- Johnnie Dee - voce
- Derry Grehan - chitarra, backing vocals
- Gary Lalonde - basso
- Ray Cockburn - tastiere
- Dave Betts - batteria
1. She Ain't Alright
2. Tired O' Waitin' On You
3. Riffola
4. Ordinary
5. The House
6. Why Should I?
7. Down 2 Bizness
8. Sunday Morning
9. That's All U Got
10. Restless
11. Separate Lives
Clifton Hill
Per tutti i nostalgici dell'"FM rock/AOR" degli anni '80, particolarmente prolifico e brillante in quegli anni, tanto da aver consegnato alla storia dischi intramontabili come Reckless di Bryan Adams, Agent Provocateur dei Foreigner, Welcome To The Real World dei Mr. Mister, Broadcast dei Cutting Crew, o ancora il loro stesso masterpiece del 1985 The Big Prize, contenente anche la celeberrima hit Feel It Again, il come-back dei canadesi Honeymoon Suite era considerato uno dei maggiori eventi del 2008, nei confronti del quale l'attesa era tanta e le aspettative elevate.
Accasatisi, dopo la recente reunion dello scorso anno in completa formazione originaria, presso la nostrana Frontiers, ormai vera e propria pigliatutto ed autentica manna dal cielo per tutti gli amanti delle sonorità melodic hard ed AOR, gli Honeymoon Suite colgono anche l'occasione per celebrare il venticinquesimo anniversario della loro carriera, inaugurata nel 1984 con l'omonimo debutto e proseguita fra successi, scioglimenti e ritorni, tanti alti (Honeymoon Suite, The Big Prize, Racing After Midnight, Monsters Under The Bed) e pochi bassi (Lemon Tongue, Dreamland) fino al 2002.
Il nuovo Clifton Hill, il titolo e l'art-work si riferiscono chiaramente al maggior centro turistico delle Cascate del Niagara, versante Ontario, in cui Johnnie Dee, Derry Grehan e compagni mossero i primi passi in quel lontano 1983 e dove fu girato il videoclip di Burning In Love, segue quindi a sei anni di distanza dall'ultimo studio album del quintetto canadese, riconsegnandoci un sound che a chiunque abbia vissuto quegli anni, anche solo in piccola o minima parte, gli è rimasto dentro. Tuttavia la band, anche grazie all'ausilio della produzione fresca ed attuale di Tom Treumuth, lo stesso del loro debut self-titled, evita sapientemente di incorrere nel rischio, sempre dietro l'angolo, di cedere ad una sterile e dannosa operazione di nostalgica riesumazione auto-commemorativa. Il loro sound è sì quello degli anni '80, quello per il quale vengono ancora oggi ricordati, ma tra i solchi del loro nuovo full-length si respira un'aria fresca ed ispirata, che sembra avere del tutto recuperato l'entusiasmo dei bei tempi che furono, sensazione che si era avvertita anche nei recenti lavori di Loverboy e REO Speedwagon, altre due storiche realtà della scena AOR ottantiana tornate in attività, un po' in sordina ma brillantemente, appena lo scorso anno.
Il loro abile sostare a cavallo tra un rock radiofonico e pomposo, pervaso pure da chiare tinte pop, ed un solare AOR trova subito adeguata conferma nell'opener She Ain't Alright, in possesso di un bellissimo chorus ed un bel lavoro di chitarra da parte di un Derry Grehan che appare in gran forma, proprio come il singer Johnnie Dee, anche se è la performance dell'intera band che si può tranquillamente considerare da autentici "top-class".
Tanti i brani presenti in scaletta che potrebbero scorrere insieme ai titoli di coda di un qualsiasi film o telefilm americano, adatti quindi a ricoprire il ruolo di colonna sonora, proprio come avevano fatto Lethal Weapon su "Arma Letale", What Does It Take in "Una Folle Estate" o Bad Attitude in una puntata del famoso telefilm "Miami Vice", infatti canzoni come Down 2 Bizness o That's All U Got sembrano in grado di trasmettere le giuste vibrazioni grazie alle loro spumeggianti ed affabili linee melodiche e alla loro spontanea essenza positiva, come decisamente piacevoli e colme d'appeal sono Tired O' Waitin' On You, nostalgica e ruggente al contempo, e le tre ballad Ordinary, aperta da eleganti arpeggi e caratterizzata da un continuo crescendo sonoro ed emozionale, Restless, malinconico lento pervaso da un graffiante romanticismo che riporta un po' alla mente il primo Bryan Adams, e Separate Lives, più calda e dal lieve retrogusto bluesy, comunque sempre molto passionale e genuinamente sentita.
Why Sould I? è il brano più pop-oriented e radiofonico del lotto, un altro piccolo gioiello melodico che se solo fosse uscito negli anni '80 avrebbe ancora una volta lanciato la band nelle parti più alte delle charts di mezzo mondo, mentre le più moderne, termine forse eccessivo perché quasi esclusivamente riferito al suono delle chitarre, Riffola e Sunday Morning, un po' sulla scia dell'ultima uscita dei loro connazionali Harem Scarem, appaiono come degli inutili fillers, al contrario del modern FM rock di The House, l'unico dei tre che riesce a coniugare l'eccelso gusto melodico del loro tradizionale sound con un piglio più moderno.
Il ritorno degli Honeymoon Suite sembra riconsegnarci una band rigenerata ed in splendida forma, che pur non riuscendo a raggiungere le vette di quel lontano e glorioso passato, riesce a dare alle stampe un album più che dignitoso, così sentitamente sincero ed orgoglioso, almeno questa è la sensazione che se ne ricava dall'ascolto, da fugare ogni possibile dubbio sull'intenzione esclusivamente commerciale del loro ritorno.
Clifton Hill è l'ulteriore conferma di un 2008 indimenticabile per tutti gli amanti dell'AOR.