosfera ritrovata e gli elementi visionari di A Perfect Vision of the Rising Northland. La chitarra senza distorsione getta un tocco triste sulla composizione per poi ripiombare violentemente nel classico stile black che gli Immortal mostrano di saper suonare, nonostante alcune pecche portate dalla giovanissima età dei membri.

Diabolical Fullmoon Mysticism
rappresenta una tappa obbligatoria per ogni estimatore del black metal, che sia moderno o old school. Certo, durante questi anni la loro musica è cambiata parecchio ed è giusto così, ma se apprezzate gli Immortal che suonano non eccessivamente veloce, puntando più sull’atmosfera, ecco a voi un altro motivo per ascoltare questo disco veramente Immortale.        


NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente