- Zoltan Teglas - voce
- Brian Balchack - chitarra
- Nik Hill - chitarra
- Brett Rasmussen - basso
- Craig Anderson - batteria
1. Intro: Our Darkest Days (00:51)
2. Bleeding (02:02)
3. Fear Is Our Tradition (03:06)
4. Let It Burn (02:51)
5. Poverty For All (02:13)
6. My Judgement Day (02:25)
7. Slowdown (03:05)
8. Save Yourself (02:30)
9. Are You Listening (01:22)
10. Three Years (02:39)
11. Know You History (02:13)
12. Strength (01:44)
13. Sunday Bloody Sunday (03:42)
14. Live For Better Days (05:15)
Our Darkest Days
Portati alla ribalta da A Place Called Home nel 2000, gli Ignite sono Zoli Téglás (voce), Brian Balchack e Nik Hill (chitarre), Brett Rasmussen (basso), Craig Anderson (batteria). La band di Orange County (California) si forma nel lontano 1993 e riceve subito l’apprezzamento di un gran numero di appassionati grazie a Scarred For Life, In My Time e Family (tutti lavori prodotti dalla Lost & Found Records), ma soprattutto per le numerose tournee che Zoli e compagni intraprendono. Sono addirittura trenta i paesi visitati dal gruppo americano fino ad oggi, un numero non indifferente per chi è abituato a suonare in piccoli locali o centri giovanili. Arriva il 2000 e l’inaspettato successo di A Place Called Home può rompere la stabilità interna al gruppo e rovinare la profonda amicizia che lega ogni suo membro. E’ così che gli Ignite decidono di prendersi una pausa e concentrarsi nuovamente sull’attività live. L’attesa dei fan dura fino al maggio 2006, quando viene finalmente pubblicato il nuovo full lenght del complesso californiano: Our Darkest Days, uscito per Abacus Records negli Stati Uniti e Century Media in Europa.
Fin dalle prime note, fin dall’introduttiva Intro: Our Darkest Days si capisce che gli Ignite hanno centrato il bersaglio, ancora una volta. Our Darkest Days è un disco fenomenale, dove la rabbia dell’Hardcore si lega alla melodia del Punk, dando vita ad una carica adrenalinica senza eguali. Le chitarre di Brian e Nik pongono le basi sulle quali si sviluppano i vari brani, tutti contraddistinti da una capacità straordinaria di coinvolgere l’ascoltatore. Anche se il drumming può sembrare a tratti ripetitivo, la struttura delle canzoni non è per niente lineare, specialmente trattandosi di un disco Hardcore. Di conseguenza, Our Darkest Days risulta un album estremamente valido quanto a songwriting e soprattutto durevole, dal momento che prima di stancarsene trascorrerà diverso tempo.
La vera perla di questo lavoro, l’asso nella manica degli Ignite, è però Zoli Téglás e la sua ugola incantata. Non capita spesso di ascoltare una voce così vellutata in ambito Hardcore e non a caso il singer ungherese è considerato, nel suo genere, un vocalist assolutamente impareggiabile. Grazie a Zoli il potenziale degli Ignite è nettamente superiore a quello dei loro colleghi e Our Darkest Days ne è la conferma. Bleeding, con il suo ritornello esplosivo e travolgente, Fear Is Our Tradition, in cui risaltano cori e chitarre malinconiche, e Let It Burn, uno dei capitoli più esaltanti di tutto il disco, demoliscono da sole gran parte dei gruppi Punk - Hardcore che oggi invadono il pianeta. L’album scorre veloce, senza sosta, e alterna pezzi grintosi come Poverty For All, Are You Listening e Know You History alla relativa pacatezza di Slowdown e Three Years, mantenendo comunque intatta l’eleganza propria di Our Darkest Days. Le due canzoni conclusive rappresentano poi la ciliegina sulla torta. Si tratta di Sunday Bloody Sunday (ottima cover del celebre successo degli U2), la quale si inserisce alla perfezione in questo contesto, e Live For Better Days, toccante brano acustico dove il solito Zoli dà grande prova di sé.
Our Darkest Days è un album di qualità, così come gli Ignite rappresentano una delle band più talentuose degli ultimi dieci anni. Ad oggi questo è senza dubbio il miglior lavoro composto dal gruppo californiano, superiore perfino al tanto decantato A Place Called Home. Raffinato ed emotivo, estroverso e ricercato: Our Darkest Days è questo, e molto altro.