Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Lovitt Records/Goodfellas
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Mike Taylor - voce
- Matt Michel - chitarra
- Kevin Lamiell - basso
- Andy Gale - batteria


Tracklist: 

1. Sale (03:40)
2. Out Of Tune (01:50)
3. Slob (02:41)
4. Fade Away (04:47)
5. Make It Up (03:07)
6. Deal (05:45)
7. Plastic Hearts (06:04)
8. Disease (03:06)
9. Mountain Of Youth (01:44)
10. Clean Sweep (04:24)
11. Scar Chest (05:29)

Haram

Haram

Nati nell'estate del 2004, gli Haram vengono presentati dalla Lovitt Records come una sorprendente giovane promessa della musica Rock. I quattro americani hanno già alle spalle un demo autoprodotto ed un'intensa attività live, che ha permesso alla band di suonare on stage insieme a Envy e Darkest Hour. Prodotto da Jim Siegel, Haram, omonimo debut album del gruppo, vede luce nel 2006 ed è però seguito da un abbandono, quello del bassista Kevin Lamiell, prontamente sostituito da Jeff Kane (ex City Of Caterpillar, Malady). La Lovitt annuncia inoltre che il complesso sarà presto in Europa per una serie di concerti dal vivo.

Quella degli Haram è una proposta a cavallo fra il Punk ed il Noise, sebbene siano presenti elementi riconducibili all'Hardcore più confusionale. I ritmi sono irregolari, mentre le melodie perlopiù ossessive. Le chitarre distorte inventano riff sconnessi, buttando la base sulla quale poi le varie canzoni vengono sviluppate. Il prodotto finale è piuttosto anomalo, di difficile assimilazione, adatto ad un pubblico maturo ed esperto. Se le parti strumentali risultano talvolta apprezzabili, o comunque digeribili, il cantato di Mike si rivela una vera piaga per tutti i quaranta minuti del disco. Il suo stile si rifà malamente alla tradizione Noise, assorbendone però soltanto le caratteristiche peggiori. Difficilmente si ha l'impressione di un sound compatto e ben coordinato. Qui ogni elemento viaggia separatamente, per poi incrociarsi ed unirsi brevemente in alcuni frangenti. Mike viene però escluso, restando una semplice e fastidiosa voce fuori dal coro.

Dopo un inizio scioccante, gli Haram riescono fortunatamente ad assestare qualche bel colpo. Sale, Out Of Tune e Slob paiono generalmente la medesima canzone, diversamente da Fade Away, la quale, prima dell'innesto vocale di Mike, sembra finalmente uscire dagli schemi con creatività ed ingegno. In questo caso il gruppo è veramente unito, ognuno svolge al meglio il proprio compito senza lo stupido bisogno di strafare. Difatti, i quattro americani voglio fare le cose in grande e, non avendone ancora le capacità, incappano spesso in clamorosi strafalcioni. Durante Fade Away, invece, la band mostra il suo lato migliore, un profilo più orecchiabile ed espressivo rispetto a quello dei brani precedenti. Haram è un disco dalle tinte grigiastre e solo in pochi momenti di quiete viene meno lo sporco gocciolio incolore che rende l'album apparentemente spento, privo di sfumature vivaci.

L'opera è un continuo alternarsi di inutili tempeste sonore e di pacati viaggi mentali provocati da lontani echi Emocore. Inutile ribadire ancora una volta come gli Haram diano il meglio di sé proprio durante gli stacchi più estasiati, assai distanti dalla malata confusione del Noise. Per comprendere il disco fino in fondo serve tempo, fatica e sudore; bisogna saper cogliere da ogni brano una certa magia, gesto non sempre naturale purtroppo. Meno ambiziosi e più diretti, così speriamo di rincontrare gli Haram nei prossimi mesi.


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