Se già con il secondo Razorblade Romance il percorso musicale degli H.I.M. aveva subito una notevole svolta, discostandosi dalle sonorità decisamente più graffianti che avevano positivamente caratterizzato il debutto, Love Metal costituisce il canto del cigno per la vena poetica e musicale della band finlandese. In un lento e inesorabile processo, il combo ha progressivamente ceduto alle dolci lusinghe del mercato discografico, e Ville Valo si è trovato sempre più a suo agio vestito come un pagliaccio ed attorniato da sciami di giovani (e meno giovani) fanciulle con gli occhioni luccicanti.

Il quarto capitolo del libro H.I.M. è né più né meno che da romanzo rosa: sdolcinato, melenso, ruffiano, abbandonatamene compiaciuto, riesce a far emergere tutti i potenziali lati negativi del sound sviluppato precedentemente. Assistiamo ad un susseguirsi di ballate strappalacrime (The Funeral of Hearts) che si alternano a pezzi un tantino più veloci (Soul on Fire), senza però che né le prime né i secondi riescano trasmettere nient’altro che qualche motivetto molto catchy ma privo di qualsiasi sostanza che si insinua subdolamente nella testa, prima che un terzo o quarto ascolto lo debelli in modo definitivo.

In definitiva, se l’album in sé non è forse da condannare in toto, rimane l’amara consapevolezza di quanto il richiamo di fama e denaro sia riuscito a trasformare un gruppo capace di regalare emozioni in un mero esperimento commerciale, svuotandolo di carattere, personalità, innovazione musicale. Una delusione che, se non altro, fa’ apprezzare ancora maggiormente gli esordi, ma certo non promette niente per il futuro, se non soldi a palate per gli H.I.M.