Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Roberto Boasso
Genere: 
Etichetta: 
Supernal Music
Anno: 
2005
Line-Up: 

Roman Saenko - Chitarra, basso, batteria, voce
Thurios - Chitarra, voce

Tracklist: 

1. Cold of the Grave (03.55)
2. Fullmoon (05.32)
3. What the Ruins Remember (05.18)
4. Fog (04.19)
5. As the Sunlight Dies (04.02)
6. Night Harvest (04.30)
7. Chambers of the Winds (04.20)

Hate Forest

Sorrow

L’Europa dell’est, in tempi recenti, ha visto nascere ed affermarsi numerosi gruppi black, non di rado di elevato spessore, tanto che paesi come l’Ucraina o la Russia stanno diventando veri e propri “punti di riferimento”, in particolare per il settore più “paganeggiante” ed epico del genere. Ora, però, questa scena vede la scomparsa proprio di una delle sue band più importanti: gli Hate Forest. Attivo dal 1998, questo gruppo ucraino ha sfornato negli anni delle grandi perle di black metal, primo fra tutti il disco d’esordio Scythia, ed è stato uno dei più abili, fra le altre cose, nell’alternare parti ambient a quelle metal. E Sorrow è il quarto full-length di tale band che, come preannunciato, dopo l’uscita di questo disco si sarebbe sciolta; e così è stato. Quindi, questo 2005 si potrà ricordare come l’anno degli ultimi lavori di due band che, indubbiamente, hanno fatto la storia del black metal moderno, Hate Forest, appunto, e Taake.

Sorrow prometteva bene già dall’artwork, costituito, come quasi sempre per gli Hate Forest, da foto naturalistiche, in questo caso riguardanti prevalentemente paesaggi innevati. Nessuna scritta appare nel booklet, solo immagini; perciò, ovviamente, mancano i testi, così come le indicazioni relative a quelli che sono i membri del gruppo. Scelta che potrebbe non essere condivisa, specialmente da chi pensa che se spende soldi per un disco è perché vuole avere tutte le informazioni senza la “fatica” di doverle poi cercare sulla rete; non si può negare, però, che così l’artwork assume una forma davvero affascinante.
Analizzando, invece, l’aspetto musicale del disco, si può affermare che Sorrow è uno dei lavori più feroci del gruppo, quasi senza pause, ma non per questo meno interessante di ciò che è stato composto in passato dalla band, che anche sotto questo nuovo aspetto (per quanto di nuovo si possa parlare, visto che, comunque, la musica proposta non è poi tanto dissimile da quella caratterizzante gli altri album) si esprime incredibilmente bene, riuscendo ad immettere un tocco di malinconia anche nella violenza più pura.
Un altro fatto che si nota da subito è che Sorrow appare come un blocco unico, nel quale la divisione in tracce risulta quasi impercettibile, se non fosse per quel piccolo stacco di pochi attimi che separa una canzone dall’immediata successiva. Ecco, a proposito di questi stacchi, c’è da dire che i brani finiscono tutti di colpo, interrompendo molto bruscamente l’incedere delle melodie; nella conclusione della prima traccia, per esempio, anche la voce viene troncata duramente, per lasciare il completo silenzio a far da padrone, ma solo per pochi, neanche tre, secondi, visto che poi parte subito il secondo pezzo. E sarà così per tutto il disco, non ci saranno momenti atmosferici o, più semplicemente, calmi, ma solo incessante furia. Per questo ogni brano sembrerà non il successivo, bensì una variazione all’interno dello stesso, che poi sarebbe il precedente; una grande continuità, dunque, caratterizza Sorrow, anche per quanto riguarda il versante qualitativo dei brani. Sarebbe completamente inutile cercare ad ogni costo una canzone più rappresentativa delle altre, perché non c’è. Sono tutte sullo stesso piano, dall’opener Cold Of The Grave all’ultima Chambers Of The Winds, tutte incentrate su ritmiche estremamente veloci, praticamente sempre uguali, voce in un aggressivo growl, melodie di chitarra e basso cupe, ripetitive, affliggenti. Niente tastiere, per questa volta.

La durata dell’album, per quanto poca (intorno ai 31 minuti), è perfetta nel non far diventare pesante l’ascolto. I sette brani, quindi, si aggirano verso i 4 minuti ciascuno. Nessun intro, nessun outro è presente. Si parte improvvisamente a tutta velocità, si chiude alla stessa maniera. Questo potrebbe rendere, anzi, rende sicuramente noioso il disco per gran parte dei potenziali ascoltatori, come gli fa assumere la definizione di piccolo gioiello per quella minoranza tra cui fanno parte gli estimatori di questa controversa band, che aggiunge così un altro grande, ed ultimo, capitolo alla sua storia.
È, infine, scontato aggiungere che se sono stati apprezzati i precedenti lavori, con Sorrow si va sul sicuro.

TRACKLIST:
1. Cold of the Grave (03.55)
2. Fullmoon (05.32)
3. What the Ruins Remember (05.18)
4. Fog (04.19)
5. As the Sunlight Dies (04.02)
6. Night Harvest (04.30)
7. Chambers of the Winds (04.20)

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