- Iain Ashley Hersey - chitarra, basso e tastiere
- Graham Bonnet - voce dalla nona all'undicesima traccia
- David "Swan" Montgomery - voce dalla prima alla terza traccia
- Randy Williams - voce nella quarta traccia
- Carsten "Lizard" Schulz - voce dalla quinta alla settima traccia
- Tony Medeiros - batteria
- Dave Sutton - basso
- Paulo Gustavo - basso
- Philip Wolfe - tastiere
- Harlan Spector - tastiere
- Jim Austin - tastiere
1. Blood Of Kings (07:24)
2. In The Light (05:14)
3. To The Sea (06:24)
4. Blink Of An Eye (04:58)
5. Empty Planet (05:29)
6. Lost And Foolish (06:13)
7. Calling For The Moon (06:19)
8. Toccata In D Minor (03:19)
9. Going Down (06:25)
10. Walking The Talk (04:38)
11. The Holy Grail (05:09)
12. Auf Wiedersehen (07:39)
The Holy Grail
Ecco uscire The Holy Grail, secondo full length per il chitarrista e compositore americano Ian Ashley Hersey, il quale debutta così su Lion Music. Per chi non lo conoscesse, Iain cresce nel New England e fin da giovane i suoi gruppi preferiti sono Led Zeppelin, Bad Company e Deep Purple. Come chitarrista si ispira inizialmente a mostri sacri quali Ritchie Blackmore e Jimi Hendrix, ma, dopo aver frequentato il Berklee College Of Music di Boston, espande le sue conoscenze tecniche anche ad un genere assai differente dal Rock: il Jazz. Il primo album di Hersey si intitola Fallen Angel ed esce in principio esclusivamente in Giappone, è il 2000. Soltanto un anno dopo, grazie alla Frontiers, viene distribuito pure in Europa, ricevendo tra l’altro critiche abbastanza positive. Passati altri quattro anni viene finalmente pubblicato il seguito del buon Fallen Angel, The Holy Grail appunto.
Un disco del genere non può che mettere in risalto il chitarrista, il suo strumento e le sue capacità. Per tutta la durata dell’album, infatti, c’è sempre Hersey al centro della scena, come è giusto che sia. Apre The Holy Grail un brano dal titolo decisamente epico: Blood Of Kings. Le prime note ricordano molto i Virgin Steele, specialmente per via dell’uso maestoso delle tastiere. Poi però Hersey prende sempre più le distanze dalla band di DeFeis e compagni, almeno fino a quando non torna nuovamente il motivo iniziale. Numerosi sono gli assoli durante i sette minuti e venti della song, la quale, a dir la verità, si protrae un po’ troppo a lungo, risultando a tratti noiosa. Ad accompagnare la chitarra di Hersey ci sono cantanti diversi di traccia in traccia. La prima parte del platter, composta dalla già citata Blood Of Kings, In The Light e To The Sea, è quindi affidata a David "Swan" Montgomery. Il singer in questione non sembra però all’altezza del compito a lui assegnato, tanto che In The Light e To The Sea appaiono come i capitoli meno incisivi del lotto. Decisamente migliore la prova di Randy Williams, che purtroppo compare solo in Blink Of An Eye. Il connubio fra la delicata voce di Randy e lo strumento di Iain si dimostra vincente e la quarta traccia di The Holy Grail molto appagante.
Empty Placet, Lost And Foolish e Calling For The Moon vedono invece la partecipazione dietro al microfono di Carsten "Lizard" Schulz, che rispetto al suo predecessore vanta delle linee vocali più grezze e graffianti. Anche per questo i tre pezzi risultano ben più aggressivi e pesanti rispetto a quelli antecedenti. Pur non essendo dotato di melodie orecchiabili, il terzetto possiede dei cori nei refrain alquanto trascinanti. Gli assoli, seppur tecnicamente perfetti, si fanno tuttavia sempre più scontati e meno convincenti. All’interno di The Holy Grail sono contenute due canzoni strumentali, una intitolata Toccata In D Minor e l’altra, posta come track conclusiva, Auf Wiedersehen. La prima è persino fastidiosa e pertanto vale la pena trascurarla del tutto, al contrario la seconda, oltre chiamarsi in modo perlomeno simpatico, si rivela sufficientemente apprezzabile, grazie forse alla sua discreta raffinatezza. All’ospite di maggior prestigio viene infine riservata l’ultima parte dell’album. Going Down, Walking The Talk e The Holy Grail sono difatti cantate da Graham Bonnet, vocalist dei Rainbow dal 1979 al 1980 ed ex Anthem, Alcatrazz, Impellitteri. Graham non riesce però a risollevare le sorti del disco e, fra le tre, solo la titletrack pare effettivamente una canzone degna del suo nome. A rovinare Going Down ci pensano una serie di assoli quasi seccanti, mentre Walking The Talk, nonostante un incedere travolgente, vede un Bonnet decisamente al di sotto delle proprie capacità.
Iain Ashley Hersey è a tutti gli effetti un guitar hero e di conseguenza potrà sembrare a molti un vero megalomane, anche dal momento che nell’album è lui stesso a suonare pure basso e tastiere. Gli amanti di tali personaggi gradiscono però quest’attitudine piuttosto altezzosa e probabilmente apprezzeranno l’abilità ed i virtuosismi di Iain. Le influenze dei Rainbow e del mitico Blackmore si sentono eccome, tuttavia The Holy Grail manca di freschezza e passionalità, caratteristiche per alcuni essenziali e per altri secondarie. Un lavoro indicato esclusivamente agli estimatori di Malmsteen, Satriani, Vai e di tutti coloro che vedono la musica soltanto come un mezzo per esprimere la propria tecnica.