- Jack Russell - voce
- Mark Kendall - chitarra, backing vocals
- Michael Lardie - chitarra, tastiere, armonica, percussioni, backing vocals
- Sean McNabb - basso, backing vocals
- Audie Desbrow - batteria
1. Back To The Rhythm
2. Here Goes My Head Again
3. Take Me Down
4. Play On
5. Was It The Night?
6. I'm Alive
7. Still Hungry
8. Standin' On The Edge
9. How Far Is Heaven?
10. Neighborhood
11. 30 Days In The Hole (European bonus track)
12. Just Yesterday
Back To The Rhythm
Si rimane piacevolmente sorpresi dall’inatteso ritorno a tali livelli dei Great White, loro che (insieme ai vari Kingdom Come o Cinderella) negli anni ’80 giocavano un po’ a fare i Led Zeppelin, incoraggiati anche dallo stesso Plant che non nascondeva una certa simpatia verso la loro proposta, lasciandoci bellissimi ricordi con quel loro hard rock venato di blues di album che all’epoca avevano riscosso anche un buon successo ed ampi consensi, quali Shot In The Dark (1986), Once Bitten (1987), Twice Shy (1989) o Hooked (1991). Non venivano infatti da un periodo facile, una “quasi-inattività” di otto anni interrotta solo da qualche sporadica e poco felice esibizione live, in una delle quali si verificò la tragedia in cui nel 2003 rimasero vittime un centinaio spettatori ed anche il loro chitarrista Ty Longley, con conseguenti cause e processi, tutti validi motivi per ritenere che ormai la storia di questa band fosse giunta al termine.
Invece risorgono e decidono di festeggiare nel migliore dei modi i loro venticinque anni di attività, e lo fanno ripresentandosi con la line up originaria e soprattutto sfornando un album variegato ed a tratti sorprendente, con un song-writing d’alta classe che spazia dal loro classico sound hard rock tinto di blues ad omaggi e richiami retrò e spruzzate di selvaggio rock n’ roll.
E’ proprio questo infatti il pregio maggiore di Back To The Rhythm, risultare variegato e godibile nel complesso, lasciandosi facilmente e piacevolmente ascoltare per tutti i cinquantacinque minuti della sua durata, potendo fare sicuro affidamento su un Jack Russell tornato in gran forma, sulle ottime melodie ricamate dalle chitarre di Kendall e Lardie, su una ritrovata ed ispirata vena compositiva che permette di collocare quest’ultima fatica dell'act californiano appena un gradino sotto, se non al pari, dei grandi successi del loro passato, senza affatto esagerare. Brani energici e tirati, mid-tempos e ballad si alternano e si susseguono in scaletta con una certa regolarità ed un’unica costante, cioè l’alta qualità e la facilità con cui entrano nelle grazie dell’ascoltatore.
L’inizio, tutto all’insegna del rock duro, è affidato ad un trittico energico e potente, con l’opener, nonché title-track, Back To The Rhythm, pezzo di energico e ruvido hard rock, con lievi venature southern/blues e che gode di chitarre affilate e taglienti e di un refrain esaltante, a cui seguono il robusto mid-tempo Here Goes My Head Again e poi Take Me Down, in cui si assiste a richiami settantiani e tinte bluesy.
Hard n’ blues ancora protagonista in pezzi come Neighborhood o Was It The Night?, mid-tempo cadenzato e grintoso, con le sue strofe lente ed i suoi refrain accesi, un rock energico e robusto ed al contempo sentito e sofferto, mentre i Bad Company e i ZZ Top più melodici sembrano invece far capolino in Still Hungry, dal ritornello deciso e molto hard n’ heavy. Un piglio decisamente più retrò e una sorta di tributo ai Rolling Stones nella piacevolissima Standin' On The Edge, come nel rock n’ roll grezzo e semplice (quasi un mix di Rolling Stones ed AC/DC), ma non per questo meno piacevole, di 30 Days In The Hole, bonus track per il mercato europeo.
Ricco e sostanzioso anche il capitolo relativo alle ballad, aperto dall’intensa Play On, in cui Russell regala una prova emozionante e convincente, così come I’m Alive, caratterizzata dalla delicata melodia e dal chorus romantico, o ancora l’acustica, sognante e malinconica closer Just Yesterday, tutti pezzi che se fossero stati partoriti negli anni ’80, periodo dell’oro per l’hard rock, sarebbero oggi considerati, con buona probabilità, dei classici del loro genere, al pari delle varie Save Your Love o Waiting For Love.
Tuttavia l’apice assoluto del disco è rappresentato dalla particolare e bellissima How Far Is Heaven?, introdotta e chiusa da tastiere sognanti (da notturno cielo stellato) e struggenti, a cui si aggiunge presto l’acustica nel dar vita a strofe lente e dal sapore nostalgico, bridge melodici e refrain emozionanti che mettono i brividi addosso, e poi le melodiche chitarre e quel sentito ed appassionato spezzone che anticipa il breve ma intenso assolo chitarristico che sfocia nel refrain finale.
Back To The Rhythm segna quindi il grande ritorno dei Great White, nello stile e nel tenore che più si addice ad una band della loro classe, grazie ad un lavoro vario e tuttavia compatto, ricco di azzeccate soluzioni e grandi melodie, da valutare ed apprezzare ancor di più per il fatto di essere stato concepito e realizzato in un momento davvero poco propizio per la band. E adesso i tempi dei vari Once Bitten, Twice Shy, Shot In The Dark o Hooked non sembrano poi così lontani.