- Demonaz - chitarra
- Abbath - voce, basso, bartteria
1. Battles in the North (04:12)
2. Grim and Frostbitten Kingdoms (02:47)
3. Descent Into Eminent Silence (03:10)
4. Throned by Blackstorms (03:39)
5. Moonrise Fields of Sorrow (02:25)
6. Cursed Realms of the Winterdemons (03:59)
7. At the Stormy Gates of Mist (03:00)
8. Through the Halls of Eternity (03:36)
9. Circling Above in Time Before Time (03:56)
10. Blashyrkh (Mighty Ravendark) (04:34)
Battles in the North
La trasposizione in musica di una bufera invernale nelle lontane terre norvegesi. Questa potrebbe essere la frase che racchiude in sé l’essenza di Battles in the North, terzo album ad opera degli Immortal. Trentacinque minuti di musica glaciale,tagliente in viso come il vento del nord, dalla velocità incontrollata. Abbath e Demonaz decidono di velocizzare ulteriormente il sound di Pure Holocaust, per altro già ben più veloce di quello del debutto, e ciò che ne viene fuori è epocale in termini di violenza. Nessun altro album degli Immortal risulta così votato alla pura impulsività e forse proprio qui risiedono la sua consacrazione e la sua dannazione allo stesso tempo. Consacrazione perché esso mostra una band, insieme ai Marduk dalla Svezia, dare lezioni di black metal veloce che poi sarebbe stato preso come modello da seguire per le band future ma dannazione perché mostra alcuni limiti evidenti per quanto riguarda la struttura delle canzoni.
Struttura che si snellisce decisamente se comparata al già incredibilmente veloce Pure Holocaust e perde un po’ in termini di atmosfera. La produzione si fa molto più impastata e, curiosità, la prima vera edizione del disco mostrava una cover diversa da quella che tutti noi conosciamo, con una produzione decisamente scadente che fece storcere il naso a tanti recensori d’allora. Con la nuova cover version, anche la musica si fa più potente ma sempre leggermente monocorde ed è proprio qui che il disco potrebbe risultare ostico da apprezzare per alcuni, seppur dall’indiscusso valore sia musicale che storico. Scordatevi, come già era successo per il suo illustre predecessore, gran parte del sound atmosferico che caratterizzava il debutto poiché qui quasi tutte le canzoni viaggiano su blast beats ad accompagnare riffs impazziti e funambolici di un allora già grande Demonaz. La distorsione della sua chitarra raggiunge lidi mai sentiti prima che lui stesso e nessuno altro è mai più stato in grado di usare: il suo treble distorce le note in modo tale da farle risultare come la riproduzione del vento che soffia accompagnando la bufera di neve e così è anche il sound del charleston di Abbath, alzato a livelli tali da essere un costante ronzio.
Si è vociferato tanto sull’uso o no di una sorta di campionatore che avesse velocizzato il modo di suonare di Abbath, ma disquisizioni a parte, non è che ce ne importi molto e, parer mio,questa manipolazione non accede mai, tanto suonano reali (e a volte giustamente imprecisi)i suo blast beats. Ne abbiamo un primo, per altro già abbondante, antipasto con la title track posta in apertura ove Abbath ne urla il refrain a squarciagola e tutti gli strumenti viaggiano senza sosta. Linee soliste delle chitarre spuntano fuori ogni tanto a dare maggiore profondità ed atmosfera a questa marcia forsennata in cui i pochi stop mostrano veloci passaggi di doppia cassa, proseguendo in questo modo con la successiva, meglio strutturata e maggiormente varia Grim and Frostbitten Kingdoms. Il ruggito di Abbath si fa ancora più inquietante e si alterna bene con le a volte catacombali atmosfere Descent Into Eminent Silence. Il refrain di Throned by Blackstorms rientra di diritto nella storia del genere ed i suoi passaggi di doppia cassa risultano essere dal tocco veramente esaltante nella loro vena gelata ma pur sempre di facile memorizzazione. A tal proposito cito il riff principale e le atmosfere chiaramente ispirate al loro debutto di Moonrise Fields of Sorrow e gli arpeggi di Cursed Realms of the Winterdemons, ripresi successivamente in un break con la distorsione della chitarra al massimo.
Velocemente si passa attraverso gli influssi death metal alternati a sprazzi leggerissimi di melodia di At the Stormy Gates of Mist, proseguendo con alcune melodie leggermente più in vista di Through the Halls of Eternity per arrivare al gioiellino vero del disco, ovvero Circling Above in Time Before Time. Questa traccia prosegue sulla vena più “accessibile” (tutto deve essere preso con le pinze) per deliziarci con uno stacco solista di chitarra a dir poco maestoso nella sua melodia gelata. Ora il sound trasuda di malinconia e forse qui risiede già un primissimo barlume di quello che gli Immortal sarebbero poi diventati con gli album successivi, esprimendo in poco più di tre minuti il concetto di questo album, ovvero “passaggio”, ma non ancora di svolta. Anche l’ultima, ormai storica, Blashyrkh (Mighty Ravendark) annovera delle ottime idee con la testa già parzialmente al futuro attraverso alcuni tocchi epici a cura della sei corde, tra arpeggi e distorsioni con il grugnito demoniaco di Abbath in chiusura dopo un interludio di tastiera. La bufera di neve e passata e con essa anche i due demoni che l’hanno creata. Come dicevamo prima, per nulla di facile assimilazione, Battles in the North mostra una fase di passaggio del sound dei due demoni norvegesi ed allo stesso tempo li consacra come una delle realtà di spicco dell’allora crescente scena black metal.