- Alex Mereu - voce
- Ivano Spiga - chitarra
- Eros Melis - chitarra
- Roberto Frau - basso
- Daniele Ferru - batteria
1. Legion's Oath (March Of The Legionaries) (01:36)
2. Vis Et Honor (06:43)
3. Ares Guide My Spear (05:35)
4. Warmonger (05:32)
5. Hatred Is My Strength (10:36)
6. From The North Comes The War (05:00)
7. Hadding Garmsson (Son Of A King) (08:43)
8. Ave Atque Vale (06:21)
Still At War
Dopo anni ed anni di gavetta, giungono finalmente al loro primo full length gli italici Holy Martyr, dediti, da sempre, ad un Epic Metal di stampo classico. Capitanati dall’axeman sardo Ivano Spiga, i nostri hanno già dato ottima prova di sé in passato, regalando ai cultori del genere tre EP di pregevolissima fattura. La trilogia composta da Hatred And Warlust, Hail To Hellas, Vis Et Honor diventò ben presto una sorta di must all’interno del panorama underground italico e fu così che gli Holy Martyr trovarono posto presso la Dragonheart Records di Enrico Paoli, label della cui distribuzione si occupa niente meno che l’Audioglobe. Un bel passo in avanti rispetto alle autoproduzioni datate rispettivamente 2002, 2003 e 2005, tre dischi divenuti kult anche a causa della propria difficile reperibilità. Gli Holy Martyr tornano perciò sul mercato dopo due anni di assenza, forti di un buon contratto discografico, per ribadire la propria superiorità in campo Epic Metal. Still At War: è questo il titolo scelto per l’opera, un titolo che non ammette fraintendimenti.
L’album, accompagnato da un artwork più elaborato ma forse meno efficace rispetto al passato, contiene soltanto otto tracce. Tre di queste sono inedite, le restanti, invece, facevano parte dei vecchi lavori e sono state rispolverate per l’occasione. Still At War potrebbe pertanto essere considerato una sorta di antologia del gruppo sardo, la chiusura di un epoca iniziata ben tredici anni fa. Rispetto alle versione originali, Legion's Oath (March Of The Legionaries), Vis Et Honor, Ares Guide My Spear, Warmonger e Hatred Is My Strength vantano qui, oltre ad alcune migliorie tecnico-stilistiche, un sound più tagliente ed incisivo, frutto dell’ottimo lavoro svolto dalla Dragonheart. L’etichetta italiana è infatti riuscita nel difficile compito di creare un muro sonoro di qualità, ma che rifletta perfettamente lo spirito della band: duro, grezzo e deciso.
La nostra attenzione si concentra ora sui tre pezzi conclusivi dell’album, quelli, cioè, che vedono luce per la prima volta proprio su Still At War. Si parte con From The North Comes The War, possente brano di cinque minuti contraddistinto da ritmo incalzante e riffing assassino. Particolarmente avvincenti si rivelano l’assolo di chitarra e lo stacco centrale, ovvero uno fra i passaggi più patetici dell’album. Proseguiamo poi con Hadding Garmsson (Son Of A King), che, rispetto alla canzone precedente, gode di un sound meno dinamico e più improntato verso lidi tipicamente epici. Data anche la sua lunga durata, Hadding Garmsson (Son Of A King) necessita di numerosi ascolti prima di poter essere apprezzata in tutto il suo fascino. A chiudere l’album troviamo invece Ave Atque Vale, in cui ad emergere è specialmente l’assolo del grande Ivano, un vero maestro nel saper valorizzare la proposta musicale della propria band.
Per gli Holy Martyr non poteva esserci miglior esordio sulla lunga distanza. Certo, qualche inedito in più avrebbe senza dubbio giovato al prodotto finale, ma per questo possiamo permetterci di aspettare il prossimo, speriamo imminente, studio album. Complimenti dunque alla Dragonheart Records per aver trovato chi sarà in grado di risollevare le sorti del Metal tricolore in Europa, ma complimenti soprattutto agli Holy Martyr, un gruppo che, nonostante anni ed anni di sacrifici, è riuscito a raggiungere il proprio, agognato traguardo.